Il termine dismorfofobia deriva dal greco dis-morphé (forma distorta) e phobos (timore) ed è la convinzione di avere uno o più difetti fisici molto evidenti che generano un grande disagio nella persona.
Le persone che vivono questa esperienza sono eccessivamente preoccupate di presunti difetti fisici che, però, agli occhi degli altri risultano non rilevabili o estremamente ridotti. Spesso dedicano molto tempo a processi di pensiero che assumono il carattere dell’ossessività, generando vissuti angosciosi e depressivi.
Molte persone con disturbo da dismorfismo corporeo (BDD, cioè body dysmorphic disorder) ricorrono a trattamenti cosmetici, fino alla chirurgia estetica, nel tentativo di eliminare i difetti percepiti. Tuttavia, queste azioni si rivelano spesso inefficaci e possono addirittura peggiorare il disturbo.
Chi soffre di BDD può trovarsi fortemente limitato, soprattutto nella sfera sociale, arrivando ad evitare molte situazioni per non dover affrontare la vergogna di esporsi a un pubblico percepito come giudicante o umiliante. Per questo è fondamentale riconoscere il disturbo ed effettuare un’accurata diagnosi differenziale per indirizzare al meglio il percorso terapeutico.

Il dismorfismo corporeo nel DSM-5
Nell’ultima edizione del DSM-5-TR (American Psychiatric Association, 2022), il disturbo da dismorfismo corporeo (Body Dysmorphic Disorder, BDD) è classificato tra i disturbi correlati al disturbo ossessivo-compulsivo. I criteri diagnostici prevedono:
- Preoccupazione per uno o più difetti percepiti nell’aspetto fisico, che agli altri appaiono lievi o non osservabili.
- Presenza, nel corso del disturbo, di comportamenti ripetitivi (ad esempio, controllarsi allo specchio, eccessiva cura personale, richiesta di rassicurazioni) o di atti mentali (come confrontarsi con l’aspetto degli altri) in risposta alle preoccupazioni per l’aspetto.
- Disagio clinicamente significativo o compromissione del funzionamento in ambito sociale, lavorativo o in altre aree importanti.
- La preoccupazione non è meglio spiegata da sintomi di un disturbo dell’alimentazione.
Il Manuale prevede inoltre due specificatori:
- Con dismorfismo muscolare, quando la preoccupazione principale riguarda l’idea che la propria muscolatura sia insufficiente o troppo piccola (più frequente negli uomini).
- Livello di insight, che può essere buono/adeguato, scarso o assente/con convinzioni deliranti, in base al grado di consapevolezza rispetto alle proprie convinzioni sull’aspetto fisico.
Evoluzione storica e classificazione del disturbo da dismorfismo corporeo
Il disturbo da dismorfismo corporeo ha una lunga storia clinica che risale alla fine dell’Ottocento, quando il neurologo italiano Enrico Morselli introdusse per la prima volta il termine dismorfofobia (Morselli, 1891), descrivendo una paura ossessiva e ingiustificata di avere un difetto fisico immaginario o minimo.
Nel corso del tempo, la definizione e la collocazione diagnostica del disturbo sono state oggetto di numerose revisioni. Nell’ICD-10 dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, il disturbo era classificato tra i disturbi somatoformi, mentre nel DSM-IV (American Psychiatric Association, 1994) veniva incluso nella stessa categoria come disturbo somatoforme distinto.
Solo con la pubblicazione del DSM-5 (American Psychiatric Association, 2013) il disturbo è stato riclassificato tra i disturbi ossessivo-compulsivi e correlati, in ragione della natura intrusiva e ripetitiva delle preoccupazioni legate all’aspetto fisico e dei comportamenti compulsivi associati.
Questa evoluzione riflette una crescente comprensione della fenomenologia del disturbo, nonché delle sue affinità con altri disturbi ossessivo-compulsivi, evidenziando l’importanza di una diagnosi accurata e di interventi terapeutici mirati.
Diagnosticare la dismorfofobia
La diagnosi del disturbo da dismorfismo corporeo si basa principalmente sul colloquio clinico e su una raccolta anamnestica approfondita, finalizzati a valutare la presenza e la pervasività delle preoccupazioni legate all’aspetto fisico, nonché l’impatto che queste hanno sul funzionamento della persona.
Tuttavia, il processo diagnostico può essere supportato da strumenti psicometrici standardizzati, che aiutano a identificare i casi sospetti e a quantificare la gravità dei sintomi.
Tra gli strumenti di screening più utilizzati vi è il Body Dysmorphic Disorder Questionnaire (BDDQ), sviluppato dalla psichiatra Katharine A. Phillips. Si tratta di un questionario breve e autocompilato che, in uno studio di validazione condotto su 66 partecipanti, ha mostrato una sensibilità del 100% e una specificità dell’89% (Phillips, 2005).
Per un approfondimento diagnostico, è inoltre disponibile il BDD Diagnostic Module, una intervista strutturata ideata dalla stessa autrice per facilitare l’inquadramento clinico del disturbo in accordo con i criteri DSM.
Questi strumenti, utilizzati in integrazione con il giudizio clinico, possono contribuire a migliorare l’accuratezza diagnostica e a orientare la pianificazione dell’intervento terapeutico.

Diagnosi differenziale
Come per tutti i disturbi psichici, è importante effettuare un'accurata diagnosi differenziale.
Un primo distinguo va fatto tra BDD e disturbo della nutrizione e dell’alimentazione (DNA), in particolare l’anoressia nervosa: nei DNA, l’attenzione coinvolge l’intera immagine corporea, mentre nel BDD la persona è solitamente focalizzata su uno o pochi specifici difetti fisici che non riguardano il grasso o il peso.
Oltre a questa differenza, se ne evidenziano altre: il peso corporeo, che nei casi di anoressia è significativamente al di sotto della norma, mentre nelle persone con BDD si mantiene normale. Nei DNA, la sensazione di inadeguatezza può essere affrontata attraverso un controllo stretto sulla dieta, mentre nella dismorfofobia nessun controllo o cambiamento fisico risulta utile a eliminare il presunto difetto corporeo.
Un altro disturbo da differenziare dal BDD è il disturbo ossessivo-compulsivo. Entrambi sono caratterizzati da condotte ripetitive ed egodistoniche, ma la motivazione alla base è diversa: anche se possono esserci preoccupazioni ossessive relative al corpo, nel DOC la motivazione riguarda il dominio della moralità. Ad esempio, una persona con DOC può controllare ossessivamente il proprio corpo per essere certa di non avere qualcosa che possa rappresentare un pericolo per gli altri, sviluppando il cosiddetto senso di colpa deontologico.
È importante anche effettuare diagnosi differenziale con disturbi depressivi, fobia sociale e disturbo evitante di personalità.
Sintomi del dismorfismo corporeo: una panoramica dettagliata
Il dismorfismo corporeo si manifesta attraverso una varietà di sintomi che possono essere suddivisi in tre principali categorie: cognitivi, comportamentali ed emotivi. Comprendere queste differenze può aiutare a riconoscere il disturbo e a distinguerlo da altre condizioni simili.
Tra i sintomi cognitivi si trovano la preoccupazione persistente e intrusiva per uno o più difetti percepiti nell'aspetto fisico, spesso minimi o inesistenti agli occhi degli altri, pensieri ossessivi sull’aspetto che possono occupare molte ore al giorno e la convinzione che gli altri notino e giudichino negativamente il presunto difetto.
Sul piano comportamentale, sono frequenti comportamenti ripetitivi come controllarsi allo specchio, toccare o coprire la parte del corpo considerata difettosa, la ricerca costante di rassicurazioni da parte di amici, familiari o professionisti, l’evitamento di situazioni sociali, fotografie o luoghi pubblici per paura di essere giudicati, e il ricorso a trattamenti cosmetici o chirurgici, spesso senza ottenere una soddisfazione duratura.
Dal punto di vista emotivo, si riscontrano ansia intensa e disagio legato all’aspetto fisico, sentimenti di vergogna, imbarazzo o bassa autostima, e un umore depresso che nei casi più gravi può arrivare fino a pensieri suicidari.
È importante sottolineare che il disturbo da dismorfismo corporeo può compromettere in modo significativo il funzionamento personale, sociale e lavorativo, determinando una notevole riduzione della qualità della vita. Inoltre, diversi studi evidenziano un rischio suicidario elevato tra le persone che ne soffrono (Rück et al., 2024). L’intensità e la frequenza dei sintomi possono variare considerevolmente, ma nella maggior parte dei casi essi incidono profondamente sul benessere psicologico e sulla capacità di condurre una vita quotidiana soddisfacente.
Eziopatogenesi e incidenza del disturbo da dismorfismo corporeo
Come per la maggior parte dei disturbi psichici, anche nel disturbo da dismorfismo corporeo si osserva un’eziologia complessa, che comprende fattori biologici, psicologici e sociali.
Dal punto di vista biologico, diversi studi indicano la presenza di una componente ereditaria. Una ricerca condotta su coppie di gemelli ha mostrato che circa il 44% dei gemelli monozigoti condivide preoccupazioni dismorfiche, suggerendo un contributo genetico significativo (Monzani et al., 2012). Inoltre, circa l’8% delle persone con diagnosi di BDD riferisce la presenza di almeno un altro caso del disturbo all’interno della propria famiglia (Phillips, 2005).
Le evidenze neuroscientifiche più recenti, derivate da studi di neuroimaging, suggeriscono la presenza di alterazioni funzionali e strutturali in aree cerebrali coinvolte nell’elaborazione visiva ed emotiva, in particolare nelle regioni occipito-temporali e limbiche. Tuttavia, tali dati non consentono ancora di trarre conclusioni definitive sulla fisiopatologia del disturbo (Rück et al., 2024).
Le vulnerabilità biologiche si intrecciano con fattori psicosociali. Tra questi, esperienze traumatiche come abusi fisici o sessuali durante l’infanzia risultano frequentemente riportate da persone con dismorfismo corporeo (Buhlmann et al., 2012). Inoltre, l’influenza dei canoni di bellezza socialmente imposti contribuisce a mantenere un costante confronto con modelli ideali, alimentando vissuti di inadeguatezza e auto-percezioni distorte.
Il disturbo da dismorfismo corporeo è relativamente frequente, con una prevalenza stimata tra l’1,7% e il 2,9% nella popolazione generale (Hartmann & Buhlmann, 2017). Le percentuali risultano significativamente più elevate in contesti specifici: si stima una prevalenza del 7,4% nei pazienti psichiatrici ricoverati e fino al 20,1% tra i soggetti che si sottopongono a rinoplastica (Veale et al., 2016).

Fattori di rischio e cause del disturbo da dismorfismo corporeo
Le cause del disturbo da dismorfismo corporeo sono complesse e multifattoriali, risultando dall’interazione tra fattori genetici, biologici, ambientali e psicosociali.
Sul piano genetico e biologico, studi condotti su gemelli hanno evidenziato una componente ereditaria significativa, con una concordanza del 44% tra gemelli monozigoti per le preoccupazioni dismorfiche (Monzani et al., 2012). Inoltre, alcune ricerche ipotizzano il coinvolgimento di disfunzioni nei sistemi neurotrasmettitoriali serotonergici, analogamente a quanto osservato nei disturbi ossessivo-compulsivi.
Gli studi di neuroimaging suggeriscono la presenza di alterazioni funzionali e strutturali nelle aree cerebrali implicate nell’elaborazione visiva ed emotiva — in particolare nelle regioni occipito-temporali e limbiche —, sebbene non sia ancora possibile trarre conclusioni definitive sulla fisiopatologia del disturbo (Rück et al., 2024).
Tra i fattori ambientali, le esperienze traumatiche infantili, come abusi fisici o sessuali, sono riportate con maggiore frequenza nelle persone con BDD rispetto alla popolazione generale (Buhlmann et al., 2012).
Dal punto di vista psicosociale, i canoni di bellezza veicolati dai media e dalla cultura dominante possono amplificare la vulnerabilità individuale, specialmente negli adolescenti e nei giovani adulti. La pressione sociale a conformarsi a standard estetici irrealistici favorisce l’insoddisfazione corporea e, nei casi più gravi, può contribuire allo sviluppo del disturbo.
Sul piano psicologico individuale, caratteristiche come bassa autostima, perfezionismo e tratti di personalità ossessivi sono frequentemente riscontrate nei soggetti con BDD, rendendoli più suscettibili a sviluppare preoccupazioni eccessive per l’aspetto fisico.
È importante sottolineare che la presenza di questi fattori non implica necessariamente l’insorgenza del disturbo, ma ne aumenta la probabilità quando essi si combinano e si rinforzano reciprocamente.
Dismorfofobia e altri disturbi
Numerosi studi hanno evidenziato che le comorbilità psichiatriche nelle persone con disturbo da dismorfismo corporeo (BDD) sono molto elevate. Tra le diagnosi più frequentemente associate figurano il disturbo ossessivo-compulsivo, i disturbi d’ansia, il disturbo depressivo maggiore, l’ADHD e i disturbi dello spettro autistico (Rück et al., 2024).
Con riferimento ai disturbi di Asse I (Gunstad & Phillips, 2003), la comorbilità più comune è quella con il disturbo depressivo maggiore, la cui prevalenza varia dal 55% all’83% a seconda del campione considerato. Tale associazione può contribuire a spiegare l’alta incidenza di ideazione e comportamenti suicidari osservata nei soggetti con BDD.
Tra le altre comorbilità rilevanti figurano le dipendenze da alcol o sostanze (30–50%), la fobia sociale (37–39%) e il disturbo ossessivo-compulsivo (32–33%).
Anche i disturbi di personalità (Asse II) risultano frequentemente associati. Uno studio di Hollander et al. (1993) ha riscontrato una comorbilità del 16% con i disturbi di personalità del Cluster C (evitante, dipendente, ossessivo-compulsivo), del 12% con quelli del Cluster B (istrionico, narcisistico, antisociale, borderline) e del 10% con i disturbi del Cluster A (paranoide, schizoide, schizotipico).
In un successivo studio, Phillips e McElroy (2000) hanno valutato, tramite la Structured Clinical Interview for DSM-IV Axis II Personality Disorders (SCID-II), un campione di 148 persone con diagnosi di BDD, rilevando che il 57% soddisfaceva i criteri per uno o più disturbi di personalità. In particolare, il disturbo evitante di personalità era presente nel 43% dei casi, seguito dal disturbo dipendente (15%), ossessivo-compulsivo e paranoide (14%).
Più recentemente, Sahraian et al. (2021) hanno osservato tratti narcisistici nel 29,5% di un campione di 380 pazienti con diagnosi di BDD, suggerendo che la presenza di tali caratteristiche possa costituire un ulteriore fattore di vulnerabilità nella percezione e nella regolazione dell’immagine corporea.
Il lavoro clinico con il paziente con dismorfofobia
Il trattamento del disturbo da dismorfismo corporeo prevede solitamente una combinazione di terapia farmacologica e psicoterapia, adattata alla gravità del quadro clinico e al livello di insight del paziente.
Sul piano farmacologico, il trattamento di prima scelta consiste nella somministrazione di inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI), che si sono dimostrati efficaci nella riduzione delle preoccupazioni dismorfiche, soprattutto nei casi in cui coesistono comorbilità depressive o manifestazioni deliranti (Phillips, 2005).
Per quanto riguarda la psicoterapia, l’approccio cognitivo-comportamentale (CBT) rappresenta attualmente il trattamento con la maggiore evidenza empirica. Una delle tecniche più utilizzate è l’Esposizione con Prevenzione della Risposta (Exposure and Response Prevention – ERP), che consiste nell’esposizione graduale alle situazioni temute (ad esempio, guardarsi allo specchio, trovarsi in ambienti sociali o molto illuminati, indossare abiti scoperti) e nella contemporanea inibizione dei comportamenti di controllo o evitamento.
Durante le sessioni di ERP, il paziente viene incoraggiato a non mettere in atto comportamenti protettivi come l’uso eccessivo di trucco, occhiali o abiti coprenti, e a tollerare progressivamente il disagio legato alla propria immagine corporea e alla percezione del giudizio altrui.
Altri interventi efficaci nell’ambito della CBT comprendono:
- la psicoeducazione sui meccanismi di mantenimento del disturbo;
- il training attentivo (Attention Training Technique, ATT; Wells, 1990), utilizzato soprattutto nella terapia metacognitiva;
- la ristrutturazione cognitiva delle convinzioni disfunzionali relative all’aspetto fisico;
- il mirror retraining (riaddestramento allo specchio), volto a modificare il modo in cui la persona osserva e interpreta la propria immagine riflessa (Krebs et al., 2017; Wilhelm et al., 2012).
In generale, l’obiettivo del trattamento è favorire una visione più integrata e meno selettiva del corpo, aiutando il paziente ad ampliare il focus attentivo e a considerare la propria immagine corporea in modo più “olistico” e realistico.
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Efficacia dei trattamenti
Numerosi studi hanno dimostrato l’efficacia della terapia cognitivo-comportamentale (TCC) nel trattamento del disturbo da dismorfismo corporeo. In particolare, interventi basati sull’esposizione con prevenzione della risposta (ERP) e sulla ristrutturazione cognitiva si sono rivelati efficaci nel ridurre significativamente i sintomi e nel migliorare il funzionamento globale dei pazienti (Neziroglu & Khemlani-Patel, 2002; McKay, 1999).
Negli ultimi anni, alcune ricerche hanno esplorato l’integrazione di tecniche di mindfulness nel trattamento del BDD, evidenziando risultati promettenti (Gu & Zhu, 2023). L’approccio mindfulness aiuta la persona a sviluppare consapevolezza e accettazione dei propri pensieri, emozioni e sensazioni corporee, riducendo le risposte impulsive o evitanti. Tale modalità favorisce una relazione più equilibrata con la propria immagine corporea e contribuisce a diminuire i livelli di ansia e preoccupazione legati all’aspetto fisico.
Un ulteriore approccio di crescente interesse è rappresentato dall’Eye Movement Desensitization and Reprocessing (EMDR), che ha mostrato un potenziale significativo nel trattamento di numerosi disturbi psicologici caratterizzati da esperienze traumatiche o intrusive, tra cui anche la dismorfofobia. Sebbene le evidenze empiriche specifiche per il BDD siano ancora limitate, diversi studi clinici preliminari suggeriscono un miglioramento dei sintomi dismorfofobici attraverso la rielaborazione di ricordi traumatici legati al corpo e all’immagine di sé (Brown & Shapiro, 2006).
È fondamentale che psicologi e psicoterapeuti acquisiscano una conoscenza approfondita del disturbo e delle sue specificità diagnostiche, così da evitare errori di inquadramento e orientare correttamente il trattamento. Allo stesso modo, è auspicabile che tale consapevolezza si estenda anche ai medici e ai chirurghi estetici, che spesso si trovano in prima linea nel contatto con persone che manifestano sintomi dismorfofobici.
Il lavoro clinico con il disturbo da dismorfismo corporeo richiede dunque un approccio integrato e multidisciplinare, che combini strategie terapeutiche evidence-based con una comprensione empatica delle esperienze soggettive del paziente. Solo attraverso un percorso individualizzato è possibile favorire un miglioramento stabile della qualità di vita e del benessere psicologico di chi convive con questo disturbo complesso e debilitante.
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Se ti riconosci nei vissuti descritti o senti che la preoccupazione per il tuo aspetto fisico sta influenzando la tua serenità e le tue relazioni, ricorda che non sei solo: il dismorfismo corporeo è un disturbo che può essere affrontato e, in alcuni casi, superato con il giusto supporto. Da Unobravo puoi trovare uno psicologo online esperto, pronto ad ascoltarti e a guidarti in un percorso personalizzato e rispettoso dei tuoi tempi e delle tue esigenze. Prendersi cura della propria salute mentale è un atto di coraggio e amore verso se stessi. Non rimandare: inizia il questionario per trovare il tuo psicologo online e fare il primo passo verso una nuova consapevolezza e un maggiore benessere.









