Psicologia infantile
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Il gioco nello sviluppo del bambino da 0 a 3 anni: il ruolo dell’adulto

Il gioco nello sviluppo del bambino da 0 a 3 anni: il ruolo dell’adulto
Il gioco nello sviluppo del bambino da 0 a 3 anni: il ruolo dell’adultologo-unobravo
Cristina Di Palma
Cristina Di Palma
Redazione
Psicoterapeuta ad orientamento Psicoanalitico
Unobravo
Articolo revisionato dalla nostra redazione clinica
Pubblicato il
3.9.2021

Il gioco è una delle attività principali nella vita dei bambini: attraverso di esso si costruisce il senso di sé, si sviluppano le capacità cognitive, emotive, motorie e relazionali e prende vita il proprio mondo interno. Nella fascia d’età compresa tra 0 e 3 anni il gioco si trasforma in maniera significativa, seguendo il ritmo di sviluppo dei bambini. Può essere dunque utile ai genitori conoscere questo tipo di evoluzione, al fine di offrire delle proposte ludiche adeguate alla fase di crescita che i propri figli stanno attraversando.

Nei primissimi mesi di vita, il bambino si percepisce tutt’uno con chi si occupa principalmente di lui. Crescendo, sviluppa abilità percettive e motorie e inizia ad interessarsi sempre più al mondo che lo circonda. Gli adulti, conoscendo qualche nozione di psicologia infantile, possono sostenere lo sviluppo del bambino offrendo esperienze di scoperte sensoriali che hanno lo scopo di aiutare a percepirsi:

  • separato dal caregiver e dal mondo;
  • in grado di poter agire sull'ambiente che lo circonda.


Il gioco attraverso i sensi: vista e udito

Nei primissimi mesi di vita, data l’immaturità visiva e motoria del neonato, l’adulto può proporre giochi di interazioni e visivi fondati sul movimento di oggetti di forme geometriche bianche, nere o rosse, che sono i primi colori che il neonato distingue.

Inoltre si può stimolare l’udito con sonori, canzoncine e ninne nanne che, oltre a gettare le basi per il futuro linguaggio, sono importanti ai fini relazionali ed affettivi: la voce di chi accudisce ha il potere di calmare, rassicurare e far sentire protetti. In questo modo si possono sviluppare i precursori del linguaggio e si può aiutare il bambino a stabilire una corretta relazione sia con gli altri che con il mondo esterno.


Il tatto

Intorno ai 6 mesi, il bambino inizia ad essere in grado di mantenere una postura seduta, può guardare il mondo da un’altra prospettiva, ma non è ancora in grado di muoversi in autonomia. In questa fase può essere utile che l’adulto gli fornisca una serie di stimoli che egli può iniziare ad esplorare e manipolare.

Karolina Grabowska - Pexels


Uno dei giochi che si può facilmente costruire in casa e che consente le prime conoscenze del mondo attraverso i sensi, è il “Cestino dei tesori”. Si tratta di un contenitore in cui collocare oggetti fatti di materiali naturali (cucchiai di legno ed acciaio, conchiglie, tappi, gomitoli, ecc.) che il bambino può inizialmente esplorare con la bocca e successivamente con le mani.


Il movimento

Dopo questa fase, il bambino inizia a muoversi prima gattonando e poi camminando. Comincia, dunque, ad esplorare il mondo in autonomia ed il gioco si caratterizza principalmente da manipolazione e osservazione della propria capacità di agire sugli oggetti.

Compare il gioco ripetitivo, attraverso il quale il bambino sperimenta il piacere di scoprire che ad un proprio gesto corrisponde una conseguenza. È in questo momento che inizia a lanciare giochi e a seguirli con lo sguardo, a mettere dentro e fuori le cose, a trascinare e spingere piccoli oggetti.


Linguaggio e gioco

Con la comparsa del linguaggio e di maggiori abilità motorie, il gioco inizia a basarsi sull’imitazione del linguaggio e dei gesti degli adulti. In questa fase l’attività ludica è ancora individuale ma nasce il gioco parallelo: il bambino inizia a notare e a tollerare la presenza di un altro nell’ambiente di gioco.

Polesie Toys - Pexels


Il ruolo dell’adulto, in questo momento evolutivo, è quello di sostenere l’autonomia nel gioco, mettendo a disposizione del bambino anche semplici elementi della vita quotidiana (pettini, bambole, pentole, ecc.) affinché egli possa:

  • trovare strumenti con cui alimentare il suo desiderio di imitazione;
  • sentirsi in grado di fare da solo aumentando così la sua autostima e la percezione di saper fare.

Ulteriori proposte di gioco possono riguardare i “travasi montessoriani”, utile strumento che consente di affinare le capacità motorie delle mani e la concentrazione.

La creazione di relazioni

Con il progressivo sviluppo del linguaggio, il gioco diventa sempre più di relazione, ossia insieme all’altro. Con l'ingresso all'asilo nido, attraverso i giochi con i pari, i bambini cominciano ad esprimere i propri vissuti emotivi traslandoli, spesso, sugli oggetti di gioco. In questo modo possono liberarsi delle proprie angosce e frustrazioni, riparando alle proprie ferite interne.

Inizia poi a comparire il gioco di cooperazione, quello simbolico ed immaginativo. Una volta che il bambino ha mentalizzato gli oggetti, riesce a manipolarli nella propria immaginazione e a trasformarli a proprio piacimento.

Schermo o realtà?

Lo schermo intrattiene il bambino o lo avvicina a chi è distante fisicamente, ma l’uso eccessivo lo priva di quella quota di esperienza reale fatta di gioco, di scoperta e di interazione che, soprattutto per i piccolissimi, rappresenta un aspetto essenziale della crescita.

Diverse linee guida ormai sconsigliano l’esposizione agli schermi prima dei due anni di età e ne suggeriscono l’uso limitato (meno di un’ora) tra i due e i quattro anni. Tali raccomandazioni sono volte a sottolineare l’importanza, per i bambini nelle primissime fasi di sviluppo, di entrare in contatto diretto con la realtà, di utilizzare il corpo, i sensi per scoprire il mondo e per scoprirsi parte di esso.

Karolina Grabowska - Pexels

Arricchire l’esperienza

In questa breve panoramica sull’evoluzione del gioco nella fascia d’età 0-3, è possibile notare come i sensi ed il corpo rappresentino il primo strumento di gioco affinché, attraverso una modalità interattiva e ludica, l’adulto possa sostenere il graduale affacciarsi al mondo del bambino ed il suo percepirsi separato dal caregiver.

L’adulto, così, può farsi veicolo di proposte sensoriali che arricchiscono le esperienze infantili e lo introducono alle relazioni con gli altri e con ciò che lo circonda. Un adulto che osserva il gioco, che riesce a parteciparvi ma anche a “lasciar fare” quando si accorge che il bambino attraverso di esso sta scoprendo qualcosa di sé e del mondo, è un adulto che fa sentire il bambino “visto”, degno di attenzioni, amato.


Questo è un contenuto divulgativo e non sostituisce la diagnosi di un professionista.
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