Espatrio e vita all’estero
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Vita da expat: come convivere con la sensazione di non appartenenza

Vita da expat: come convivere con la sensazione di non appartenenza
Vita da expat: come convivere con la sensazione di non appartenenzalogo-unobravo
Sara Beomonte Zobel
Sara Beomonte Zobel
Redazione
Psicoterapeuta a orientamento Psicodinamico
Unobravo
Articolo revisionato dalla nostra redazione clinica
Pubblicato il
8.3.2021

Almeno una volta nella vita ogni expat avrà provato la sensazione di non appartenenza. Vivere all’estero è un’esperienza complessa e costellata da emozioni diverse, legate a doppio filo al momento di vita in cui ci troviamo e alle motivazioni che ci spingono a partire. È possibile allora costruire un nuovo senso di appartenenza?

But I'm a creep

I'm a weirdo

What the hell am I doin' here?

I don't belong here

[Creep – Radiohead]


Thom Yorke ha descritto magistralmente cosa si prova quando si ha la sensazione di "non appartenere" al luogo in cui ci si trova; non a caso anche il frontman dei Radiohead da bambino ha vissuto cambiando spesso città a causa del lavoro di suo padre e avendo difficoltà a costruire un legame stabile con il luogo in cui si trovava.


Cosa succede quando non ci sentiamo più a casa?

Spesso ci si muove sulla scia di una forza che spinge via da qualcosa (la nostra famiglia, un lavoro che non ci piace, una relazione da cui non riusciamo a uscire) o verso qualcosa (un nuovo lavoro, un master universitario, una nuova relazione). Inizialmente, l’adrenalina prevale e ci sembra tutto bellissimo ed emozionante: ci sentiamo finalmente al posto giusto, liberi di essere finalmente noi stessi, realizzati nella realtà giusta per noi.

Dopo qualche tempo, però, iniziamo a vedere i limiti di questa nuova realtà. Ovviamente le persone pensano in modo diverso da noi e i nostri amici di sempre non sono più dietro l'angolo. Nessuno ci conosce davvero e all’improvviso iniziamo a sentire la mancanza di cose all’apparenza sciocche, come il nostro cibo preferito o i suoni e i colori che abbiamo visto per anni dalla finestra di “casa”. 

Molto comune è sentirsi soli. Iniziamo a sentire un senso di solitudine, che ci spinge indietro. Sulla scia della nostalgia proviamo a tornare al nostro paese di origine, ma non ci sentiamo più a casa neanche lì: la sensazione di non appartenenza permane. È allora che dentro di noi si fa strada una vocina che si chiede “ma allora qual è casa?”.

Scott Webb - Unsplash


La ricerca della propria casa

Senza dubbio vivere all'estero è un'esperienza incredibilmente arricchente, in termini di opportunità di crescita: impariamo ad adattarci, apriamo la mente e ci mettiamo alla prova. Di contro è anche un’esperienza difficile, caratterizzata da alti e bassi con cui i nostri amici di sempre non possono identificarsi.

Creare dei legami e trovare degli amici nella nuova realtà è essenziale per vivere serenamente il nuovo contesto di vita. Come sostiene la teoria della piramide di Maslow, quello di appartenenza è uno dei bisogni fondamentali dell'essere umano. Accade quindi di frequente che nel tentativo di costruire nuovi legami i nostri amici siano expat come noi: capiscono benissimo quello che stiamo vivendo, ma probabilmente dopo un po’ dovranno traferirsi di nuovo.

Così ci troveremo di nuovo a rimettere in discussione il nostro senso di appartenenza perdendo di nuovo quei punti di riferimento che ci facevano sentire a casa. È qui che si apre un oceano di domande: Cosa ci faccio qui? Il mio obiettivo è cercare di ricreare casa? O forse mi piacerebbe integrarmi e adattarmi con l’obiettivo di sentirmi a casa, mantenendo un equilibrio tra la casa da cui provengo e la casa che sto costruendo?


Come costruire un nuovo senso di appartenenza?

È possibile costruire un nuovo senso di appartenenza e trovare un punto di equilibrio, con un po’ di impegno. In alcuni casi potrebbe essere necessario parlare con un esperto, per questo Unobravo ha tra i suoi professionisti anche psicologi per italiani all'estero. Per iniziare, ecco 4 utili consigli per imparare a "sentirsi a casa" pur essendo lontani dalle proprie radici.


1) Acquisire consapevolezza: cosa mi spinge a partire?

È essenziale per prima cosa acquisire consapevolezza rispetto al nostro trasferimento: stiamo scappando da qualcosa o stiamo correndo verso qualcosa? Avere chiare le nostre motivazioni è essenziale per comprendere il senso delle nostre emozioni e affrontare questa nuova esperienza con più leggerezza. Stai cercando di cancellare il passato e trovi costantemente da ridire sul tuo paese precedente? O forse stai correndo verso quel lavoro, quell'isola o cultura da sogno perché questi ti renderanno felice, presumibilmente?


2) Riconnettersi con i propri desideri

Non possiamo non chiederci con onestà se l’obiettivo che stiamo perseguendo è nostro oppure stiamo cercando di realizzare il sogno di qualcun altro, del nostro partner o dei nostri genitori per esempio. Essere onesti con noi stessi ci dà la possibilità di riappropriarci dei nostri desideri, da cui ricaviamo un senso di benessere profondo. 


3) Connettersi con gli altri

Vivere all’estero vuol dire confrontarsi con la diversità. Più viaggiamo e viviamo in ​​culture diverse, più ci rendiamo conto anche delle somiglianze. Al di là delle differenze culturali siamo la stessa cosa, siamo umani. Viviamo le stesse paure, ansie e desideri, anche se a volte ci aggrappiamo alla nostra visione del mondo plasmata dalla nostra cultura di provenienza. 

Più velocemente impariamo a vedere anche la somiglianza con gli altri, più riusciamo ad ascoltarli con curiosità e sentirli emotivamente vicini. 

Priscilla Du Preez - Unsplash


4) Decentrarsi dalla propria "visione del mondo"

In assoluto non esiste un modo giusto di fare le cose: tutti possiamo imparare gli uni dagli altri e tutti possiamo trovare modi diversi per fare le cose. Più siamo aperti, più facile diventa condividere le nostre opinioni. 

Non sforzatevi di trovare tutto ciò che vi ricorda di essere tornati a casa, ma semplicemente esplorate e scoprite ciò che avete intorno. L’obiettivo è quello di tenere con noi ciò che ci piace e lasciare indietro ciò che non ci piace. Cresciamo e mutiamo di continuo: portarci dietro una corazza pesante rischia solo di appesantirci e renderci difficile il cammino.

Non è facile adattarsi, soprattutto nei momenti di solitudine. Ma ne vale la pena, soprattutto se il trasferimento che abbiamo fatto è in linea con i nostri desideri e con ciò che noi sentiamo davvero “nostro”: è un’esperienza di scoperta unica e un’occasione intima di conoscenza di noi stessi che sarebbe un peccato non cogliere. 


Questo è un contenuto divulgativo e non sostituisce la diagnosi di un professionista.
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