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Aggressività e violenza: conoscere la prima per evitare la seconda

Aggressività e violenza: conoscere la prima per evitare la seconda
Aggressività e violenza: conoscere la prima per evitare la seconda
Aggressività e violenza: conoscere la prima per evitare la seconda
Redazione
Unobravo
Articolo revisionato dalla nostra redazione clinica
Pubblicato il
7.2.2020
Ultimo aggiornamento il
23.9.2025
Aggressività e violenza: conoscere la prima per evitare la seconda
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Nel linguaggio comune i termini "aggressività" e "violenza" vengono utilizzati come sinonimi. In realtà indicano fenomeni diversi: provando a vederli meglio scopriremo che alcuni aspetti dell'aggressività possono essere persino positivi!

Tanto per i bisogni fisiologici come il cibo, quanto per quelli relazionali, ognuno di noi seleziona dall'ambiente circostante ciò che gli è utile facendolo proprio e scarta ciò che non gli serve: ad esempio non tutte le critiche che riceviamo ci sono utili, e riuscire a distinguerle può fare una grandissima differenza. Le prime ci faranno crescere, le seconde no.

Cosa significa aggressività?

Partiamo dall'etimologia della parola aggressività: il latino ad-gredere originariamente intendeva semplicemente un "andare, camminare verso" qualcuno o qualcosa. Quindi l'aggressività era intesa come un moto positivo che "consente di raggiungere non solo un oggetto utile alla sopravvivenza (il cibo), ma anche l'Altro, una parte dell'ambiente altrettanto utile alla sopravvivenza. Ad-gredere l'Altro vuol dire raggiungerlo, "morderlo", per farlo proprio, non per annientarlo" (Spagnuolo Lobb, 2011).


Il concetto di violenza

Vediamo ora il concetto di violenza, partendo anche qui dalla sua etimologia. Violento deriva dal latino violentus, e ha la sua origine in vis, che indica ciò che vince, opprime, distrugge.  Possiamo intuire subito alcune differenze con quello di “aggressività”. Si tratta di un termine che rimanda ad un potere distruttivo, che non contempla l’Altro, se non come annientato. L'Altro è eliminato e non c'è possibilità di assimilare alcunché. E senza  assimilazione non c'è scambio e quindi non ci può essere crescita.

Pensiamo ad esempio alle persone transgender vittime di transfobia, che subiscono spesso qualche forma di violenza sotto forma di molestia sessuale o verbale nel corso della propria vita. Oppure alla violenza domestica, un tipo di violenza che può avere anche la forma della violenza psicologica e che viene subita in alcune relazioni di coppia o ancora pensiamo alle vittime di bullismo e cyberbullismo.

Charl Folscher - Unsplash

Le differenze tra violenza e aggressività

La violenza ha a che fare con la forza prepotente. In questo caso, a differenza dell'aggressività, non c'è direzione. Aggressività e violenza non si escludono necessariamente a vicenda: si può essere aggressivi e violenti. È però anche possibile essere aggressivi e non violenti: l'esempio più noto è quello del Mahatma Gandhi.


L’aggressività è anche positiva

L'aggressività è un impulso spontaneo e vitale, che può diventare grinta e assertività: caratteristiche che consentono di cogliere le risorse presenti, destrutturare ciò che ci circonda e creare un modo nuovo e originale di esserci. Questo tipo di aggressività:

  • è funzionale all'affermazione di sé
  • aiuta a proteggere sé stessi e ciò che amiamo e riteniamo importante
  • permette di segnalare all'altro che il suo comportamento non ci fa stare bene e non siamo disposti a tollerarlo.

E se in qualche modo “silenziamo” la nostra aggressività? Se priviamo l'Altro di questa parte della nostra verità la relazione ne risentirà:

  • perderà vitalità
  • sarà meno sostanziosa e coinvolgente
  • con il passare del tempo si avvertirà un progressivo svuotamento senza rendersi esattamente conto di quale sia il problema.

Quindi un po' di sana grinta è utile e necessaria per non diventare bersagli troppo facili e non lasciare che gli altri ci usino o non ci vedano. Allo stesso tempo è utile perché l'altro ci senta, percepisca che siamo pienamente coinvolti nella relazione e nell'incontro, o nello scontro, purché non violento.

Andrea Piacquadio - Pexels

La violenza: da dove nasce

Spesso la violenza è il risultato di un senso di impotenza, di “non controllo” di quanto accade, una sorta di tentativo estremo di riportare l'unico ordine che in quel momento si percepisce come accettabile. Può accadere che l'agire violento sia conseguenza di influenze del gruppo sociale (pensiamo ad esempio all'Effetto Lucifero) o ancora derivi dal non aver colto e portato nella relazione, al momento utile, l'aggressività "sana" che abbiamo cercato di definire sopra. Il rischio è l'innesco di un vero e proprio ciclo della violenza.

Usare l’aggressività per essere più consapevoli

Riconoscere l'aggressività come un'esperienza umana possibile, vedendone i diversi aspetti positivi e negativi, costruttivi e distruttivi, è un passo importante verso una maggiore consapevolezza dei propri comportamenti e di quelli di chi ci circonda.

Nell’educazione dei bambini, per esempio, è importante permettere loro di esprimere il dissenso, parlare dell'emozione della rabbia e addirittura dell'odio. Solo conoscendo questi aspetti della vita si impara a trattarli come reali e quindi, si spera, anche a modularli e controllarli, evitando di scadere nell'uso della forza che vìola l'Altro.

In questo percorso di consapevolezza può essere d’aiuto confrontarsi con uno psicologo che lavora su tematiche legate all’aggressività, per esplorare e comprendere meglio queste emozioni in uno spazio sicuro e non giudicante.

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