Gravidanza e maternità
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Per crescere un figlio, e una mamma, ci vuole un villaggio

Per crescere un figlio, e una mamma, ci vuole un villaggio
Pubblicato il
31.1.2023

Il tragico fatto di cronaca accaduto all’ospedale Sandro Pertini di Roma agli inizi di gennaio 2023, ha colpito l’intera opinione pubblica, suscitando non poche polemiche sulle dinamiche del parto in Italia e sulla concezione del ruolo di madre nella nostra cultura contemporanea.

È stata anche l’occasione per far emergere le testimonianze e i racconti di tante madri e padri su un momento così cruciale come quello del parto e del post-partum, ma anche per chiedersi se e come si possa migliorare questa esperienza e che ruolo i genitori e i professionisti sanitari possano avere perché ciò avvenga.

Abbiamo chiesto alla psicoterapeuta e Direttrice Clinica di Unobravo Valeria Fiorenza Perris di aiutarci a comprendere meglio alcuni aspetti della maternità, coinvolgendola in qualità di professionista ma, prima di tutto, di mamma.

esperienza di maternità
Rodnae Productions - Pexels

L'esperienza della maternità

Valeria, grazie per aver scelto di raccontarci la tua storia. Vogliamo iniziare chiedendoti qualcosa di più sulle emozioni che hai provato dopo la nascita di tuo figlio. 

“Quando ho incontrato per la prima volta lo sguardo di mio figlio, ho avuto la netta sensazione che qualcosa fosse cambiato per sempre. La vita, per come la conoscevo, aveva lasciato il posto a una sola consapevolezza: che la sopravvivenza di quel bambino dipendeva da me.

Questa consapevolezza ha creato un legame che mai avrei immaginato potesse essere possibile, che va oltre ogni immaginazione e che può anche terrorizzare.

Nei primi giorni di vita di un neonato, l’incubo più grande di tutte le neo-mamme è che possa succedergli qualcosa di brutto, di non riuscire ad intervenire in tempo, di essere manchevole. Un gesto, anche involontario, può segnare il confine tra la sicurezza di tuo figlio e la possibilità di metterlo in pericolo.

Il terrore di addormentarsi troppo profondamente, di non sentire che il bambino piange, di non accorgersi dei suoi bisogni, assume spesso dimensioni davvero angoscianti che, talvolta, le mamme non hanno modo e tempo di elaborare.”

Com’è stata la tua esperienza? 

“Mi ricordo nettamente la sensazione dei primi giorni di vita di mio figlio. Ero sola. Per via delle regole imposte dalla pandemia da Covid-19, nessuno poteva accedere alla struttura. Non avevo mio marito né altri familiari vicino e, per quei tre giorni, lo staff dell’ospedale è stato la mia famiglia.

Ricordo di aver provato estrema gratitudine per il ginecologo che mi ha seguita e trattata sempre con affetto durante il travaglio e il parto, per le ostetriche che mi hanno aiutata in quelle ore e nei giorni successivi, per le infermiere che sono arrivate puntuali ogni volta che chiedevo aiuto.

Mi erano accanto quando dovevo capire come far attaccare mio figlio al seno senza sentire dolore, come cambiarlo, come medicargli il cordone ombelicale. C’erano quando, semplicemente, pensavo stesse accadendo qualcosa di strano al mio bambino o qualcosa che non avevo mai visto mi impressionava.

Lo hanno tenuto al nido tutte le notti e due ore dopo il pranzo, per permettermi di recuperare le energie, di dormire, di telefonare a qualcuno per condividere quei momenti densi di emozioni. Mi hanno protetta, e io sarò sempre grata per questo a tutti loro.”

neonato post parto
Kenan Zhang Pexels

Purtroppo non va sempre così: moltissime neo-mamme subiscono violenza ostetrica, vengono lasciate sole con i loro bambini sin da subito, senza soluzione di continuità. 

“La terribile vicenda di Roma ci dice che qualcosa sta andando storto nel modo in cui stiamo gestendo un momento così importante per la vita di tante persone. Un momento in cui nasce un bambino, ma nasce anche una madre, che va protetta e rispettata, curata e accolta, con tutti i suoi dubbi e le sue paure.

Il periodo immediatamente successivo alla nascita di un bambino costituisce un momento di particolare vulnerabilità per le madri. Il parto comporta, infatti, inevitabili vissuti di perdita, che riguardano essenzialmente:

  • la perdita della gravidanza e della sensazione di pienezza che essa comporta
  • la perdita del bambino interno e della relazione simbiotica ed esclusiva che la madre intratteneva con lui
  • la perdita del bambino fantasticato in favore di quello reale
  • la perdita del sé fantasticato legato alla scoperta di non essere la madre perfetta che pensava di essere.”.

La maternità intensiva

Dopo la tragedia di Roma, si parla più spesso di maternità intensiva, quell’insieme di pratiche volte a favorire un legame immediato tra neonato e mamma, tra cui si colloca la pratica del rooming-in. Cosa ne pensi?

“Il rooming-in è una pratica bellissima, che dà la possibilità alla mamma di tenere con sé il neonato subito dopo il parto. Secondo me, però, è una pratica che ha senso se intesa come valore aggiunto, fornendo, cioè, tutta l’attenzione e il supporto necessari alla neo-mamma che decide di praticarlo. 

Il rooming-in deve essere una scelta. Dopo il parto, la donna è dolorante e stanca. È una paziente, e come tale va assistita. 

Invece sembra che, dopo la nascita del bambino, le mamme siano da subito messe in secondo piano. Come se il loro corpo, fino a quel momento protetto da tutti perché  ‘casa’ di una nuova vita, fosse ora meno rilevante. O forse, semplicemente, non è più importante per nessuno.

Prima del parto la futura mamma è una priorità, si vuole prevedere ogni suo possibile bisogno e, da un momento all’altro, non conta più nemmeno se ha i punti, la gola arsa per la sete, se deve andare in bagno o se ha dovuto affrontare ore di travaglio e dopo è stremata.

Il dolore del parto lo ricordo bene. È il dolore più forte che io riesca ad immaginare. Per chi non riesce a figurarselo nella mente, pensate che l’hanno paragonato alla rottura contemporanea di 22 ossa. 22. Tralasciando eventuali complicazioni. 

Credo sia evidente, a questo punto, quanto sia assurda la pretesa che una mamma sia pronta ad accudire suo figlio senza battere ciglio sin dalle prime ore. 

L’assistenza è qualcosa a cui tutti noi abbiamo diritto.

Credo sia necessario un cambiamento culturale, che porti la società a non concepire più una donna come un’eroina infallibile, capace di essere madre, moglie, donna in carriera, perfetta padrona di casa, ma che accolga i suoi bisogni e la supporti in un momento tanto delicato.

C’è un proverbio che recita ‘per crescere un figlio ci vuole un villaggio’: ecco, oggi più che mai abbiamo bisogno di coltivare l’empatia, di costruire un ambiente che dia a tutti, dalla mamma agli operatori sanitari, la serenità di svolgere al meglio il proprio compito.

Abbiamo la necessità di riscoprire il senso di comunità e di sostegno reciproco. Abbiamo bisogno di fare spazio alla comprensione, metterci in ascolto dei bisogni profondi delle persone e ritrovare una reciproca vicinanza. Anche per crescere una mamma ci vuole un villaggio.”.

genitori in sala parto
Jonathan Borba - Pexels

Che ne è di chi resta fuori dalla sala parto?

Poter condividere questo momento delicatissimo con il partner o con chiunque sia il nostro riferimento emotivo è qualcosa di molto importante. I partner sono ridotti, in molti casi, a meri visitatori, se non esclusi totalmente.

Pensiamo a quanto potrebbe essere importante per tutti garantire uno spazio per il nucleo familiare, tanto più per la neo-mamma che potrebbe ricevere supporto e cura.”

Come gestire le paure di una neo mamma

Come si fa a superare le paure che nascono in una neo-mamma?

Potevo essere io. Ecco cosa ho pensato sentendo il brivido lungo la schiena che mi ha accompagnata per giorni dopo aver letto quello che era accaduto. La paura di non essere capaci, di non essere all’altezza, di sbagliare ad ogni passo, accompagna tutte le mamme. 

Ricordo che il giorno dopo il parto entrò in stanza una psicologa, iniziammo a parlare e, dopo averle raccontato un po' di me, mi disse: ‘Se sei una collega, non c’è bisogno che ti dica che esistono i disturbi del post partum come il maternity blues’

Io risposi con un impeto che mi sorprende ancora oggi: ‘No, questa volta non sono la psicoterapeuta, ma la mamma impaurita. Spiegami tutto!’.

Ogni futura mamma e ogni neo-mamma, hanno bisogno di parole accoglienti, di essere informate, di poter fare domande (tante domande), con la certezza di trovare qualcuno pronto ad ascoltare e a venire in aiuto per costruire la sicurezza che servirà, di lì a sempre, per crescere al meglio i propri figli.

Sentirci sicure e al sicuro, ci darà la forza di non mollare, di non lasciarci abbattere dai consigli non richiesti, dalle critiche e le aspettative che spesso appesantiscono lo stato emotivo di chi ha appena avuto un figlio. 

Le neo-mamme sono fragili quanto i loro bambini e un posto che non rispetta la fragilità, non è mai un bel posto dove stare. Qualunque esso sia."
chiedere aiuto in gravidanza
Mart Production - Pexels

Vuoi lasciare un messaggio alle future mamme e alle neo-mamme?

La gravidanza e la maternità possono essere un momento complesso nella vita di ogni donna. Ogni esperienza di genitorialità è unica, ed è un percorso pieno di dubbi, domande, incertezze, gioie e paure. Ed è normale! Ecco perchè voglio sottolineare quanto sia importante chiedere aiuto

Cercare una guida che supporti la donna lungo tutte le fasi di questa esperienza, permetterà di elaborare, comprendere e imparare a gestire le emozioni che nascono da questo vissuto. Una maggiore consapevolezza sarà fondamentale affinché la mamma e il bambino possano essere pienamente ‘in salute’ e muovere i loro passi nel mondo.”

Questo è un contenuto divulgativo e non sostituisce la diagnosi di un professionista.
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