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Maccio Capatonda, dal disagio alla forza creativa: come il vissuto personale plasma resilienza e comicità

Maccio Capatonda, dal disagio alla forza creativa: come il vissuto personale plasma resilienza e comicità
Maccio Capatonda, dal disagio alla forza creativa: come il vissuto personale plasma resilienza e comicità
Maccio Capatonda, dal disagio alla forza creativa: come il vissuto personale plasma resilienza e comicità
Redazione
Unobravo
Articolo revisionato dalla nostra redazione clinica
Pubblicato il
28.10.2025
Ultimo aggiornamento il
28.10.2025
Maccio Capatonda, dal disagio alla forza creativa: come il vissuto personale plasma resilienza e comicità
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Nel nuovo episodio di È Normale, il podcast di Unobravo condotto da Danila De Stefano (fondatrice e CEO di Unobravo), abbiamo avuto la fortuna di ascoltare la storia e il percorso umano e artistico di uno dei comici più iconici d’Italia: Marcello Macchia, conosciuto come Maccio Capatonda.

In questo episodio, Marcello ha deciso di mettersi a nudo, affrontando senza filtri i temi del disagio esistenziale, del rapporto con i genitori, dell’autostima e della zona di comfort. Sono emerse riflessioni interessanti su come sia possibile imparare a vivere senza stigma le volte in cui ci sentiamo a disagio e una volta accettate come parte delle esperienze di vita che possiamo fare senza farci definire o abbattere da esso, quel vissuto possa trasformarsi in una vera forza creativa e identitaria.

Da Maccio Capatonda alla forza del disagio: come il vissuto può plasmare la creatività

La storia di Maccio Capatonda è molto più di una sequenza di personaggi e battute: è un viaggio profondo tra insicurezze, desiderio di riscatto e ricerca di autenticità.

Marcello ci ha spiegato che il suo stesso nome d’arte nasce da una sorta di autoironia sui suoi punti deboli (“Maccio”, da "Marcellaccio" cioè Marcello in negativo, e “Capatonda” come riferimento alla calvizie giovanile). Una scelta che non è mera auto-esaltazione, ma una vera operazione di esorcismo del trauma:

Capatonda è come se fosse un modo per uscire fuori dal trauma della calvizie e rivelarlo a tutti ed esserne fieri in qualche modo.

Esprimere la propria sofferenza e apprendere come accettarla e elaborarla a volte permette anche di trasformarla in qualcosa di più, diventando carburante per la creatività e l’arte.

Il rapporto con l’infanzia e la famiglia: tra desiderio di riconciliazione e autonomia

Per Capatonda, come per molti, le radici delle vulnerabilità affondano nell’infanzia e nelle dinamiche familiari. La sua passione per il cinema prende piede dal film "Ritorno al futuro" – nel qualeun figlio cerca di far innamorare i genitori. Un motivo simbolico che si traduce in una vera esigenza emotiva:

Mi sono molto immedesimato nel protagonista… tutta questa mia carriera nasce un po’ dal desiderio di far amare i miei genitori.

Marcello racconta inoltre del rapporto difficile tra i genitori, del crollo del mito paterno dopo il fallimento lavorativo del padre e dell’impatto che questa perdita di punti di riferimento ha avuto sulla sua crescita. È interessante notare come queste "ferite di attaccamento" si riflettano non solo in insicurezze, ma anche in strategie di adattamento e autoconsolazione. 

Le esperienze vissute in famiglia vengono incosciamente apprese e possono essere riproposte nelle relazioni successive, come degli script: diventare consapevoli di questi meccanismi è il primo passo per provare a cambiare, il secondo è sperimentare nuovi modi di stare in relazione, con gli altri e con sé stessi.

Trasformare le ferite in punti di forza: autostima, successo e accettazione di sé

Forse il passaggio più toccante dell’intervista riguarda i vissuti di insicurezza legati al corpo e all’autostima. Qui Marcello esplicita come la perdita dei capelli durante l’adolescenza abbia segnato la sua autostima e il rapporto con l’altro sesso:

Durante l’adolescenza io ho vissuto perché poi un trauma lungo... questo ha demolito un po' la mia autostima sicuramente.

La svolta arriva nella consapevolezza che l’accettazione della propria vulnerabilità – anche grazie alle prime esperienze di successo lavorativo e relazionale – può innescare un vero processo di guarigione. D’altra parte, come abbiamo già evidenziato in passato, l’autostima non nasce dal nulla ma è il risultato dell’accumulo di esperienze correttive, sia relazionali sia individuali

“Amare sé stessi”, ci ricorda Marcello , significa sia prendersi cura del proprio benessere sia evitare di cadere nell’egocentrismo, trovando un equilibrio tra auto-accettazione e apertura verso gli altri.

L’arte di uscire dalla comfort zone: la zona di sconfort come motore del cambiamento

Uno dei passaggi centrali dell’intervista – e della serie “Sconfort Zone” di Maccio Capatonda – ruota attorno all’importanza (e alla difficoltà) di uscire dalla zona di comfort. Per Capatonda, la creatività e la motivazione stessa nascono dal disagio e dal bisogno di superare i limiti autoimposti.

Il disagio è il motore di tante energie creative… Quello che sembrava un trauma è diventato un punto di forza.

In terapia, come ricorda Danila De Stefano, non sempre si tratta di aggiungere nuove qualità, ma di togliere le “sovrastrutture” e tornare a una dimensione autentica e leggera: 

Penso che la crescita personale sia più relativa a togliere. Cerco di togliere tutte le sovrastrutture e i traumi… per tornare a come ci si sentiva quando si era bambini.

Il rischio di rimanere imprigionati nella “comfort zone”

Marcello riflette su come la società contemporanea ci spinga a rincorrere solo benessere, comodità e successo e su come l’eccesso di comfort (e di assenza di rischio) possa, paradossalmente, svalutare tanto la creatività quanto il gusto per la vita:

La zona di comfort è una realtà dove tutto va bene, dove sei molto famoso, hai tutto… Però questa realtà ci pone in una situazione in cui il minimo imprevisto ci manda in crisi.

Il bisogno di uscire dalla comfort zone – metaforicamente o concretamente – diventa allora anche un invito a sperimentare altro, accettando che l’imprevisto e la difficoltà fanno parte della crescita.

Come applicare questi concetti

  • Riporta a te le esperienze di disagio: senza vergogna, prova a riflettere su come la sofferenza o il senso di inadeguatezza nel passato abbiano influenzato chi sei oggi. Guardarsi dentro non è sempre facile, ma può segnare l’inizio di un percorso di accettazione o di cambiamento.
  • Fai esperienza dell’accettazione: prendi ispirazione dall’esperienza di Marcello: a volte l’autoironia o la narrazione delle proprie vulnerabilità possono diventare strumenti di forza. Condividere la propria storia può aiutare chi si sente solo nelle proprie difficoltà.
  • Esplora fuori dalla comfort zone (con gentilezza): non serve stravolgere la propria vita, ma ogni tanto si può scegliere deliberatamente di sperimentare l’imprevisto, anche nelle piccole cose (come scegliere un ristorante a caso o provare attività mai fatte).
  • Accetta che il percorso non è mai lineare: la crescita personale, come ricorda Danila De Stefano, non è solo accumulo, ma spesso sottrazione dei pesi inutili. Sii paziente con te stesso e non temere di chiedere aiuto professionale se lo senti necessario.
  • Riconosci il valore della creatività: il disagio può essere canale di espressione autentica, non solo in campo artistico. Anche nella risoluzione dei piccoli problemi quotidiani, la forza creativa nasce spesso da una tensione, dal voler superare un limite percepito.

Alla prossima puntata!

Lo racconta, con ironia e profondità, proprio Marcello in questa intervista: il disagio e la zona di sconfort non sono nemici da cui fuggire, ma terreni fertili per raccogliere nuove consapevolezze, trovare la propria voce e imparare il valore dell’autenticità. Che sia attraverso la comicità o il percorso personale, comprendere e affrontare il disagio rende davvero più liberi. Non esiste crescita senza qualche scomodità: prendersi cura della propria salute mentale, in fondo, significa proprio questo.

Ricorda: normalizzare il disagio significa coltivare la gioia di essere umani.

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