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minuti di lettura

Aspetti psicologici dell’obesità

Aspetti psicologici dell’obesità
Brigida Piscopo
Psicoterapeuta Sistemico-Relazionale
Redazione
Unobravo
Articolo revisionato dalla nostra redazione clinica
Ultimo aggiornamento il
2.12.2025
Aspetti psicologici dell’obesità
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L’obesità è una malattia cronica complessa caratterizzata da un eccessivo accumulo di grasso corporeo in relazione alla massa magra. Questa condizione può avere gravi conseguenze sulla salute delle persone che ne sono affette e può ridurre l’aspettativa di vita.

Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, l’obesità rappresenta uno dei principali problemi di salute pubblica a livello globale e si sta diffondendo rapidamente non solo nei paesi occidentali, ma anche in molte altre regioni del mondo, con un’incidenza sempre più elevata tra bambini e adolescenti. Il numero di persone con obesità nella popolazione generale, sia nei paesi industrializzati che in quelli in via di sviluppo, continua a crescere costantemente. Oltre agli aspetti fisici, le persone con obesità spesso subiscono isolamento e stigmatizzazione sociale, con conseguenze negative sulla socialità e sul benessere psicologico. In particolare, per bambini e adolescenti con obesità, il trattamento dovrebbe prevedere non solo il cambiamento delle abitudini alimentari e motorie, ma anche la gestione delle difficoltà psicologiche tramite la psicoterapia (Slabá et al., 2020).

Indice di massa corporea e obesità

L’indice di massa corporea (BMI) è il rapporto tra il peso e il quadrato dell’altezza di una persona, ed è suddiviso in quattro categorie: sottopeso, medio, sovrappeso e obeso. Si parla di obesità quando il BMI è maggiore di 30. L’obesità si distingue inoltre in tre stadi:

  • di primo grado quando il BMI è tra 30 e 34,9;
  • di secondo grado se è tra 35 e 39,9;
  • di terzo grado, o estrema, quando è maggiore di 40.

Quali sono le cause dell’obesità?

Le cause di questa condizione sono molteplici e coinvolgono fattori:

  • genetici
  • metabolici
  • ormonali
  • psicologici
  • sociali.

L’interazione tra questi diversi fattori contribuisce a determinare e mantenere il quadro clinico complessivo. Studi di genetica, ad esempio, hanno dimostrato che circa nel 94-95% dei casi, la genetica determina una predisposizione ad aumentare di peso che si manifesta solo interagendo con fattori ambientali.

Questo ci invita a riflettere su un pregiudizio diffuso che porta a considerare la persona con obesità semplicemente come pigra, golosa o priva di forza di volontà.

Andres Ayrton - Pexels

Cause psicologiche dell’obesità: una panoramica

Le cause psicologiche dell’obesità sono numerose e spesso si intrecciano con fattori biologici e sociali, rendendo questa condizione particolarmente complessa da comprendere e affrontare. Secondo il DSM-5 (Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali, American Psychiatric Association, 2013), alcuni disturbi psicologici possono contribuire allo sviluppo e al mantenimento dell’obesità, tra cui il disturbo da alimentazione incontrollata (BED) e la depressione.

Tra i principali meccanismi psicologici coinvolti troviamo:

  • Pensiero dicotomico (tutto o nulla): molte persone con obesità possono interpretare i comportamenti alimentari in modo estremo, ad esempio considerando una piccola trasgressione come un fallimento totale, il che può portare a perdere il controllo e a mangiare in eccesso.
  • Bassa autostima: una percezione negativa di sé può favorire l’uso del cibo come strumento di consolazione o di gestione delle emozioni spiacevoli.
  • Difficoltà nella regolazione emotiva: alcune persone faticano a riconoscere e gestire le proprie emozioni, ricorrendo al cibo per alleviare stati d’animo come ansia, tristezza o noia.
  • Esperienze traumatiche o stress prolungato: eventi avversi vissuti nell’infanzia o nell’età adulta possono essere associati a un aumento del rischio di sviluppare comportamenti alimentari disfunzionali, come suggerito da numerosi studi clinici (Felitti et al., 1998).
  • Dipendenza relazionale: in alcuni casi, la difficoltà a stabilire relazioni soddisfacenti o la paura dell’abbandono può portare a cercare conforto nel cibo.

Questi fattori non agiscono mai isolatamente, ma si influenzano a vicenda, contribuendo a creare un circolo vizioso che può essere difficile da interrompere senza un supporto adeguato.

Cause psicologiche e conseguenze psicologiche: un rapporto bidirezionale

È importante distinguere tra le cause psicologiche che possono favorire l’insorgenza dell’obesità e le conseguenze psicologiche che ne derivano. Spesso, infatti, questi due aspetti si alimentano reciprocamente, creando un ciclo difficile da spezzare.

  • Cause psicologiche: includono fattori come la difficoltà nella gestione delle emozioni, la tendenza a utilizzare il cibo come risposta allo stress o a emozioni negative, e la presenza di disturbi dell’umore o d’ansia preesistenti.
  • Conseguenze psicologiche: l’obesità può portare a una riduzione dell’autostima, isolamento sociale, sintomi depressivi e ansiosi, e un peggioramento della qualità della vita.

Questo rapporto bidirezionale implica che, per un trattamento efficace, sia necessario intervenire sia sulle cause che sulle conseguenze psicologiche, adottando un approccio integrato che tenga conto della complessità della persona.

Foto di Alex Green – Pexels

Obesità e disturbi psicologici

Tra i fattori coinvolti, gli aspetti psicologici, emotivi, comportamentali e di personalità sono spesso sottostimati anche quando si cercano soluzioni al problema. Le prime ricerche empiriche sul contributo causale dei fattori psicologici risalgono agli anni Sessanta. L’obesità è anche associata ad alcuni quadri clinici psicopatologici importanti come il Binge Eating Disorder (BED o disturbo da alimentazione incontrollata), che raggiunge tassi tra il 7 e il 39% in campioni di persone con obesità in cerca di trattamento.

Questo disturbo fa parte dei DCA ed è caratterizzato da episodi ricorrenti di abbuffate, associati alla sensazione di perdita di controllo e seguiti da un notevole disagio psicologico, senso di colpa e tristezza. È importante precisare, però, che non tutte le persone con obesità presentano le caratteristiche dei pazienti con BED e non tutti i soggetti con BED sono obesi.

Le conseguenze psicologiche dell’obesità

Altri disturbi psicologici associati all’obesità sono:

Anche se non è ancora chiaro se queste condizioni precedano o seguano l’obesità, è fondamentale, sia in fase diagnostica che nell’elaborazione di un programma terapeutico, tenere in considerazione anche quegli aspetti psicologici e psicopatologici che possono ostacolare l’adesione della persona alla terapia e il suo successo. In particolare, lo stigma e la discriminazione legati al peso generano stress psicologico e rappresentano ulteriori barriere che possono compromettere i tentativi di controllo del peso (Steptoe & Frank, 2023).

Marijana1 - Pixabay.

Dati epidemiologici e comorbidità tra obesità e disturbi psicologici

L’obesità può essere frequentemente associata a disturbi psicologici, con una prevalenza che varia a seconda delle popolazioni studiate. Secondo una revisione pubblicata su "The Lancet Psychiatry" (2017), circa il 30% delle persone con obesità presenta sintomi depressivi clinicamente significativi. Un’analisi di 8 studi di randomizzazione mendeliana ha inoltre evidenziato che l’obesità è associata a un rischio di depressione superiore del 33% (OR = 1,33; intervallo di confidenza 95%: 1,19-1,48) (Jokela & Laakasuo, 2023). Questi dati sottolineano l’importanza di valutare sempre la presenza di disturbi psicologici in chi soffre di obesità, per poter offrire un percorso terapeutico realmente efficace e personalizzato.

Cosa succede nella testa di una persona obesa

Come si può intuire, le persone con obesità hanno uno stile alimentare e di vita che si associa alla sovralimentazione, ma solo con studi recenti si è cercato di comprendere i meccanismi e i nessi tra ciò che accade nel cervello e il comportamento manifesto di chi si sovralimenta. Vediamone alcuni.

Controllo e consapevolezza

Quando le persone con obesità devono controllare le quantità di cibo ingerite, tendono a valutare come più rilevanti gli aspetti visivi del cibo, come ad esempio quanto resta nel piatto, l’aspetto e la varietà del cibo presentato, piuttosto che gli stimoli interni di appetito e sazietà. Questo significa che spesso per decidere se smettere di mangiare non venga preso in considerazione il senso di sazietà (che tra l’altro non sempre riescono a identificare) ma la quantità di cibo presente nel piatto.

Processi decisionali

Le persone con obesità, così come accade a chi fa abuso di sostanze, quando devono prendere una decisione hanno una maggiore inclinazione a preferire ricompense immediate e di minor valore, piuttosto che maggiori ma posticipate.

Quindi, in condizioni di stress, ansia o difficoltà di altro tipo, può essere più difficile valutare gli effetti a lungo termine di un’abbuffata e confrontarli con la gratificazione immediata ottenuta con l’ingestione di cibo, per decidere se continuare o fermarsi.

Hellosoyeon - Pixabay

Meccanismi di dipendenza

Un filone di studi ha considerato l’overeating (sovralimentazione) come categoria delle dipendenze, arrivando a parlare di dipendenza da cibo. Tali condizioni hanno diversi fattori in comune, uno dei più significativi è il coinvolgimento del sistema della ricompensa, ovvero l’insieme dei circuiti neurali che incoraggiano la ripetizione di un’azione ricompensandola con sensazioni di piacere, benessere, pienezza.

Obesità ed overeating però hanno anche importanti differenze, che rendono i due fenomeni chiaramente non sovrapponibili. La questione è ancora aperta e potrebbe aprire nuove strade per la comprensione e la cura di questa condizione.

Tanti alleati per una soluzione

Se, come già accennato, l’obesità è una patologia multifattoriale, anche il trattamento dovrebbe riflettere tale complessità e integrare diversi interventi su più livelli. L’ideale è il coinvolgimento di diverse figure specializzate:

  • psicologo
  • nutrizionista
  • medico.

Un approccio multidisciplinare e integrato aiuta a evitare i frequenti fallimenti dovuti a soluzioni fai-da-te e diete all’ultima moda, che rischiano di esacerbare il problema alimentando autosvalutazione, frustrazione e insicurezza.

Strategie pratiche per riconoscere e affrontare i fattori psicologici

Riconoscere i fattori psicologici che contribuiscono all’obesità può rappresentare il primo passo per poterli affrontare in modo efficace. Ecco alcune strategie che possono aiutare:

  • Praticare la consapevolezza alimentare (mindful eating): imparare a prestare attenzione ai segnali di fame e sazietà, rallentando il ritmo dei pasti e osservando le proprie emozioni durante il momento del pasto.
  • Regolazione emotiva: sviluppare tecniche per riconoscere e gestire le emozioni difficili senza ricorrere automaticamente al cibo, come la scrittura espressiva o la respirazione consapevole.
  • Identificare i pensieri disfunzionali: imparare a riconoscere e mettere in discussione i pensieri negativi su sé stessi e sul proprio corpo, magari con l’aiuto di un professionista.
  • Stabilire obiettivi realistici: fissare piccoli traguardi raggiungibili può aiutare a mantenere la motivazione e a ridurre il senso di fallimento.
  • Cercare supporto: rivolgersi a uno psicologo o a gruppi di sostegno può essere fondamentale per affrontare le difficoltà emotive e comportamentali legate all’obesità.

Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS, 2022), un approccio che integra il supporto psicologico con quello nutrizionale e medico può aumentare significativamente le probabilità di successo nel trattamento dell’obesità.

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