Crescita personale
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L’ambivalenza

L’ambivalenza
L’ambivalenzalogo-unobravo
Caterina Berti
Caterina Berti
Redazione
Psicoterapeuta ad orientamento Umanistico-Fenomenologico
Unobravo
Articolo revisionato dalla nostra redazione clinica
Pubblicato il
15.2.2022

L’ambivalenza in psicologia fa specificatamente riferimento alla “coesistenza di due bisogni in contraddizione tra di loro ma con la medesima valenza”. Si tratta, in breve, di due bisogni tendenzialmente opposti ma di uguale misura ed importanza, che danno alla persona quella sensazione di essere tirata da due forze uguali ma avverse. In questo articolo approfondiremo il concetto di ambivalenza, dal suo significato alle possibili terapie.

Il significato di ambivalenza 

L’ambivalenza - indicata anche come comportamento ambivalente - fa riferimento all’esistenza simultanea di sentimenti e atteggiamenti contraddittori, come amore e odio oppure cordialità e ostilità, verso la stessa persona, oggetto, evento o situazione. 

La parola ambivalenza unisce i due termini latini “ambi (entrambi) e “valentia (forza), che descrivono bene il significato di ambivalente: persona che si sente “trainata” da due forze contrapposte.

Una prima definizione di ambivalente è stata data nel 1910 dallo psichiatra svizzero Eugen Bleuler, il quale considera ambivalente la persona che ha un atteggiamento psichico per cui due sentimenti o impulsi contrari vengono rivolti, contemporaneamente o alternativamente, allo stesso oggetto. 

L’ambivalenza in psicologia

Il significato psicologico di ambivalenza non si discosta molto da quello più ampio. In psicologia l'ambivalenza si riferisce, infatti, a uno stato, temporaneo o permanente, in cui coesistono due sentimenti, generalmente opposti. Questa situazione ambivalente si verifica quando c’è la presenza simultanea di pulsioni opposte, indissociabili, verso lo stesso oggetto o l’opposizione di processi primari, inconsci, che produce una contraddittorietà a livello di processi secondari coscienti.

L'ambivalenza è un’esperienza comune negli esseri umani. È uno stato mentale in cui una persona ha sentimenti contrastanti in relazione a qualcosa.

Tutti noi, compresi i bambini, possiamo sperimentare un atteggiamento ambivalente. Possiamo provare sentimenti positivi e negativi per lo stesso oggetto allo stesso tempo. Ci piace il senso dell'umorismo di una persona ma non la sua inaffidabilità, oppure apprezziamo il coraggio di una persona ma pensiamo che non abbia compassione.

Per comprendere appieno il significato di persona ambivalente e il motivo dell'incoerenza dei suoi atteggiamenti, dobbiamo distinguere le tre dimensioni in cui sono divisi e dove sussistono i comportamenti ambivalenti:

  1. La dimensione cognitiva razionale: dove risiede la conoscenza, la credenza o l'opinione su qualcosa. Bleuler ha chiamato questa dimensione intellettuale. Le ambivalenze in quest'area includono, ad esempio, argomenti che incorporano due punti di vista opposti
  2. La dimensione affettiva: è qui che risiede l'ambivalenza affettiva con sentimenti di amore e odio nei confronti di un oggetto o una persona
  3. La dimensione comportamentale : è definita come il modo in cui una persona reagisce a qualcosa. Bleuler definisce questa dimensione volitiva, in quanto soggetta alla volontà. Gli atteggiamenti comportamentali ambivalenti si verificano, ad esempio, nelle incongruenze tra ciò che sentiamo e come agiamo.

L’ambivalenza si presenta, nella maggior parte dei casi, come un’incoerenza rispetto al valore positivo o negativo che ognuno attribuisce a ciascuna delle dimensioni sopra citate. Ad esempio, gli uomini ambivalenti possono amare molto una persona ma tenere lontano quella stessa persona. Il valore positivo verso la dimensione affettiva è contraddittorio con il valore negativo della sua dimensione comportamentale, che si traduce in un atteggiamento di ambivalenza nei confronti della persona amata.

L’ambivalenza emotiva

L’ambivalenza affettiva si verifica nelle relazioni intime e in amore quando c’è una coesistenza di emozioni e desideri opposti nei confronti di una persona. Possiamo amarla completamente, e allo stesso tempo provare un immenso risentimento per lei. 

Amore e odio sono presenti allo stesso modo, e questo finirà per influenzare noi stessi e la nostra relazione, perché non c’è niente di peggio a livello affettivo che amare qualcuno e sapere che quella relazione ci ferisce. Un  esempio classico di rapporto ambivalente è il rapporto tra madre e figlia, in cui c’è il conflitto tra il bisogno d’affetto, sicurezza e appartenenza e quello di indipendenza e libertà.

RODNAE Productions - Pexels


Come riconoscere una relazione ambivalente?

Le relazioni dominate dall’ambivalenza sono sempre molto complicate, al loro interno si alternano momenti piacevoli e di condivisione ad altri di freddezza e distacco.

Non si può parlare di personalità ambivalente in amore, come in nessun altro campo, ma di persone con comportamenti, pensieri o emozioni ambivalenti. In questi casi si potrebbero inviare al proprio partner segnali discontinui di interesse, che alimentano le speranze e le aspettative, come avviene ad esempio nel breadcrumbing

Tali dinamiche si riferiscono non solo agli amori sessuali, ma anche ad altre forme di legame in cui entra in gioco una forte valenza emotiva: tra amici intimi, colleghi, soci in affari, maestri e allievi, tra fratelli, tra genitori e figli, terapeuti e pazienti. 

Le cause dell’ambivalenza affettiva 

Una delle ipotesi sulle cause dell’ambivalenza è che essa sia associata all’incapacità di fare una scelta e prendere decisioni. C'è un’opinione secondo cui l’ambivalenza sia spesso il risultato di un conflitto di valori sociali legati a differenze di cultura, razza, origine etnica, credenze religiose, ecc. Le costruzioni sociali e le norme e i valori percepiti all’interno della società data formerebbero i sentimenti contraddittori di molte persone.

Ma la maggior parte degli psicologi ravvisa le cause dell’ambivalenza nella paura inconscia di commettere un errore e nella mancanza di maturità emotiva.

Ambivalenza patologica: un “disturbo ambivalente”? 

Tutti noi possediamo dei tratti che possono essere caratterizzati da una forte ambivalenza emotiva. Nel campo più prettamente psicopatologico, l’ambivalenza diventa però uno dei nuclei portanti, ad esempio, di alcune nevrosi e disturbi di personalità, come quello della personalità dipendente oppure borderline.

Alla base di questo tipo di personalità, infatti, possiamo solitamente riscontrare l’instaurarsi durante l’età infantile di un attaccamento di tipo ambivalente, chiamato anche attaccamento ansioso/insicuro-ambivalente. 

L’attaccamento ambivalente

Nell’attaccamento ambivalente il caregiver risponde in maniera altalenante e contraddittoria ai bisogni del bambino, mostrandosi a volte come un genitore assente o indifferente ed altre volte come eccessivamente presente, a tratti ingombrante.

È questo il motivo per cui il bambino finisce per acquisire dentro di sé un’immagine genitoriale che ama e odia al tempo stesso. Nei casi più gravi, tale switch può avvenire in maniera talmente repentina da divenire uno dei più classici meccanismi di difesa tipici delle personalità affette da disturbo borderline, ovvero la scissione.

Bisogno di semplicità

Come riportato dal filosofo e psicoanalista Umberto Galimberti, l’uomo è di natura ambivalente ma, col tempo, ha finito per togliere valore all’ambivalenza a favore della coerenza e dell’identità, come se i tratti ambivalenti dell’essere umano fossero qualcosa di negativo da dover cancellare o risolvere a tutti i costi.

Al contrario, l’obiettivo dell’uomo non dovrebbe essere quello di “risolvere” i suoi sentimenti di ambivalenza, ma quello di divenirne consapevole, accettarli, legittimarli e quindi imparare a gestirli in maniera funzionale.

Spesso infatti accade che, per “risolvere” l’ambivalenza, finiamo semplicemente per tagliare via alcuni pezzi di noi, distorcendo la nostra esperienza o non percependola in maniera autentica. Scegliamo (in maniera non sempre consapevole) di ascoltare e riconoscere solamente una parte anziché l’altra, senza renderci conto che stiamo in qualche modo negando i nostri reali sentimenti e bisogni, nonché la nostra piena esperienza.

Questo perché, in psicologia, l’uomo tende a semplificare la complessità della contraddizione tramite la ricerca di unicità, esclusione, ordine e coerenza, per i quali solamente uno dei due opposti “può essere vero”:

  • se lo amo non posso non amarlo
  • se lo voglio non posso non volerlo
  • se lo desidero non posso esserne spaventato.
Daria Shevtsova - Pexels

Quando l’ambivalenza diventa un problema?

Se l’ambivalenza non ha accesso alla nostra consapevolezza, può venirsi a creare una condizione nella quale avvertiamo:

  • stallo: “non so mai cosa scegliere”;
  • movimenti oscillatori: desiderio vs fatica, iniziare qualcosa senza concluderla;
  • confusione: “non so cosa voglio”;
  • comportamenti contraddittori;
  • impulsività: “mi sono licenziato, ma non so perché l’ho fatto”.

Quando la persona si trova in questo stato di non consapevolezza, tende a mantenere una condizione di incongruenza e ad avere difficoltà ad entrare in contatto con le proprie autentiche esperienze corporee, emotive ed affettive. Tende, inoltre, a ricorrere alla dissociazione dell’esperienza per negare una delle parti della sua ambivalenza e a deformare quindi la percezione dell’esperienza globale.

Alla base della non accettazione e legittimazione della propria ambivalenza, di solito si trovano:

  • una difficoltà a definire e riconoscere i propri bisogni
  • una fatica a dare loro delle priorità e a lasciar andare o scegliere
  • una visione delle scelte come punti di non ritorno
  • uno scarto tra il Sé reale e il Sé ideale
  • la presenza di costrutti rigidi.

Come curare l’ambivalenza: la terapia 

Un tipo di ambivalenza classica e comune a molti è quella nei confronti del cambiamento:

  • “Voglio cambiare E non voglio cambiare”;
  • “Desidero cambiare E ho paura di cambiare”.

L’obiettivo della terapia non è dare una cura all’ambivalenza affettiva, ma nominarla, riconoscerla e accettarla, diminuendo l’intensità della paura legata al cambiamento. La terapia quindi si pone come scopo l’accogliere entrambi i poli dell’ambivalenza:

  • cogliendo i vissuti del paziente di fronte ad essi;
  • esplorandoli e conferendo loro la medesima dignità;
  • aiutando al contempo a comprendere come l’ambivalenza condizioni il comportamento. 

Conclusioni: l’importanza di chiedere aiuto

Se non sai come affrontare l’ambivalenza in maniera autonoma, non esitare a rivolgerti ad un professionista. Puoi chiedere, in qualunque momento, il supporto di uno dei nostri psicologi online che saprà guidarti ed accompagnarti nel percorso verso la guarigione. 

Per saperne di più sull’ambivalenza ti consigliamo di leggere il saggio “L’ambivalenza e l’ambiguità nelle rotture affettive” di Riccardo Dalla Luche e Simone Bertacca, un utile strumento di orientamento per quanti studiano il complesso mondo delle relazioni affettive.  


Questo è un contenuto divulgativo e non sostituisce la diagnosi di un professionista.
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