Il regista David Cronenberg, sempre attento alle sfaccettature della psiche umana, nel 2010 gira il film A dangerous method. A discapito del titolo del film, che pone l’accento sulla relazione accademica Maestro- Allievo (Freud- Jung), il regista riesce, al contempo, a delineare la figura femminile di Sabina Spielrein e la sua profonda influenza nel rapporto tra i due psicoanalisti.
Prima di addentrarci nella storia del film, conosciamo un po’ meglio le due illustri personalità raccontate da Cronenberg, che influiranno sulla storia della psicologia.
Freud e Jung
Sigmund Freud è un medico psichiatra ebreo che, tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento, avverte che il sapere medico e l’ipnosi non riescono ad abbracciare tutta la complessità dei quadri clinici che si presentano in terapia.
Infatti è proprio una particolare patologia, l’isteria, che lo spinge ad andare oltre, a guardare altrove, a seguire il sintomo, allontanandosi dal sentiero del pensiero scientifico classico, incontrando le storie dei pazienti.
Il sintomo, allora, viene letto come rappresentazione di qualcosa di profondo nell’animo umano, qualcosa che appartiene all’inconscio, una parte della mente da cui originano dei comportamenti non sottoposti alla censura da parte della coscienza.
Elabora la teoria dell’inconscio sull’ipotesi che in tutti gli esseri umani, sani e non, esistono pulsioni di natura sessuale, la libido, che rappresentano l’espressione psichica dell’energia sessuale.
Di pari passo, lo stesso pone attenzione al rapporto medico- paziente elaborando concetti come transfert e controtransfert, insiemi di sentimenti ed emozioni che il paziente proietta sul professionista e viceversa, quindi importanti informazioni circa le dinamiche relazionali che ne influenzano i comportamenti.
La nascita della psicoanalisi come statuto teorico si fa risalire al 4 novembre 1899, data di pubblicazione de L’interpretazione dei sogni, considerato il capolavoro di Freud, nel quale spiega l’importanza dei sogni, strada eletta per la comprensione dei processi inconsci, dei conflitti e dei desideri più nascosti.
Nel 1902 viene costituita quella che più avanti sarà la Società di psicoanalisi: si crea aggregazione intorno al maestro Freud e, così, la psicoanalisi diviene sapere condiviso. L’eredità freudiana nella psicologia continua a essere indiscussa, soprattutto nella comprensione dell’interazione complessa tra l’inconscio e la vita quotidiana di ogni persona.
Carl Gustav Jung è un medico svizzero, molto più giovane di Freud, che nel 1900 inizia a lavorare presso l’ospedale psichiatrico Burgholzli e dal 1906, dopo un incontro, inizia una fitta corrispondenza con il maestro Freud.
Per Jung, la psicoanalisi dovrebbe parlare un linguaggio universale composto da aspetti mistici, arcaici, mitologici, antropologici, filosofici e religiosi e, dopo la rottura con Freud, dà vita alla corrente della Psicologia Analitica.
Jung, fondamentalmente, rifiuta l’idea freudiana di libido come energia di natura sessuale, ma la intende come forza che può manifestarsi in vari modi a seconda degli individui. I comportamenti sono influenzati, secondo Jung, da molteplici fattori:
- storia personale e collettiva
- aspirazioni e obiettivi
- il passato inteso come realtà
- il futuro inteso come eventualità.
Amplia l’idea di inconscio personale nel senso che, oltre a ciò che viene rimosso e dimenticato, esso contiene anche quel che non è pensato, e lo considera risultato dell’interazione costante tra società e inconscio collettivo.
La crescita dell’individuo è intesa come processo di realizzazione del Sé, un’autorealizzazione che il terapeuta segue affiancando la persona come guida. L’eredità junghiana può sembrare meno incisiva rispetto a quella del maestro, ma è indubbio che l’attenzione ai concetti della psicologia analitica come l’inconscio collettivo, la visione di un futuro non sempre influenzato dal passato e, quindi, come possibilità di nuovo e di realizzazione siano elementi ancora oggi presenti in diversi approcci psicoterapeutici, così come l’eclettismo spesso presente nei singoli professionisti.
La cura delle parole
Torniamo al film. Nell’estate del 1904, alla clinica Burghölzli di Zurigo, accompagnata dal padre, arriva una diciannovenne affetta da crisi isteriche: Sabina. Ricoverata e ritenuta dal giovane Jung la paziente ideale ed “eccezionalmente colta”, decide di curarla con un trattamento sperimentale: “la cura delle parole”.
Il giovane medico, rifacendosi ai dettami della tecnica freudiana, le spiega che si incontreranno quasi ogni giorno: lui sarà seduto dietro di lei, ma lei non dovrà mai voltarsi per evitare distrazioni, e parleranno.
Via via che si svolgono gli incontri, Sabina trova sempre più giovamento: riesce a rimettersi in equilibrio, nonostante il trauma dell’abuso, e le relative ricadute sui suoi problemi legati alla sessualità.
Una donna diversa, eccezionalmente colta
Col passare del tempo Jung trova assai stimolante e produttivo parlare e confrontarsi con questa giovane donna, che vuole diventare medico, tanto da investirla del ruolo di sua assistente quando lavora con altri pazienti.
Ma il transfert e il controtransfert sono in agguato, ed è così che la relazione tra Sabina e il professore diviene sempre più intima, sino a diventare amanti. Per transfert e controtransfert, molto brevemente, si intendono infatti quei sentimenti che in modo inconscio il paziente “trasferisce” sul terapeuta e viceversa.
Jung è sposato con Emma: moglie, devota e accondiscendente, desiderosa di dargli figli maschi, che si scusa quando sono femmine, diametralmente opposta alla provocante e provocatrice Sabina.
L’intesa tra Jung e Sabina non è solo fisica: parlano tanto, dalle istanze freudiane alla musica di Wagner, si confrontano, condividono pensieri e idee e altrettanti ne generano. Il riferimento metaforico, da parte di Sabina, alla poesia di M. Lermontov Il Prigioniero è un piccolo gioiello, poiché lei sente che il suo terapeuta, con la tecnica della parola, le ha restituito la sua libertà.
Sabina, forse più del suo stesso analista, ha ben compreso l’essenza del lavoro terapeutico: liberare dalle gabbie, molto spesso frutto degli stessi pensieri dei pazienti, e proprio per questo vincolanti e chiuse a doppia mandata.
Sabina intraprende, nonostante la sofferenza della relazione con Jung, un nuovo percorso: diventa prima paziente di Freud, poi psichiatra - allieva portando avanti la sua idea che la vera sessualità pretenda la distruzione dell’ego, un perdersi nel rapporto con l’altro, e individua una natura auto – annientante dell’atto sessuale e così, dalla distruzione di due individualità può nascere la vita.
Siamo intorno al 1910: una donna, medico psichiatra, psicoanalista e che teorizza di sessualità, dire all’avanguardia è poco, era avanti di decenni. E quando, incinta del marito russo, incontra Emma che le chiede, dandolo per scontato, se desiderino un maschio, lei risponde negativamente: lei e il marito vogliono femmine.
Ancora una volta, la narrazione filmica sottolinea la diversità di Sabina dimostrando di essere altro e oltre rispetto ai modelli femminili del suo tempo, fuori dalla cultura patriarcale dell’Europa dei primi del Novecento.
Il rimando epistolare
Il successo della terapia con Sabina spinge Jung a scrivere a Freud. Tale scambio epistolare porterà anche a degli incontri, durante i quali saranno ben chiari i ruoli di maestro e di allievo, di scienziato positivista e scienziato empirico, di benestante e ricco, di ebreo e protestante.
La stima iniziale è tangibile, ma Freud è attento e rigoroso rispetto le garanzie di scienza per la psicoanalisi, non vuole allontanarsi da questo sentiero, e Jung reprime il suo bisogno di abbracciare anche altre aree pur di poter essere suo allievo.
Nel tempo, però, la ricerca di Jung si estende, connettendosi alle esperienze personali e alla pratica terapeutica, e tutto questo porta alla rottura con Freud che, già, aveva mal digerito la relazione di amorosi sensi tra Jung e la sua paziente.
Jung non sarà il principe ereditario della psicoanalisi, e accusa Freud di trattare gli amici come pazienti, riducendoli a “guardiani prepotenti della linea del partito mentre lei siede in cima alla montagna, infallibile figura paterna...” cui nessuno può opporsi.
Le psicoterapie di oggi
A Freud si deve il grande merito di avere acceso i riflettori su terreni sconosciuti, che poi, nel tempo, sono stati percorsi da studiosi differenti, dando vita ad aree diverse e tecniche variegate.
Infatti, oggi, gli approcci psicoterapeutici sono numerosi ed è comprensibile per chi si avvicina, a vario titolo, provare una certa confusione. Ma il terreno comune è sempre la parola, quella cura che utilizza un linguaggio comune tra terapeuta e paziente che, ascoltandosi in modo attento, generano nuove premesse, nuove ipotesi e punti di vista, costruiscono nuove narrazioni, danno senso a quel che prima non lo aveva.
Tutto questo, mettendosi in gioco, entrambi, perché in un percorso terapeutico ci sono sempre almeno due persone.
Il cambiamento della mente
Nei precedenti film di D. Cronenberg il tema principale era la mutazione del corpo; con questo film invece sembra cambiare prospettiva: il cambiamento nella mente, nella psiche. E, forse, sta proprio in questo il “dangerous” del titolo.
A detta di chi scrive, il film non colpisce subito, ha bisogno di sedimentare e solo dopo apre spunti di riflessione sia per addetti ai lavori che non.