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Salute mentale
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minuti di lettura

Dottore, ho paura delle mie emozioni!

Dottore, ho paura delle mie emozioni!
Serena Tomassetti
Redazione
Unobravo
Articolo revisionato dalla nostra redazione clinica
Ultimo aggiornamento il
2.12.2025
Dottore, ho paura delle mie emozioni!
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La paura è un’emozione di base che caratterizza ogni essere umano. Ognuno di noi ha un certo numero di eventi, situazioni o oggetti che lo spaventano o lo preoccupano. Che si tratti di un colloquio di lavoro, di parlare davanti a un pubblico o di entrare in ascensore, la paura fa parte della normale esperienza umana. Ma cosa succede quando la paura non riguarda eventi esterni, ma qualcosa di interiore? Cosa avviene quando a spaventarci sono le nostre stesse emozioni?

Immagina per un attimo di essere alla guida di un aereo. Sei l’unico pilota. Di fronte ai tuoi occhi ci sono decine di schermi, pulsanti luminosi, radar e contatori che permettono di monitorare il livello del carburante, la rotta, la velocità, la presenza di anomalie nel funzionamento del motore, le condizioni atmosferiche e altri indici di vitale importanza.

Foto di Nikolaos Dimou – Pexels

C’è un inconveniente: non sai assolutamente decifrare gli allarmi e i codici emessi dagli strumenti di bordo. Riusciresti comunque ad arrivare a destinazione, o almeno a evitare lo schianto? Pilotare senza prestare attenzione agli strumenti di bordo equivale ad andare alla cieca, ed è quello che capita a molte persone nella gestione delle emozioni. Gli strumenti di bordo sono le sensazioni fisiche che segnalano la presenza di un’emozione dolorosa o difficile da gestire.

Quante volte ti è capitato di ignorare alcuni segnali del tuo corpo a cui non riuscivi a dare un significato? Tachicardia, respiro corto, tensione muscolare, percezione di un peso sul petto o di un groviglio nello stomaco: il nostro organismo conosce molteplici strategie per avvertirci di una minaccia, reale o percepita. Tuttavia, è stato osservato che la paura della rabbia, della depressione e persino delle emozioni positive può predire la paura delle sensazioni corporee indotte sperimentalmente, anche nelle persone senza una precedente storia di attacchi di panico (Williams et al., 1997). Cosa succede quando non riusciamo a dare un nome, ad assegnare un’etichetta emotiva alle sensazioni che affiorano a livello fisico?

‍L'illusione del controllo

Molte volte siamo noi stessi a non prestare attenzione agli strumenti di bordo per il timore di stare a contatto con emozioni o pensieri che preferiamo ignorare. In questo modo otteniamo l’illusione di avere un controllo continuo sulla nostra vita: cerchiamo di distrarci pensando che questo farà semplicemente “sparire” l’emozione dolorosa o spiacevole che stavamo provando. In realtà si tratta di un auto-inganno potenzialmente dannoso.

Chris Leipelt - Unsplash

Sentire le emozioni è indispensabile per diversi scopi:

  • gestire in anticipo le situazioni che ci spaventano e arrivare preparati;
  • capire cosa è importante per noi;
  • mettere a fuoco eventi o situazioni potenzialmente dannose per poterci attivare e modificarle;
  • regolare il nostro comportamento e le nostre scelte;
  • vivere le relazioni in modo funzionale.

Ma perché le persone dovrebbero scegliere di “non sentire”? Da dove deriva la paura dell'introspezione e di stare a contatto con le proprie emozioni? Per molte persone, provare emozioni intense come tristezza o ansia può essere vissuto come un segno di debolezza: tale sentimento di vulnerabilità può generare vissuti di paura o di vergogna. Per evitare di sentirsi deboli, si può avere la tendenza a banalizzare e minimizzare le emozioni, attribuendole a qualche evento accidentale. Sono ricorrenti frasi come “il passato è passato, inutile rivangare”, “non ha importanza”, “ormai sono abituato”, per togliere rilevanza e intensità a stati emotivi problematici.

Il pensiero razionale si oppone dunque alle emozioni, che vengono relegate al mondo del sentimentalismo e della debolezza. La paura di sentire determina una perdita di contatto con il proprio sé e può rendere più difficili i rapporti umani significativi, perché tende a creare distanza tra sé e l’altro. Inoltre, il continuo tentativo di non vedere le proprie emozioni comporta un ingente sforzo che può avere conseguenze negative sulla salute.

Come fuggiamo dalle nostre emozioni?

Oltre alla distrazione, le persone possono adottare varie strategie di evitamento – cognitive, comportamentali o relazionali – nel tentativo di allontanarsi dalle proprie emozioni. Vediamone alcune:

1) Razionalizzare

Affrontare i problemi facendo esclusivo affidamento sulla razionalità comporta un progressivo distacco dal proprio mondo emotivo e dalle sensazioni corporee. In questo modo, le emozioni vengono progressivamente oscurate da un processo di negazione, messo in atto per evitare il conflitto interiore che esse potrebbero generare. La razionalizzazione, pur offrendo l’illusione di mantenere il controllo sulle proprie oscillazioni emotive, si rivela in realtà una forma di evitamento. L’unico autentico controllo possibile risiede nella capacità di restare in contatto con i propri vissuti, così da poterli riconoscere, elaborare e integrare con le altre rappresentazioni del sé.

Esempio: Filippo sente un interesse verso Lia, che ha conosciuto tramite amici in comune. Vorrebbe chiederle di uscire ma teme di essere rifiutato. I suoi amici notano che prova qualcosa per lei, e lo incoraggiano a invitarla a cena, ma Filippo in imbarazzo risponde: “Non invito Lia ad uscire perché non mi sembra una ragazza così interessante”.

Victor Garcia - Unsplash

2) Trattenere

Spesso ci tratteniamo dal manifestare le nostre emozioni perché ci sentiamo così sovraccarichi interiormente che, quando ci lasciamo andare, rischiamo di eccedere in vere e proprie esplosioni emotive. Accumulare tensione e frustrazione porta infatti a tirare fuori le emozioni in misura sproporzionata. Tali esplosioni espongono al rischio di un giudizio negativo o di un rifiuto da parte degli altri.

L’emozione può svolgere la sua specifica funzione solo se viene lasciata “scorrere” e viene accolta con pienezza. In questo modo non solo riusciamo a utilizzare l’emozione come fonte di informazione su ciò che ci sta capitando, ma aumentiamo le probabilità di ottenere, attraverso la relazione, l’affetto e la condivisione necessarie per lenire le nostre emozioni dolorose.

Esempio: Matteo subisce diverse ingiustizie sul posto di lavoro. Il capo si approfitta della sua disponibilità e del suo buon carattere per assegnargli lavori extra che spesso lo portano a rimanere in ufficio molto oltre il suo orario di lavoro. Matteo sente di non poter dire di no, ma questo gli fa accumulare rabbia e frustrazione, che cerca di trattenere. Finché un giorno, per l’ennesima richiesta fuori luogo del capo, urla “Basta!” e lancia a terra tutte le cartelle.

3) Disconnettersi

Nel riferire episodi emotivi, alcune persone tendono a utilizzare parole vuote, disincarnate, fatte di interpretazioni e valutazioni. Non riescono a cogliere la differenza tra emozione e pensiero e tra emozione e sensazione. Solo le attivazioni emotive molto intense vengono riconosciute e, anche in questo caso, le emozioni possono essere descritte solo nella loro componente somatica.

È il caso dei disturbi psicosomatici. Per la maggior parte del tempo si è letteralmente “disconnessi” dalle emozioni e, in alcuni casi, tale disconnessione può riguardare anche il corpo in generale: è possibile arrivare a percepire il proprio corpo come anonimo e sterile, tanto da non sentire nulla, irrigidirsi in caso di contatto fisico (abbracci, carezze…) o provare ansia quando qualcuno lo ricerca (è il caso dell'afefobia). In questi casi si parla di anestesia emotiva.

Esempio: In seduta, Martina descrive la sua settimana dicendo: “È stata una settimana tranquilla, niente di che”. Incoraggiata a entrare nel dettaglio e a descrivere alcune situazioni che le sono capitate, dice: “Sì beh quando sono in classe non è tanto bello, a volte non riesco a respirare e mi viene da piangere”. Il terapeuta le chiede di approfondire e di mettere a fuoco quale sia l’emozione in questione e a quali eventi o situazioni possa essere legata, e Martina risponde: “Non lo so, mi viene da piangere e basta”.

Kelly Sikkema - Unsplash

‍Fuggire dalle emozioni: quali conseguenze?

Applicare questo tipo di strategie, intenzionalmente o meno, può determinare uno stato di “anestesia emotiva”, un torpore che offre un senso di controllo illusorio, di stabilità ingannevole. Tali aspetti, seppur temporaneamente rassicuranti, possono essere dannosi quando la persona non riesce a utilizzare le proprie emozioni come bussola per orientare il comportamento e le decisioni. L’immersione in uno stato ovattato riduce la possibilità di essere feriti dall’esterno, ma anche di trarne piacere e benessere.

Un altro rischio che si corre quando si fatica a decifrare gli indicatori di bordo del nostro aereo è di introdurre sostanze di cui il motore non ha bisogno. È quello che accade con l’abuso di alcol e sostanze o nel caso in cui si crei un circolo vizioso tra cibo ed emozioni, come nel disturbo da alimentazione incontrollata. Il cibo viene ampiamente utilizzato nella nostra società come modulatore delle emozioni o anestetico emozionale (si parla infatti di emotional eating).

Il motore è surriscaldato e noi aggiungiamo carburante. Ogni volta che cerchiamo di soddisfare un bisogno con altro non necessario non stiamo guardando adeguatamente gli strumenti del nostro aereo, e questo può essere dannoso.

Cos'è la paura delle emozioni: definizione clinica e differenze

La paura delle emozioni (in inglese "fear of emotions" o "emotional fearfulness") è un costrutto psicologico riconosciuto che indica la tendenza a percepire le proprie emozioni, soprattutto quelle intense o spiacevoli, come pericolose, ingestibili o minacciose. Questa paura può portare a evitare sistematicamente il contatto con i propri stati emotivi, generando disagio e difficoltà nella vita quotidiana.

Foto di Jan Prokes – Pexels

Secondo il DSM-5 (Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali), la paura delle emozioni non è un disturbo a sé stante, ma rappresenta un fattore trasversale che può contribuire allo sviluppo e al mantenimento di diversi disturbi psicologici, come i disturbi d’ansia e quelli dell’umore.

È importante distinguere la paura delle emozioni da altri fenomeni simili:

  • Evitamento emotivo: consiste nel mettere in atto comportamenti o strategie per non provare o non esprimere emozioni, spesso come risposta alla paura delle emozioni stesse.
  • Disregolazione emotiva: si riferisce alla difficoltà nel modulare, comprendere o gestire le proprie emozioni, che può essere una conseguenza della paura delle emozioni ma non coincide con essa.

Comprendere questa distinzione aiuta a riconoscere che la paura delle emozioni non riguarda solo il tentativo di "non sentire", ma anche la convinzione profonda che le emozioni siano pericolose o dannose.

Cosa dice la ricerca: dati e risultati sul timore delle emozioni

Negli ultimi anni, la ricerca scientifica ha dedicato crescente attenzione alla paura delle emozioni e al suo impatto sul benessere psicologico. Studi condotti da James J. Gross, professore di psicologia alla Stanford University, hanno evidenziato come la tendenza a temere e ad evitare le emozioni sia associata a una maggiore vulnerabilità allo sviluppo di disturbi psicologici, in particolare ansia e depressione (Gross & John, 2003).

Secondo una revisione della letteratura pubblicata da Williams, Chambless e Ahrens (1997), le persone che temono le proprie emozioni tendono a sovrastimare la pericolosità delle emozioni, credendo che provare emozioni intense possa portare a perdere il controllo o addirittura a "impazzire". Inoltre, spesso evitano situazioni emotivamente coinvolgenti per paura di essere sopraffatti dalle emozioni, finendo così per limitare le proprie esperienze e relazioni.

Questa tendenza all’evitamento non riguarda solo le emozioni negative, ma anche quelle positive: la paura delle emozioni positive (FOP) e l’evitamento delle emozioni positive (AOP) sono infatti positivamente associati tra loro, oltre che ai sintomi depressivi e all’anedonia (Bogaert et al., 2023).

Di conseguenza, chi teme le emozioni sperimenta spesso un maggiore disagio psicologico, con livelli più elevati di ansia, sintomi depressivi e difficoltà relazionali. Uno studio condotto su adulti con disturbo d’ansia generalizzato ha rilevato che oltre il 60% dei partecipanti riportava una marcata paura di provare emozioni intense, in particolare ansia e tristezza (Mennin et al., 2005). Questi dati suggeriscono che la paura delle emozioni non è solo un fenomeno diffuso, ma può rappresentare un fattore di rischio significativo per il benessere psicologico.

Foto di cottonbro studio – Pexels

Paura delle emozioni e disturbi psicologici: una relazione complessa

La paura delle emozioni può svolgere un ruolo centrale nello sviluppo e nel mantenimento di numerosi disturbi psicologici. La letteratura scientifica ha evidenziato una stretta correlazione tra la paura delle emozioni e diversi quadri clinici, in particolare: il disturbo d’ansia generalizzato (GAD), in cui le persone tendono a temere le proprie reazioni emotive — soprattutto l’ansia — adottando strategie di evitamento che, nel tempo, contribuiscono a perpetuare il disturbo; il disturbo di panico, nel quale la paura di provare emozioni intense, come paura o vergogna, può innescare o amplificare gli attacchi di panico; e i disturbi dell’umore, nei quali la tendenza a reprimere o negare sentimenti di tristezza, rabbia o disperazione ostacola il processo di elaborazione emotiva, aumentando così il rischio di sviluppare sintomatologia depressiva.

Inoltre, è stato dimostrato che i sintomi del disturbo post-traumatico da stress (PTSD) sono positivamente correlati con la paura delle emozioni (Sippel & Marshall, 2013). Secondo Gross e John (2003), la difficoltà ad accettare e gestire le emozioni è uno dei principali predittori di disagio psicologico. Questo suggerisce che lavorare sulla paura delle emozioni può rappresentare un passo importante nel percorso di cura e prevenzione di molti disturbi psicologici.

Cucire insieme pensieri, emozioni e sensazioni fisiche

Tutte le esperienze umane sono costituite da pensieri, emozioni e sensazioni fisiche. Le emozioni, anche se a volte possono essere fastidiose o soverchianti, permettono di costruire un legame tra eventi, pensieri e sensazioni somatiche. Inoltre, la capacità di distinguere tra emozioni specifiche rappresenta un forte predittore e contribuisce negativamente a tutti i sintomi internalizzanti, come depressione, paura, preoccupazione e pensieri ruminativi (Rieffe & De Rooij, 2012).

Foto di cottonbro studio – Pexels

Senza l’etichetta emotiva di ansia, ad esempio, non abbiamo strumenti per attribuire l’accelerazione cardiaca al pensiero dell’imminente colloquio di lavoro; potremmo cercare altre interpretazioni, come una disfunzione cardiaca o altro. La somatizzazione nasce infatti da messaggi veicolati dal corpo, senza che la mente dia loro un significato adeguato.

I percorsi di psicoterapia consentono di apprendere nuove strategie per cucire insieme pensieri, emozioni e sensazioni fisiche, al fine di restituire unitarietà e coerenza al sé. Mettendo a fuoco le oscillazioni emotive e i corrispettivi psicofisiologici, la terapia ci allena a sviluppare l'intelligenza emotiva e a stare in contatto con ciò che più ci spaventa ma che, allo stesso tempo, definisce la nostra natura.

Se senti che la paura delle emozioni sta influenzando il tuo benessere o le tue relazioni, ricorda che non sei solo. Un percorso di supporto psicologico può aiutarti a riconoscere e accogliere le tue emozioni, trasformandole in una risorsa preziosa per la tua crescita personale. Con Unobravo puoi trovare uno psicologo adatto alle tue esigenze e iniziare un percorso su misura per te. Fai il primo passo: inizia il questionario e scopri come possiamo aiutarti.

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