Il film Joker (2019), diretto da Todd Phillips, non è solo la storia di un villain iconico dei fumetti, ma un viaggio complesso e profondo nella psiche umana.
Joaquin Phoenix interpreta Arthur Fleck, un uomo che scivola lentamente nella follia, trasformandosi nel temuto Joker.
La pellicola esplora temi di alienazione, disturbi psichici e la disintegrazione dell'identità personale. In concomitanza all’uscita nelle sale di Joker: Folie à Deux, secondo capitolo della saga, esamineremo il primo film attraverso una lente psicologica, cercando di comprendere le dinamiche interne che portano Arthur a diventare Joker.
Attenzione: l’articolo contiene spoiler.
Immagine di copertina: copyright Warner Bros.
La malattia mentale: una spirale discendente
Arthur è un giovane uomo che vive con sua madre, alla quale è stato diagnosticato un disturbo narcisistico di personalità con deliri psicotici.
Il giovane Arthur Fleck soffre a sua volta di una serie di disturbi, tra cui depressione, psicosi e un disturbo neurologico che provoca risate incontrollabili.
Nel guardare nuovamente il film, sono stata colpita dal nome Fleck e ho fatto un’associazione del significato implicito che questo cognome porta: macchiolina, segnetto, puntino. Qualcosa, si potrebbe dire, di insignificante o addirittura fastidioso. In realtà, Arthur Fleck è una persona della quale non ci si accorge, un invisibile che vive ai margini di una società che guarda esclusivamente al successo, ai soldi e al potere.
In questo contesto, i suoi disagi mentali sono accentuati dall'isolamento sociale e dalla mancanza di supporto. Il servizio sociale è praticamente inesistente e non ha minimamente a cuore la salute del paziente.
Arthur ha imparato sulla sua pelle il funzionamento di questa società.
Il film sottolinea come la mancanza di accesso a cure adeguate possa peggiorare le condizioni psicologiche, portando a comportamenti estremi. Il declino mentale di Arthur è rappresentato come una spirale discendente, in cui ogni tentativo di connessione umana fallisce, spingendolo ulteriormente verso il caos.
Il film è ricco di simboli. Per esempio, all’inizio della pellicola, Arthur passa davanti a un negozio di cosmetici e farmaci, come a simboleggiare che i farmaci che assume servono solamente a mascherare la sua malattia. Infatti, quando smetterà di prenderli, Arthur metterà in mostra il suo vero volto. I farmaci, infatti, servono solo a coprire il suo disagio interiore, ma non a curarlo.
Un altro dettaglio interessante è l’orologio alla parete che compare un paio di volte, segnando sempre la stessa ora. Questo può lasciare intendere che tutto il racconto accade, in realtà, soltanto nella mente di Arthur.
Il protagonista, inizialmente, è molto ripiegato su sé stesso e il suo ritorno a casa è caratterizzato dal salire le scale, rientrare nell’appartamento e dormire con la madre. Nel momento in cui Arthur “uccide” quella parte buona di sé, inizia a scendere le scale inscenando una danza tra il macabro, lo scherzoso e il grottesco.
L’atto di dormire con la madre è un po’ come rientrare in quella dimensione neonatale di accudimento. Condizione che, anagraficamente, è finita da molto tempo e che, inconsciamente, soffoca Arthur. Incapace di ridimensionarla nella fase adolescenziale, Arthur ritiene di non avere altra via di fuga che ucciderla, commettendo un omicidio nella vita reale.
La ricerca dell'identità: chi è Arthur Fleck?
Uno degli aspetti più intriganti del personaggio è la sua crisi di identità. Arthur è alla ricerca di un senso di sé, ma ogni tentativo di costruire una propria identità è sabotato dalle circostanze. L’uomo tenta di trovare la sua strada, di individualizzarsi e rendersi unico, un po’ come sua madre lo fa sentire: unico e speciale, ma senza una vera personalità.
Il suo sogno di diventare un comico di successo è continuamente frustrato, e la scoperta di verità dolorose sul suo passato lo porta a mettere in discussione chi è veramente.
Per lungo tempo la madre gli ha raccontato di essere il figlio di un uomo famoso e potente, ma Arthur scopre che è tutta un’invenzione. I deliri della donna hanno costruito una storia idealizzata riguardo il padre di Arthur e il momento della scoperta della realtà frantuma in mille pezzi la fragile personalità del protagonista.
La sua trasformazione in Joker rappresenta un abbandono totale della sua vecchia identità e l'adozione di una nuova versione di sé, costruita sulla violenza e il caos che ne rispecchiano il vissuto interiore.
Incapace di rielaborare e integrare il vissuto sul piano di realtà, agisce commettendo un acting out. Per Arthur il mondo è tutto buono o tutto cattivo. Non c’è spazio per l’empatia, la comprensione del vissuto emotivo dell’altro, né per il proprio spazio emotivo interno.
Il troppo dolore, insostenibile e incontenibile, richiede di essere espulso ed evacuato con violenza. Ciò che Arthur lascia esplodere è un conflitto ambivalente che gli genera un odio distruttivo verso gli altri, e verso un ambiente indifferente e ostile.
Alienazione sociale: un uomo contro la società
Arthur Fleck è un prodotto della sua società, una Gotham City oscura e violenta che emargina i più deboli. Arthur è uno dei tanti invisibili che vivono nella città e che non riesce a trovare il suo posto.
Non essendo in grado di definirsi come persona, Arthur cerca la propria identità nel rispecchiamento degli altri. Ecco allora che frequenta i locali notturni dove attori comici si esibiscono e ne appunta le battute talvolta facendole sue.
“È buffo. Quando ero un bambino, e dicevo alle persone che avrei fatto il comico, tutti ridevano di me. Adesso non ride nessuno.”
Arthur si esprime per “bocca di altri” non riuscendo a trovare un’espressione propria e originale. Il risultato è grottesco, a tratti triste e compassionevole. Il personaggio vive costantemente una vita “come se”, ma mai un vita reale. La sua è una costante e dolorosa ricerca del riconoscimento nel senso di “essere visto” e riscattato dalle ingiustizie della vita.
La società in cui vive, però, è impietosa, individualista, spietata. Parafrasando una frase del film, è una società in cui si richiede al malato mentale di essere normale.
Il film esplora come l'alienazione sociale possa contribuire alla disintegrazione della psiche. Arthur è invisibile agli occhi del mondo, un uomo che non riesce a trovare un posto nella società perché solamente i più forti e potenti ne possono godere. La sua alienazione si trasforma in rabbia e, alla fine, in violenza.
Nella visione di Todd Phillips, Joker diventa così il simbolo della ribellione contro un sistema che opprime e ignora i più vulnerabili. Egli stesso, inizialmente, non comprende come possa essere diventato un simbolo. L’atto eclatante, l’uccisione in diretta del conduttore televisivo più famoso, fa in modo che il mondo si accorga finalmente di lui.
Arthur lotta continuamente con il suo vuoto interiore, con la solitudine e l’anonimato che la società proietta su di lui.
La violenza: esplosione di follia o risposta sociale?
La violenza nel film è presentata come una conseguenza inevitabile della disintegrazione mentale e dell'isolamento sociale di Arthur. Tuttavia, può essere interpretata anche come una risposta alla società che lo ha respinto.
Il Joker diventa una sorta di antieroe per coloro che si sentono abbandonati e oppressi. La sua violenza è una forma di vendetta contro un mondo che lo ha trattato con indifferenza e crudeltà.
Infatti, Arthur vive in casa la prima violenza, che è un vero e proprio maltrattamento domestico . La madre, nel corso degli anni, ha consentito che i vari uomini della sua vita lo maltrattassero, fino a renderlo vittima di un incidente domestico che gli ha causato danni neurologici irreversibili.
Arthur e la madre vivono una relazione simbiotica dove l’individualizzazione è impossibile. I confini e i ruoli non sono definiti e la relazione appare a tratti incestuosa. Arthur sogna di avere una relazione vera con una donna, ma sua madre è sempre presente nella sua vita e nel suo spazio mentale.
Empatia e antipatia: il dilemma dello spettatore
Uno degli aspetti più controversi di Joker è il modo in cui il personaggio sfida lo spettatore a provare empatia per qualcuno che compie atti orribili. Guardando il film, ci si chiede quali siano le motivazioni dietro le azioni di Arthur, anche se non possono essere giustificate.
Questa ambiguità morale è uno degli elementi più potenti del film, che mette in luce come la linea tra vittima e carnefice possa essere sottile e sfocata. Arthur fa vibrare le corde profonde di riscatto, colpa, abbandono e riconoscimento che tutti conosciamo e che viviamo in misura e dimensione diversa.
Alcune curiosità sul film
Quello di Todd Phillips è il primo film dell’epica cinematografica di Batman dedicato esclusivamente alla figura del Joker.
Joaquin Phoenix è il settimo attore a vestirne i panni. Per poter interpretare il ruolo, Phoenix ha seguito una preparazione molto lunga e faticosa. Ha dovuto perdere oltre venti chili e studiare le risate delle persone affette da schizofrenia e altri disturbi mentali.
Il film si ispira alla famosa sparatoria del 1984 nella metropolitana di New York, nella quale un uomo, Bernhard Goetz, sparò a quattro ragazzi afroamericani che volevano derubarlo. La figura del Joker di Phillips è parzialmente basata proprio su Goetz.
Joker è molto più di un semplice film di supereroi o il racconto di un cattivo. È un'esplorazione profonda della psiche umana, che porta lo spettatore a confrontarsi con temi difficili come la malattia mentale, l'alienazione sociale e la violenza e soprattutto le parti oscure di sé.
Arthur Fleck non è solo un personaggio, ma il simbolo delle lotte interne che molte persone affrontano in una società che può essere crudele e indifferente. La sua discesa nella follia ci ricorda quanto la comprensione, l'empatia e il supporto di persone vicine e personale esperto, siano importanti nella vita quotidiana e per il nostro benessere psicologico.