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Psicologia dell’adolescenza
5
minuti di lettura

La psicoterapia sistemica a servizio di genitori e adolescenti

La psicoterapia sistemica a servizio di genitori e adolescenti
Teresa Flora Fornaciari
Psicoterapeuta ad orientamento Sistemico-Relazionale
Redazione
Unobravo
Articolo revisionato dalla nostra redazione clinica
Ultimo aggiornamento il
15.12.2025
La psicoterapia sistemica a servizio di genitori e adolescenti
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Tra i diversi tipi di psicoterapia, la psicoterapia ad orientamento sistemico-relazionale richiede un’attenzione specifica a tutto il nucleo familiare. Nei casi di disagio adolescenziale, lo psicoterapeuta si rivolge non soltanto al ragazzo portato in terapia (nella maggior parte dei casi la richiesta parte dai genitori), ma all’intera famiglia, poiché spesso il disagio ha origine proprio nelle dinamiche comportamentali che coinvolgono tutti i suoi membri. Il terapeuta sistemico predilige un setting familiare perché:

  • tutti i componenti della famiglia si sentono coinvolti;
  • si possono costruire nuove modalità di approccio all’adolescente.

L’incontro terapeutico dell’adolescente

Il primo incontro con un adolescente portato dai genitori in psicoterapia è un momento delicato e complesso: il rischio di abbandono immediato da parte del ragazzo stesso o dei genitori è molto alto. L’obiettivo essenziale di stabilire una relazione significativa richiede un atteggiamento attivo e direttivo da parte del terapeuta.

Gli obiettivi di un primo colloquio puntano infatti:

  • ad instaurare l’autorevolezza del terapeuta attraverso un processo condiviso;
  • all’intensità del coinvolgimento emotivo, in particolare dell’adolescente;
  • a garantire a tutti i componenti della famiglia uno spazio emotivamente sicuro;
  • a costruire un contesto di condivisione in cui nessuno si senta escluso o attaccato.

Le fasi del primo colloquio psicologico con un adolescente

Il primo colloquio psicologico con un adolescente rappresenta un momento cruciale, in cui si gettano le basi per la relazione terapeutica e si raccolgono informazioni fondamentali. Questo incontro si articola generalmente in diverse fasi, ognuna con obiettivi e modalità specifiche. Durante questa prima valutazione, è stato osservato che una minoranza significativa di adolescenti precoci può presentare disturbi evidenti della personalità o comportamentali, rilevabili già nel primo colloquio in una minoranza di adolescenti precoci (Stein et al., 1986).Nella fase di accoglienza e creazione di un clima di fiducia, il terapeuta si presenta e spiega il proprio ruolo, cercando di ridurre l’ansia e la diffidenza tipiche di chi si trova per la prima volta in uno studio psicologico. È fondamentale che l’adolescente percepisca uno spazio sicuro e non giudicante.

Successivamente, nella raccolta della domanda e delle aspettative, si esplora il motivo per cui l’adolescente (o la famiglia) ha richiesto il colloquio, chiarendo le aspettative di tutti i presenti, per comprendere se la richiesta parte dal ragazzo, dai genitori o da entrambi.

L’esplorazione del contesto familiare e relazionale prevede domande sulle dinamiche familiari, scolastiche e sociali, per avere una visione d’insieme della situazione e individuare eventuali fattori di rischio o di protezione.

La definizione degli obiettivi condivisi avviene insieme all’adolescente e, se presenti, ai genitori, al fine di individuare obiettivi realistici e condivisi per il percorso terapeutico, favorendo la partecipazione attiva di tutti i membri della famiglia.

Infine, nella fase di chiusura e restituzione, il terapeuta riassume quanto emerso, offre un primo feedback e spiega i possibili passi successivi, lasciando spazio a domande o dubbi. Queste fasi non sono rigide e possono variare in base alle caratteristiche individuali dell’adolescente e della famiglia, ma rappresentano una traccia utile per orientarsi nel primo incontro.

Obiettivi e possibili esiti del primo colloquio

Il primo colloquio psicologico con un adolescente assume molteplici obiettivi fondamentali, che vanno oltre la semplice raccolta di informazioni. Un aspetto centrale è la costruzione di una prima alleanza terapeutica: instaurare un clima di fiducia è cruciale per favorire l’apertura dell’adolescente e promuovere la sua partecipazione attiva al percorso. Tuttavia, è importante considerare che le strategie di gestione delle informazioni adottate dagli adolescenti, pur rappresentando una tappa normale nello sviluppo dell’autonomia, possono talvolta ostacolare la rilevazione tempestiva e il trattamento di condizioni di salute mentale o di comportamenti a rischio (Herrera et al., 2017) (Fonte: https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/26792265/).

Il terapeuta, quindi, si impegna non solo a valutare la natura del disagio—distinguendo tra manifestazioni fisiologiche legate ai processi di crescita e segnali che suggeriscono una sofferenza psicologica più profonda o un disturbo specifico—ma anche a individuare le risorse e i punti di forza sia dell’adolescente che della sua famiglia, elementi preziosi da valorizzare nel percorso terapeutico.

Al termine del colloquio, il terapeuta può orientare la famiglia e l’adolescente proponendo diverse opzioni: l’avvio di un percorso di sostegno, la necessità di una valutazione più approfondita, oppure semplici indicazioni pratiche per affrontare la situazione. Gli esiti di questo primo incontro possono variare: in alcuni casi l’adolescente si sente immediatamente accolto e motivato a proseguire, mentre in altri può emergere una resistenza che richiede tempo e pazienza per essere superata. In ogni circostanza, il primo colloquio rappresenta un’opportunità preziosa per avviare un percorso di crescita e benessere.

Perché è utile una terapia

L’esperienza clinica dimostra che sempre più famiglie richiedono le terapie per il sintomo conclamato di un figlio adolescente, ma non sempre i sintomi sono espressione di una condizione clinica grave del ragazzo stesso.

Spesso si tratta di adolescenti che sono diventati dirompenti e difficili da gestire a casa e a scuola. In questi casi, la richiesta di aiuto è più immediata, anche se spesso sostenuta dall’aspettativa di delega al terapeuta.

Sin dall’inizio, nei genitori può emergere la percezione di un pericolo imminente, l’idea che possa accadere qualcosa di grave come una rottura psicotica o un suicidio. È importante sottolineare che le avversità legate a un funzionamento familiare disadattivo si sono dimostrate più fortemente associate all’esordio di disturbi psichiatrici rispetto ad altre forme di avversità (McLaughlin et al., 2012) (Fonte: https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/23117636/). Inoltre, i segnali di disagio nei figli e le paure dei genitori si intrecciano in un processo circolare: il sintomo assume un significato relazionale, poiché i figli spesso intercettano e fanno proprie le paure e le fobie dei genitori.

È come se i genitori per primi non fossero preparati ad accogliere la discontinuità, l’ambivalenza e l’incongruità del linguaggio adolescenziale dei figli, da cui si aspettano un essere “normali” e uno sviluppo continuo e regolare.

Kindel Media - Pexels

Le problematiche dell’adolescenza

L’adolescenza in psicologia non è soltanto l’età dello svincolo: il bisogno di separazione dell’adolescente è tanto forte quanto l’esigenza di appartenenza.

Ogni volta che un adolescente esprime con forza la sua indipendenza e assume atteggiamenti sprezzanti verso la famiglia, affermando che il meglio è altrove, in realtà sta comunicando anche la sua paura di crescere e il bisogno di poter sentire che può ricucire la sua appartenenza.

L’approccio con l’adolescente e la famiglia

In terapia si osserva che, quando si riesce a ricostruire un senso di famiglia, ogni tipo di dipendenza tende a ridimensionarsi. Per questo motivo, la società ha sviluppato servizi come:

  • corsi di sostegno alla genitorialità;
  • parent training;
  • scuole per i genitori.

In letteratura c’è una concordanza su quali siano le forme attuali di disagio adolescenziale, ma una certa eterogeneità sugli approcci terapeutici:

  • alcuni propongono un approccio individuale all’adolescente;
  • alcuni laboratori di gruppo;
  • altri la terapia di gruppo.

La terapia sistemico-relazionale

Per il terapeuta sistemico, è importante vedere l’adolescente con la sua famiglia, pur accogliendo inizialmente i genitori da soli o l’adolescente da solo: spesso è proprio l’adolescente a chiedere una terapia individuale, perché ritiene che i genitori non siano in grado di aiutarlo.

La la resistenza iniziale dell’adolescente alla psicoterapia può essere un atteggiamento normale e funzionale allo sviluppo dell’autonomia: lo stare in terapia rappresenta un attacco alla sua autostima e la collaborazione della famiglia è funzionale alla riparazione di tale ferita “narcisistica”.

Gli adolescenti “collaboranti” in generale sono ambivalenti rispetto alla relazione terapeutica:

  • l'adolescente non è quasi mai il richiedente della terapia per sé;
  • se chiede aiuto è perché è spaventato.

Spesso, sono proprio i genitori che desiderano delegare al terapeuta la gestione del figlio adolescente, a causa della loro ambivalenza, sensi di colpa o difficoltà a mettersi in gioco: per questo è importante fare un buon colloquio iniziale per aprire il lavoro psicoterapeutico.

Julia M Cameron - Pexels

Strategie per coinvolgere la famiglia e gestire le resistenze nel primo colloquio

Il coinvolgimento della famiglia nel primo colloquio psicologico con l’adolescente può essere fondamentale, ma può incontrare alcune resistenze, sia da parte dei genitori che del ragazzo.

  • Riconoscere e normalizzare le resistenze: È normale che l’adolescente si mostri diffidente o poco collaborativo, così come che i genitori provino ansia o senso di colpa. Il terapeuta può aiutare a dare un senso a queste emozioni, senza giudizio.
  • Favorire la partecipazione attiva: Invitare tutti i membri della famiglia a esprimere il proprio punto di vista permette di costruire un clima di ascolto reciproco e di responsabilità condivisa.
  • Utilizzare domande aperte e inclusive: Il terapeuta pone domande che coinvolgono sia l’adolescente che i genitori, valorizzando le risorse di ciascuno e promuovendo il dialogo.
  • Stabilire regole di rispetto e ascolto: Durante il colloquio, si definiscono insieme alcune regole di base (ad esempio, non interrompere chi parla), per garantire uno spazio sicuro e rispettoso per tutti.
  • Rassicurare sulla riservatezza: Spiegare chiaramente i limiti e le modalità della riservatezza può aiutare l’adolescente a sentirsi più libero di esprimersi, sapendo che ciò che dirà sarà trattato con rispetto e discrezione.

Queste strategie, se applicate con sensibilità e competenza, possono facilitare l’avvio di un percorso terapeutico efficace e partecipato da tutta la famiglia.

Come prepararsi al primo colloquio psicologico: consigli per adolescenti e genitori

Affrontare il primo colloquio psicologico può generare ansia sia nell’adolescente che nei genitori. Prepararsi insieme può aiutare a vivere questo momento con maggiore serenità e apertura.

  • Parlare apertamente delle aspettative: È utile che genitori e figli si confrontino su cosa si aspettano dal colloquio, esprimendo dubbi, paure e speranze. Questo favorisce un clima di collaborazione.
  • Raccogliere informazioni utili: Portare con sé eventuali documenti, relazioni scolastiche o appunti su episodi significativi può aiutare il terapeuta a comprendere meglio la situazione.
  • Essere sinceri e autentici: Il primo colloquio non è un esame, ma un’occasione per raccontarsi senza timore di essere giudicati. Sincerità e trasparenza facilitano la costruzione di una relazione di fiducia.
  • Dare tempo all’adolescente: Non sempre i ragazzi sono pronti a parlare subito. È importante rispettare i loro tempi e non forzarli a condividere ciò che non si sentono di dire.
  • Chiedere chiarimenti: Se qualcosa non è chiaro durante il colloquio, è bene chiedere spiegazioni. Comprendere il percorso aiuta a sentirsi più coinvolti e meno spaesati.

Questi semplici accorgimenti possono rendere il primo incontro più efficace e meno stressante, ponendo le basi per un percorso di crescita condiviso.

Disagio fisiologico e patologico in adolescenza: come distinguerli

Durante l’adolescenza può essere normale attraversare momenti di crisi, oscillazioni emotive e conflitti con la famiglia. Tuttavia, non sempre questi segnali indicano la presenza di un disturbo psicologico.

  • Disagio fisiologico: Comprende le difficoltà legate ai cambiamenti tipici di questa fase, come sbalzi d’umore, ricerca di autonomia, conflitti con i genitori e sperimentazione di nuovi ruoli. Questi comportamenti, seppur talvolta intensi, possono rientrare nella norma e tendono a risolversi spontaneamente con il tempo.
  • Disagio patologico: Si manifesta quando i sintomi sono persistenti, intensi e compromettono il funzionamento quotidiano dell’adolescente (ad esempio, isolamento sociale, calo del rendimento scolastico, comportamenti autolesivi o abuso di sostanze). In questi casi, è importante rivolgersi a uno specialista per una valutazione approfondita.

Secondo il concetto di "breakdown evolutivo" descritto dallo psichiatra David Laufer, alcune crisi adolescenziali possono rappresentare un punto di rottura che, se non riconosciuto e affrontato, può evolvere in una vera e propria patologia. Per questo motivo, il primo colloquio psicologico può essere uno strumento prezioso per distinguere tra una difficoltà transitoria e una condizione che richiede un intervento mirato.

Genitori si diventa, anche con l’aiuto della terapia

È essenziale adottare un approccio centrato sulla prevenzione dei disturbi in età evolutiva per promuovere il benessere psicologico dei bambini e degli adolescenti. In particolare, la gestione inadeguata dei conflitti familiari tra i genitori può rappresentare un fattore di rischio significativo per lo sviluppo di disturbi psicologici nei figli. È stato infatti dimostrato che le avversità infantili sono comuni, spesso si presentano contemporaneamente e sono fortemente associate all’esordio di disturbi psichiatrici durante l’adolescenza (McLaughlin et al., 2012) (Fonte: https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/23117636/).

Può verificarsi anche la cosiddetta middlescence, termine psicologico riferito a un periodo di transizione e crisi emotiva dei genitori, che può influenzare la relazione con l’adolescente: se tale rapporto è problematico, infatti, l’adolescente tende a proteggere i genitori nell’affrontare i problemi di coppia, attirando l’attenzione su di sé.

I cambiamenti dell’adolescenza hanno sempre reso questa fase complicata, ma oggi lo è forse ancora di più: i nostri adolescenti sperimentano una libertà individuale mai vissuta prima ma, a questa, non corrisponde purtroppo una promessa sull’avvenire.

“Affermerò che esiste una sola cura per l’adolescenza: il trascorrere del tempo e il passaggio dell’adolescente allo stato adulto.” D.W. Winnicott

Avviare un percorso di terapia può aiutare a rafforzare gli adulti nella loro funzione genitoriale e incrementare il benessere di tutto il sistema familiare. Oggi, anche grazie alla modalità da remoto, è possibile supportare l’intero nucleo familiare nel rafforzare il proprio patto di solidarietà.

Se senti il bisogno di un supporto per te o per la tua famiglia, Unobravo può aiutarti a trovare uno psicologo specializzato nell’età evolutiva e nell’adolescenza. Inizia il questionario e fai il primo passo verso un percorso di benessere psicologico.

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