Quando non riusciamo a esprimere le nostre emozioni, possiamo trovarci di fronte all’anestesia emotiva: un’incapacità di “liberare” ciò che proviamo, tendendo a ignorarlo o nasconderlo.
Anestetizzare i sentimenti, tuttavia, non significa non provarne: le emozioni sono attutite, difficili da esprimere, razionalizzate e, spesso, provocano disturbi psicosomatici.
L'anestesia emotiva nelle persone che somatizzano
Le emozioni hanno una funzione indispensabile: esistono perché ci proteggono. Anche quelle considerate negative, se ben gestite, hanno importanti scopi. Per esempio, la paura e la rabbia:
- la paura ci aiuta a proteggerci: ci permette di evitare comportamenti pericolosi per la nostra incolumità (come controllare che non arrivino auto prima di attraversare la strada);
- l'emozione della rabbia ci serve a comprendere ciò che non ci piace, che non fa per noi e da cui allontanarci.
Le persone che sperimentano anestesia emozionale possono avere più difficoltà a:
- entrare in contatto con le proprie emozioni
- comunicarle agli altri e a se stesse
- affermare i propri bisogni, affrontando i possibili conflitti che ne possono derivare.

Anestesia emotiva come difesa
Avere paura delle proprie emozioni può aumentare il rischio di sviluppare problematiche di natura psicosomatica. In alcuni casi, si manifesta una vera difficoltà a riconoscere le emozioni e a svilupparne la consapevolezza, fino a sentirsi anestetizzati:
- il dialogo interiore tende a essere privo di emozioni
- mancano riferimenti ai propri vissuti, bisogni, sentimenti
- si può sperimentare l’impotenza appresa, accompagnata dal pensiero di non avere possibilità di scelta
- ci si limita a descrivere i sintomi fisici, come se non avessero alcun significato interiore o emotivo
- nelle relazioni si può vivere una vera controdipendenza affettiva, evitando di creare legami profondi con gli altri.
L’anestesia emotiva, in psicologia, non è classificata come patologia, ma è presente in diverse condizioni psicopatologiche, come nei disturbi alimentari (DCA) o nella bassa autostima e depressione. Di seguito alcuni esempi.
Anestesia emozionale nelle relazioni
Quando l’anestesia emotiva intacca la vita di coppia, si può innescare un ciclo della violenza. Ad esempio, se uno dei partner non riesce a gestire ed esprimere la rabbia, può rischiare di entrare in una spirale di aggressività e violenza crescente. In altri casi, le conseguenze dell’anestesia emotiva riguardano la sessualità, quando la paura dell’intimità impedisce di condividere con l’altro le proprie emozioni più profonde.
Questo fenomeno non ha solo ripercussioni sulla vita di coppia, ma può riguardare tutti i tipi di relazioni, inclusa quella genitori-figli. Ne è un esempio il caso di bambini e ragazzi che non riescono a parlare di ciò che provano e sperimentano l’anestesia emozionale durante la separazione dei genitori. . Un altro esempio è quello di un bambino che vive un lutto complicato o un abbandono da parte di una figura significativa.
Anestesia emozionale e depersonalizzazione
L’anestesia emozionale può accompagnarsi a stati dissociativi, come la depersonalizzazione e la derealizzazione, che una persona può provare in seguito all’ansia in una condizione di stress acuto. In questi contesti, le emozioni più frequentemente riportate includono paralisi , impotenza , ansia e paura , panico intenso (Schwender et al., 1998).
La depersonalizzazione è uno stato in cui si sperimenta un senso di irrealtà, come se si osservasse il mondo dall’esterno del proprio corpo. Si tratta di un’esperienza in cui ci si sente alieni rispetto al proprio corpo e alle proprie emozioni. Nella derealizzazione, invece, questo senso di irrealtà è percepito rispetto all’ambiente circostante.
Anestesia dei sentimenti: le somatizzazioni
Che si tratti di controllare le emozioni in amore o nei rapporti di lavoro e di amicizia, ciò che accomuna il disturbo psicologico del sentirsi anestetizzati è la possibilità di somatizzare ogni emozione. I sintomi psicosomatici sono molteplici e possono manifestarsi attraverso diversi apparati. Alcuni tra i più comuni sono:
- gastrite, colite o ulcera
- ipertensione
- mal di testa, crampi muscolari o stanchezza cronica
- asma bronchiale
- freddo psicosomatico
- psoriasi, dermatite psicosomatica oppure orticaria
Uno studio dell’Università La Sapienza di Roma, ad esempio, ha confermato che i deficit nell’espressione e nella regolazione delle emozioni in giovane età sono fattori di rischio per l’ipertensione.

Anestesia emozionale: c’è una cura?
Escluse le origini organiche e fisiche, può essere utile migliorare le proprie capacità di introspezione e portare il focus sulla propria emotività, in particolare sulle modalità di esprimere, manifestare e comunicare a se stessi e agli altri i vissuti emotivi negativi.
Cosa fare se si soffre di manifestazioni psicosomatiche?
Può essere utile concentrarsi sulle relazioni (sentimentali, amicali, lavorative, familiari) attuali o passate, su altre possibili fonti di stress e sul modo di affrontarle, ad esempio, in un particolare momento del proprio ciclo di vita personale.
Ritrovare la consapevolezza dei propri bisogni può essere funzionale: riflettere su di essi è un ottimo punto di partenza. A volte tendiamo ad ascoltare molto gli altri e poco noi stessi, ma è importante accogliersi, ascoltarsi e ritrovare dentro di sé il proprio baricentro emotivo.
Modelli teorici e clinici dell’anestesia emotiva
Secondo il modello del "funzionamento emozionale di base" proposto da Luciano Rispoli, psicoterapeuta e fondatore della Psicoterapia Funzionale, l’anestesia emotiva può essere vista come una riduzione della capacità di sentire e riconoscere le emozioni, spesso legata a esperienze di stress prolungato o traumi precoci. In questo modello, il blocco emotivo si manifesta sia a livello mentale che corporeo, influenzando la postura, la respirazione e la percezione di sé.
Nel DSM-5, manuale diagnostico di riferimento per i disturbi mentali, l’anestesia emotiva non è considerata un disturbo a sé stante, ma viene riconosciuta come sintomo in diversi quadri clinici, come la depressione maggiore, il disturbo post-traumatico da stress (PTSD) e i disturbi dissociativi. In questi casi, la persona può sperimentare una marcata riduzione della reattività emotiva, fino a sentirsi "spenta" o "distaccata" dalle proprie emozioni e dal mondo circostante.

Tecniche terapeutiche per la riattivazione emotiva
Affrontare l’anestesia emotiva può richiedere un percorso terapeutico mirato, che si avvale di diverse tecniche specifiche per aiutare la persona a riconnettersi con le proprie emozioni. Tra le strategie più utilizzate vi sono l'immaginazione guidata, una tecnica che sfrutta la visualizzazione di immagini mentali per facilitare l’accesso alle emozioni bloccate: attraverso esercizi guidati, la persona può esplorare in modo sicuro i propri vissuti emotivi e imparare a riconoscerli.
Il lavoro corporeo, come la bioenergetica o la mindfulness, aiuta a ristabilire il contatto con il corpo e favorisce una maggiore consapevolezza delle sensazioni fisiche e delle emozioni ad esse collegate. La pratica della mindfulness insegna a osservare i propri stati interni senza giudizio, permettendo di accogliere anche le emozioni più difficili senza evitarle o reprimerle. Inoltre, le tecniche di espressione creativa, come il disegno, la scrittura o la musica, possono offrire un canale alternativo per esprimere ciò che a parole risulta difficile comunicare.
È importante sottolineare che le tecniche di preparazione psicologica sono state associate a una riduzione significativa dell’affettività negativa , suggerendo che l’integrazione di queste strategie in un percorso psicoterapeutico può contribuire gradualmente a sciogliere i blocchi emotivi e a riscoprire la ricchezza del proprio mondo interiore.
Tornare a "sentire" attraverso un percorso terapeutico
Per comprendere il significato dell’anestesia emozionale, le cause e il modo di affrontarla, andare dallo psicologo può essere un ottimo inizio. Richiedere una consulenza psicologica online con un professionista esperto è un modo efficace per iniziare a guardarsi dentro e “fare amicizia” con le proprie emozioni, per potergli dare voce.
Naturalmente, come primo passo, è necessario rivolgersi al proprio medico per poter eseguire tutti gli accertamenti ed escludere prima di tutto cause di natura organica in riferimento alla sintomatologia presentata, confermando un malessere di tipo psicosomatico. Le manifestazioni psicosomatiche provocano un disagio significativo che si ripercuote sulla vita:
- quotidiana
- lavorativa
- relazionale
- personale.
Attraverso un percorso di supporto psicologico, si può comprendere il senso e il complesso significato del proprio malessere e di come esso si connota nel “qui e ora”. In tal modo si può riscoprire l’emotività come risorsa e non come limite, attraverso il valore indiscusso della propria unicità; perché quando non riusciamo a esprimere i nostri vissuti attraverso le parole, il corpo prova a dar loro voce in altri modi.
Esercizi pratici per riconnettersi con le proprie emozioni
Oltre al supporto professionale, esistono alcuni esercizi che possono aiutare a riattivare la consapevolezza emotiva nella vita quotidiana. Ecco alcune proposte che puoi sperimentare in autonomia:
- Diario delle emozioni: ogni sera, dedica qualche minuto a scrivere quali emozioni hai provato durante la giornata, anche se ti sembrano deboli o confuse. Questo esercizio può aiutare a sviluppare un linguaggio emotivo più ricco e a riconoscere i propri stati d’animo.
- Scansione corporea: siediti o sdraiati in un luogo tranquillo e porta l’attenzione alle diverse parti del corpo, notando eventuali tensioni, calore o formicolii. Chiediti se queste sensazioni possono essere collegate a emozioni non espresse.
- Respiro consapevole: pratica la respirazione profonda, osservando come il respiro cambia quando pensi a situazioni che ti hanno colpito emotivamente. Questo può aiutare a individuare blocchi o resistenze.
- Espressione creativa libera: prova a disegnare, dipingere o scrivere senza uno scopo preciso, lasciando che le mani si muovano liberamente. Spesso, ciò che emerge può offrire spunti preziosi per comprendere il proprio vissuto emotivo.
Ricorda che questi esercizi non sostituiscono un percorso terapeutico, ma possono rappresentare un primo passo per avvicinarsi alle proprie emozioni in modo gentile e non giudicante.
Ritrova il contatto con le tue emozioni: puoi iniziare un percorso di psicoterapia online con Unobravo
Se senti che le emozioni faticano a trovare spazio nella tua vita o che il corpo parla al posto tuo, sappi che non sei solo. L’anestesia emotiva può essere affrontata: con il giusto supporto puoi riscoprire la ricchezza del tuo mondo interiore e imparare a dare voce a ciò che provi. Un percorso psicologico può aiutarti a riconoscere, accogliere e trasformare le emozioni in risorse preziose per il tuo benessere. Con Unobravo puoi trovare uno psicologo adatto alle tue esigenze, pronto ad accompagnarti con professionalità e rispetto. Fai il primo passo verso una nuova consapevolezza: inizia il questionario per trovare il tuo psicologo online e prenditi cura di te, oggi.





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