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Salute mentale
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minuti di lettura

Neuroscienze e psicologia

Neuroscienze e psicologia
Zarina Zargar
Psicoterapeuta ad orientamento Psicodinamico
Redazione
Unobravo
Articolo revisionato dalla nostra redazione clinica
Ultimo aggiornamento il
5.12.2025
Neuroscienze e psicologia
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Chi lavora in ambito psicologico lo sa: le neuroscienze sono un importante insieme di discipline impegnate nella ricerca di una spiegazione sempre più approfondita del funzionamento cerebrale. Oggetti di studio sono il sistema nervoso centrale e quello periferico, la loro struttura e le rispettive funzioni, oltre che le loro interconnessioni.

Cervello e neuroscienze

Il cervello non è sempre stato considerato il centro di comando dell’intero organismo. Diverse fonti storiche sottolineano che, in tempi antecedenti alle più moderne scoperte scientifiche, si credeva fosse il cuore la sede della coscienza, della razionalità e dell’intelligenza.

L’implementazione di strumenti e tecniche fruibili in ambito medico e neuroscientifico ha permesso di verificare quelle che per secoli sono state solo ipotesi e che ora sono prove dimostrabili e condivise.

Oggi sappiamo che il cervello è l’organo principale del sistema nervoso, che è incredibilmente complesso e che la sua attività è centrale per la funzione della mente e, più in generale, alla psiche, oggetto di lavoro di psicologi e psichiatri.

Per quanto le conoscenze in questo ambito siano state rivoluzionate e siano in costante crescita, grazie alla ricerca scientifica c’è ancora molto da scoprire. Le conoscenze neuroscientifiche, però, non sono solo fonte di stupore, ma offrono interessanti spunti di riflessione e applicazione in ambito clinico e interdisciplinare.

Googledeepmind - Pexels

Le scoperte delle neuroscienze

Le neuroscienze uniscono informazioni provenienti da diverse branche scientifiche afferenti alla biologia e alla chimica, ma anche alla matematica, alla fisica, alla psicologia e alla linguistica. L’integrazione di un vasto numero di conoscenze diverse si è resa fondamentale per approfondire i più disparati aspetti del sistema nervoso, quali morfologia, funzione, cognizione, oltre che per poter ottenere una comprensione utile sia in condizioni di salute che di patologia.

I neuroni specchio

Una scoperta delle neuroscienze che ha destato notevole interesse tra gli scienziati, ma anche nella popolazione generale, è quella del 1922 relativa all’esistenza dei neuroni specchio.

All’interno del sistema nervoso esistono diversi tipi di neuroni, ognuno con una specializzazione differente e ben coordinata. I neuroni specchio sono una specifica classe di neuroni motori, o motoneuroni, denominati in questo modo proprio perché deputati al controllo diretto o indiretto dei muscoli e del loro movimento.

I motoneuroni permettono di scrivere al pc, di fare una passeggiata, di allenarsi e di svolgere tutte le attività quotidiane. Nella maggior parte dei casi rispondono alla nostra volontà e inviano dei segnali elettrici mirati, in grado di produrre la contrazione muscolare.

La scoperta dei neuroni specchio, però, aggiunge una conoscenza importante e in grado di aprire nuove porte: i motoneuroni di specifiche aree cerebrali non si attivano soltanto quando un individuo svolge un’azione finalizzata, come prendere in mano una matita, ma anche quando osserva la stessa azione compiuta da un altro soggetto.

I neuroni specchio, quindi, sembrano essere in grado di mettere in connessione le persone tramite un attivazione neuronale involontaria. È stato ipotizzato che tale attivazione sia alla base di capacità come l’empatia e di funzioni cognitive complesse come l’acquisizione del linguaggio.

Il sistema di neuroni specchio nell’essere umano è molto più articolato rispetto a quello delle scimmie, nelle quali è stato originariamente individuato. Questo rende difficile un’interpretazione univoca e definitiva della sua funzione. Tuttavia, sembra che fornisca alle persone la possibilità di comprendere le azioni altrui e ponga le basi per l’apprendimento tramite imitazione e simulazione del comportamento dell’altro.

La plasticità neurale

La scoperta della plasticità neurale è antecedente a quella dei neuroni specchio, ma è assolutamente degna di nota e di grande portata, oltre che ricca di applicazioni attuali.

In ambito psicologico, il termine “plasticità” è stato utilizzato da diversi studiosi in riferimento alla capacità del cervello di formare nuove connessioni tra neuroni in seguito all’esperienza. Soltanto intorno agli anni ‘60, però, l’esistenza della plasticità neurale è stata dimostrata in modo sperimentale e compresa conseguentemente dal punto di vista neuroscientifico.

Le connessioni neuronali all’interno del cervello sono in grado di definire pensieri, ragionamenti e aspetti della personalità. Tali connessioni tra un neurone e l’altro si rafforzano quando vengono attraversate da un impulso elettrico nervoso, quindi quando vengono utilizzate.

Ciò significa che il cervello ha la capacità di cambiare, modificarsi e adattarsi alterando la propria struttura e funzione in risposta agli stimoli a cui viene sottoposto, con lo scopo di perseguire un equilibrio più proficuo per l’intero organismo. Questo può avvenire sia in condizioni di salute che in seguito a lesioni traumatiche cerebrali o malattie cerebrali degenerative.

Neuroscienze e psicoterapia: un'integrazione possibile?

Le neuroscienze offrono numerosissimi ambiti di applicazione, tra cui certamente figura la psicoterapia. Già nel 1997 lo psicoanalista Arnold Modell riteneva che l'unificazione di idee derivanti dalla neurobiologia e dalla psicoanalisi potesse aiutarci a chiarire una gamma molto ampia e varia di problemi che vanno dai ricordi traumatici alla coazione a ripetere, dalla teoria psicoanalitica dell’istinto al concetto di Sé.

Essendo la psicologia una scienza, non può che fare riferimento alle scoperte scientifiche più recenti e aggiornate. La psicoterapia, a sua volta, basa i propri interventi sulla conoscenza attuale del funzionamento cerebrale e sull’efficacia dimostrata degli interventi proposti.

Neuroscienze e psicoterapia sono dunque in inevitabile connessione e diventa fondamentale un dialogo costante tra le due discipline riguardo topic come memoria, attività onirica, emozioni, percezione, cognizione, coscienza.

Le ricerche in entrambe le branche concorrono per il raggiungimento di due obiettivi comuni: una migliore conoscenza della persona in stato di salute e una migliore presa in carico della persona in stato di patologia. Le neuroscienze potrebbero permettere la validazione di modelli e prassi psicoterapeutiche e, al contempo, contribuire a delineare nuove linee di intervento ispirate alle scoperte evidence-based delle aree di studio neuroscienze, quali neurofisiologia, neuroimaging e genetica.

Shvetsa - Pexels

La psicoterapia può modificare il cervello?

È stato dimostrato che la psicoterapia porta a vere e proprie modificazioni delle strutture cerebrali. Durante la terapia si può lavorare in modo da sostituire i pensieri disadattivi con quelli più adattivi passando attraverso l’emozione, l’osservazione, il dialogo e il movimento psicocorporeo. Si può andare a lavorare in sinergia alla capacità del cervello di auto-modificarsi, aiutandolo nel processo di adattamento all’ambiente e alle sfide della vita.

Tutte le persone possono internalizzare, assimilare, incorporare lo stato di una persona con una capacità di sintonizzazione alla cui base ci sono i neuroni specchio, anche se sussistono differenze dovute sia a caratteristiche individuali che a variabili ambientali.

Il neuroscienziato Vittorio Gallese, partendo dal presupposto che un rispecchiamento possa essere efficace se genera risposte congruenti o sintoniche con gli stati mentali altrui, ha supposto che rispecchiamenti inadeguati possano essere correlati a deficit di mentalizzazione che impattano in età adulta, come ad esempio il disturbo di personalità borderline.

Questi deficit nel sistema dei neuroni specchio - non soltanto in quelli di quadri psicopatologici, ma anche in persone “sane” - possono essere riparati mediante tecniche psicoterapeutiche come il Mentalization-Based Treatment (MBT).

Il cambiamento nel paziente si realizza quando lo scarto di divergenza tra lo stato originario e quello internalizzato dal rispecchiamento del terapeuta è abbastanza piccolo da non creare dissonanze nel costrutto identitario della persona.

La plasticità neurale e gli effetti della psicoterapia

Le ricerche attuali suggeriscono che la psicoterapia può essere associata a cambiamenti epigenetici nei pazienti (Jiménez et al., 2018), risultando in grado di apportare modifiche ai circuiti cerebrali e migliorando sia l’attività che il processamento delle informazioni da parte dei neuroni, proprio come fanno i farmaci.

Ragionamenti e pensieri affrontati durante la psicoterapia possono andare ad alterare in modo favorevole gli stessi circuiti cerebrali implicati nell’esordio e nel mantenimento dei vari disturbi mentali, migliorando l’efficienza dell’elaborazione delle informazioni e quindi riuscendo ad alleviare i sintomi.

Infatti, sembra proprio che la psicoterapia riesca ad agire in modo significativo sul metabolismo di aree e circuiti cerebrali, in alcuni casi in maniera simile al trattamento farmacologico, in altri intervenendo su aree e circuiti specifici e differenti.

Meccanismi neurobiologici alla base dell’efficacia della psicoterapia

Le neuroscienze hanno permesso di chiarire come la psicoterapia possa indurre cambiamenti misurabili nei circuiti cerebrali, andando oltre la semplice modificazione del comportamento o del pensiero. Questi cambiamenti avvengono grazie a diversi meccanismi neurobiologici che coinvolgono la plasticità sinaptica, la regolazione dei neurotrasmettitori e l’attivazione di specifiche aree cerebrali.

  • Plasticità sinaptica: la psicoterapia può stimolare la formazione di nuove connessioni tra neuroni e il rafforzamento di quelle esistenti, facilitando l’apprendimento di nuovi schemi di pensiero e comportamento. Questo processo è noto come plasticità sinaptica e rappresenta una possibile base biologica del cambiamento terapeutico.
  • Regolazione dei neurotrasmettitori: interventi psicoterapeutici possono influenzare la produzione e il rilascio di neurotrasmettitori come serotonina, dopamina e noradrenalina, coinvolti nella regolazione dell’umore e delle emozioni. Ad esempio, secondo uno studio pubblicato su "Journal of Clinical Pharmacy and Therapeutics" (Stahl, 2012), la psicoterapia può agire in modo simile a un "farmaco epigenetico", contribuendo a modificare l’espressione genica e la funzione dei circuiti cerebrali coinvolti nei disturbi psichici.
  • Rimodellamento dei circuiti cerebrali: le tecniche di neuroimaging hanno evidenziato che la psicoterapia può portare a una normalizzazione dell’attività in aree cerebrali considerate disfunzionali, come la corteccia prefrontale e il sistema limbico, spesso implicate nei disturbi d’ansia e depressivi. Questi cambiamenti sono spesso associati a una riduzione dei sintomi e a un miglioramento del benessere psicologico.

Questi meccanismi suggeriscono come la psicoterapia, integrando le conoscenze neuroscientifiche, possa produrre effetti profondi e duraturi non solo sulla mente, ma anche sulla struttura e sul funzionamento del cervello.

Xespri - Pexels

Esempi pratici: neuroscienze e personalizzazione della psicoterapia

Grazie alle informazioni ottenute tramite tecniche come la risonanza magnetica funzionale (fMRI) e la tomografia a emissione di positroni (PET), i terapeuti possono comprendere meglio le specificità neurobiologiche di ciascun paziente.

  • Selezione della terapia più adatta: alcuni studi hanno suggerito che persone con una maggiore attivazione della corteccia prefrontale possono rispondere meglio a terapie cognitive, mentre chi presenta una maggiore reattività del sistema limbico può trarre maggior beneficio da approcci focalizzati sulla regolazione emotiva (Brody et al., 2001).
  • Monitoraggio dei progressi: l’uso del neuroimaging consente di osservare in tempo reale i cambiamenti cerebrali durante il percorso terapeutico, offrendo un riscontro oggettivo sull’efficacia dell’intervento e permettendo di adattare la terapia in base alle risposte individuali.
  • Prevenzione delle ricadute: identificare i pattern di attivazione cerebrale associati a un rischio maggiore di ricaduta può contribuire a pianificare strategie di prevenzione mirate, rafforzando le aree cerebrali coinvolte nella resilienza e nella gestione dello stress.

Questi esempi mostrano come l’integrazione tra neuroscienze e psicoterapia stia aprendo la strada a trattamenti sempre più mirati, potenzialmente più efficaci e centrati sulla persona, valorizzando le differenze individuali e promuovendo un benessere psicologico duraturo.

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Le neuroscienze ci insegnano che il cervello è capace di trasformarsi, adattarsi e crescere grazie alle esperienze e alle relazioni significative. Le recenti scoperte neuroscientifiche evidenziano che alcuni meccanismi cerebrali permettono di affrontare crisi di salute mentale e traumi, rielaborando la narrazione personale e il senso di sé (Cammisuli & Castelnuovo, 2023) . La psicoterapia, supportata dalle più recenti scoperte scientifiche, può favorire cambiamenti profondi e duraturi, contribuendo a migliorare il benessere psicologico e la qualità della vita. Se senti il bisogno di conoscerti meglio, affrontare una difficoltà o semplicemente prenderti cura di te, Unobravo è qui per accompagnarti. Grazie a un approccio personalizzato e attento alle tue unicità, potrai contare sul supporto di un professionista che potrà aiutarti a riscoprire le tue risorse e a costruire nuove connessioni, dentro e fuori di te. Non aspettare: inizia il questionario per trovare il tuo psicologo online e fai il primo passo verso il cambiamento che desideri.

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