L’ipocondria è una forma clinica dei disturbi d’ansia, caratterizzata dalla preoccupazione ingiustificata ed eccessiva nei confronti della propria salute, con la convinzione che qualsiasi sintomo sia il segno di una patologia severa.
Ma cosa succede quando ipocondria e internet si incontrano? Avvertendo la paura di avere una grave malattia, alcune persone si ritrovano a cercarne i sintomi su internet: nasce così la cybercondria, termine che si riferisce alle preoccupazioni infondate derivanti da ricerche sul web.
Capita, per esempio, anche dopo una valutazione medica senza nessuna effettiva patologia diagnosticata, che la persona possa mantenere la paura di avere un tumore (cancerofobia) o un'altra patologia.
Il significato di cybercondria deriva dai termini cyber (che rimanda all’informatica e al digitale) e chondria, il cui significato etimologico è “sterno”, parte del corpo da cui, per la medicina di Ippocrate, nasceva la malinconia.
Tornando ai giorni nostri, come possiamo definire chiaramente la cybercondria? Si tratta probabilmente di una sindrome comportamentale distinta, strettamente associata all’ansia per la salute e alla ricerca online estensiva di informazioni sanitarie (Müller et al., 2021).

Ricerche scientifiche sulla cybercondria
Nel 2008 i ricercatori Ryen W. White ed Eric Horvitz hanno studiato per la prima volta il fenomeno della cybercondria, ovvero quella tendenza a cercare online ogni piccolo sintomo fino a convincersi di avere qualcosa di grave.
Dalla loro ricerca è emerso che le informazioni trovate sul web possono influenzare profondamente il modo in cui ci prendiamo cura di noi stessi: quando decidiamo di consultare un medico, come gestiamo un sintomo o anche come ci muoviamo, mangiamo o preveniamo le malattie.
In altre parole, Internet può essere una grande risorsa se usato con consapevolezza — ma, se ci affidiamo troppo alle ricerche online, rischiamo di aumentare le nostre paure invece di ridurle.
Per questo motivo, la cybercondria è una preoccupazione frequentemente riscontrata tra gli operatori sanitari. La ricerca autonoma di sintomi e malattie su internet può ostacolare la diagnosi del medico, incrementando, riducendo o eliminando la percezione di sintomi a sostegno della propria auto-diagnosi e portando la persona a manifestare un attacco d'ansia.
A sostegno di questa tesi, la ricerca di Muse et al., (2012) evidenzia che le persone con livelli più alti di ansia per la salute tendono a cercare informazioni online più spesso, per periodi più lunghi e a vivere queste ricerche come particolarmente angoscianti e fonte di ulteriore ansia.
Quindi, più aumenta la preoccupazione, più cresce il bisogno di cercare rassicurazioni sul web — ma queste, invece di tranquillizzare, finiscono spesso per alimentare ancora di più l’ansia stessa.
Ma perché cerchiamo i sintomi su internet? E come possiamo capire se soffriamo di cybercondria?
Cybercondria: sintomi e possibili cause dell’ipocondria da internet
Comprendere quando la ricerca continua di sintomi su internet si trasforma in un disturbo è fondamentale. Si parla di cybercondria quando la ricerca di informazioni sulle malattie online diventa così frequente e difficile da controllare da provocare ansia e preoccupazione costante per la propria salute, fino a compromettere la qualità della vita quotidiana. È stato inoltre dimostrato che la gravità dei sintomi fisici percepiti può favorire un aumento dei livelli di cybercondria (Santoro et al., 2022), Questo sottolinea come sia più importante riconoscere i segnali di allarme e intervenire prima che la ricerca di rassicurazioni diventi una fonte costante di ansia. Chi soffre di cybercondria può sviluppare una sorta di dipendenza dalle ricerche online, continuando a consultare siti e forum medici anche quando sa che questo aumenta i propri livelli di ansia. È come un circolo vizioso: più si cerca una rassicurazione, più cresce il dubbio e il bisogno di cercarne ancora.
Ma da cosa nasce davvero la cybercondria?
Così come per molti altri disturbi psichici, anche in questo caso possiamo individuare più fattori di vulnerabilità che includono variabili genetiche, biologiche, culturali e ambientali. Tra le possibili cause della cyber ipocondria ci sono le esperienze dirette o indirette di malattia o morte, come per esempio:
- avere avuto, da bambini, una malattia grave
- la morte di un coniuge o un altro familiare
- un recente problema di salute, come un infarto
- l’arrivo di una malattia nuova e sconosciuta (come è accaduto con la pandemia da Covid-19).
Questi eventi possono innestare o rinforzare, nella persona, la convinzione che la salute sia una condizione precaria, portandola a sentirsi particolarmente vulnerabile e a non riuscire a smettere di cercare le malattie su internet.
Anche il contesto culturale e certi stili educativi possono contribuire all’insorgenza della cybercondria. Figure di riferimento come genitori, insegnanti, zii e amici possono avere un ruolo importante nel modo in cui impariamo a percepire la salute e la malattia.
Chi tende a cercare continuamente informazioni mediche online, ad esempio, potrebbe essere cresciuto in un contesto iperprotettivo, dove ogni sintomo veniva vissuto con preoccupazione, oppure aver interiorizzato l’idea che la malattia sia sempre sinonimo di pericolo e sofferenza.
Cybercondria e rischi di curarsi col pc
Perché chi soffre di ipocondria ipocondria non dovrebbe leggere su internet diagnosi mediche? Molte persone finiscono per arrivare dal medico con una diagnosi “fai da te”, convinte di avere malattie gravi o rare, affidandosi di fatto al “Dottor Google”, che però non può offrire risposte personalizzate né tener conto della storia individuale di ciascuno.
Cercare sintomi su internet e fare un’autodiagnosi online, sia per malattie mentali che fisiche, può produrre uno o più di questi effetti:
- la delega psicologica alla ricerca digitale: è una forma di perdita del controllo e del contatto diretto con il proprio corpo, le proprie sensazioni e percezioni. Come già avviene con la ricerca di rassicurazione durante il confronto diretto con il medico , più si delega la rassicurazione a qualcosa di esterno, più si perde il controllo delle proprie percezioni (locus of control esterno)
- l’effetto conferma: è una profezia che si autoavvera (meccanismo che si riscontra di frequente nella Sindrome di Cassandra). La ricerca sul web è guidata dalle ipotesi di chi cerca informazioni. Per esempio, sentendo una pesantezza al petto e iniziando ad avere paura di avere un infarto e paura di morire, su Google si digiterà “sintomi infarto”. La “visita” con il Dottor Google restituirà una serie di risposte, tra cui, al primo posto, proprio il “senso di peso, di oppressione o di bruciore al petto”.
- l’effetto immedesimazione: i sintomi fisici sono nella maggior parte dei casi universali tra gli esseri umani. Chi sceglie di cercare i sintomi su internet può sperimentare un effetto di immedesimazione, che accresce le percezioni e le sensazioni sintomatiche, provocando così un circuito di auto-condizionamento. Questo effetto può essere amplificato dalla condivisione del proprio timore sui social: più si condivide, più ci si convince, più si ascoltano storie di altre persone, più ci si suggestionerà e ci si spaventerà.
- l’effetto gregge: più si condivide il proprio timore, più ci si convince che sia fondato. La condivisione dovrebbe rassicurare, ma può scattare un meccanismo chiamato “effetto carrozzone” o “effetto bandwagon”: si crede in alcune cose solo perché la maggioranza delle persone crede o fa quelle stesse cose. L’eccesso di informazioni trovate non produce maggiore chiarezza, ma confusione: è quello che viene chiamato information overload.
Ma come smettere di cercare sintomi su internet?
È possibile, per chi soffre di ipocondria, non guardare internet?
Il web è oggi un luogo in cui si può trovare di tutto — e anche il suo contrario. Distinguere tra informazioni affidabili e fonti poco attendibili non è sempre semplice, soprattutto quando si parla di salute, dove ogni parola può fare la differenza.
- Negli ultimi anni, diversi studi hanno mostrato quanto Internet sia diventato un punto di riferimento per chi cerca risposte legate alla salute.
- Secondo un recente sondaggio riportato da ANSA, la maggior parte delle ricerche online riguarda proprio sintomi e patologie (64%), seguite da informazioni su alimentazione e stili di vita (55%) e da dati su farmaci ed effetti collaterali (43%).
Sul tema della cybercondria in Italia, i dati del sondaggio di Lenstore riportano che:
- l’87% degli italiani cerca i sintomi prima su Google e solo dopo consulta un medico
- il 27% degli italiani ammette che queste ricerche causano ansia
- il 18% riconosce l’effetto delle autodiagnosi sul proprio benessere psicologico.
Tra i sintomi più ricercati online ci sono ansia, mal di gola, diarrea e insonnia.
Smettere di cercare sintomi su internet, specie se si è molto abituati a farlo, può essere difficile anche se si è consapevoli che può accrescere il disagio che si sta vivendo.. se si desiderano informazioni davvero affidabili, è importante verificare la credibilità delle fonti o consultare testi scientifici di riferimento, evitando di confondere opinioni e dati oggettivi.
Già nel 2016 Google aveva provato a rendere le ricerche più chiare introducendo funzionalità dedicate ai sintomi, ma da allora non sono stati fatti passi avanti significativi. Nessun algoritmo può sostituire il confronto umano: rivolgersi a un medico o a un professionista della salute resta sempre il modo più sicuro per prendersi cura di sé.

Come trattare la cybercondria
Una certa attenzione per il proprio stato di salute mentale e fisica è del tutto normale e, se non si trasforma in una preoccupazione nociva, può essere utile a intraprendere percorsi di prevenzione. Quando però diventa un’ansia che pregiudica la nostra quotidianità innescando il meccanismo della cybercondria, i comportamenti possono diventare disfunzionali e mettere a dura prova la nostra serenità.
Cybercondria e rischi per la salute, infatti, sono profondamente legati, sia in termini prettamente medici (la diagnosi di questo o quel sito web non potranno mai sostituire quella di un medico competente) che psicologici. Studi recenti hanno dimostrato che la cybercondria è associata a un aumento dell'impairment funzionale e a un maggior ricorso ai servizi sanitari, anche quando si tiene conto dell'ansia per la salute (Mathes et al., 2018)..
Un utile strumento di supporto alla diagnosi è il cybercondria severity scale (CSS-12), un test per l'ansia sviluppato “per consentire una valutazione multidimensionale della cyberchondria (compulsione, angoscia, eccesso, rassicurazione e sfiducia nei confronti del medico).”
Il fenomeno dell’ipocondria da internet è relativamente
recente, tanto che nel DSM-5 non ci sono specifici approfondimenti sulla cybercondria come disturbo distinto, ma solo collegamenti indiretti ai disturbi d’ansia e all’ipocondria tradizionale.Tra gli approcci terapeutici, la terapia cognitivo-comportamentale si è mostrata efficace nel ridurre le ricerche compulsive online e nel gestire meglio l’ansia legata alla salute.
Rivolgersi a uno psicologo e psicoterapeuta è sicuramente un buon modo per prendere consapevolezza di un eventuale problema legato all’esigenza di cercare sintomi su Google e diagnosi su internet.
Con il supporto di uno specialista, come uno psicologo con esperienza in ipocondria, anche svolgendo un percorso di psicoterapia online, si potrà lavorare sulle cause che scatenano questo disturbo ansioso e imparare, passo dopo passo, a gestirlo con più equilibrio.
Strategie pratiche per gestire la cybercondria nella vita quotidiana
Affrontare la cybercondria richiede un approccio pratico e consapevole, che può essere utile a ridurre l’ansia e a recuperare un rapporto più sereno con la propria salute. Ecco alcune strategie che possono essere utili nel quotidiano:
- Limitare l’accesso a siti non verificati: È importante consultare solo fonti affidabili e riconosciute, come siti istituzionali o portali gestiti da professionisti della salute. Questo riduce il rischio di imbattersi in informazioni fuorvianti o allarmistiche.
- Stabilire momenti specifici per la ricerca online: Darsi delle regole, come dedicare un tempo limitato e prestabilito alla ricerca di informazioni sulla salute, può aiutare a evitare che questa attività diventi compulsiva.
- Tenere un diario delle ricerche e delle emozioni: Annotare quando e perché si sente il bisogno di cercare sintomi online può aiutare a riconoscere i momenti di maggiore vulnerabilità e a individuare eventuali schemi ricorrenti.
- Affidarsi a professionisti della salute: In caso di dubbi o preoccupazioni, è sempre preferibile rivolgersi a un medico o a uno psicologo, che possono offrire un supporto personalizzato e basato su evidenze scientifiche.
- Praticare tecniche di gestione dell’ansia: Strategie come la respirazione profonda, la mindfulness o il rilassamento muscolare progressivo possono essere utili a gestire l’ansia che spesso accompagna la cybercondria.
Questi accorgimenti, se applicati con costanza, possono favorire un maggiore senso di controllo e benessere, riducendo l’impatto negativo delle ricerche compulsive sulla salute.
Dati epidemiologici e diffusione della cybercondria
Negli ultimi anni, la diffusione della cybercondria è cresciuta parallelamente all’aumento dell’accesso a internet e all’utilizzo di dispositivi digitali. Secondo una ricerca pubblicata su "Computers in Human Behavior" nel 2021, circa il 35% degli adulti nei paesi occidentali ha dichiarato di aver cercato frequentemente sintomi di salute online, sperimentando un aumento dell’ansia correlata (Starcevic et al., 2021).
In Italia, come già accennato, il fenomeno è particolarmente rilevante: il sondaggio di Lenstore del 2022 ha evidenziato che l’87% degli italiani cerca i sintomi prima su Google e solo successivamente si rivolge a un medico. Inoltre, uno studio condotto dall’Università di Padova nel 2023 ha rilevato che circa il 20% degli intervistati manifesta comportamenti compatibili con la cybercondria, con una prevalenza leggermente superiore tra le donne e nelle fasce d’età comprese tra i 25 e i 45 anni.
Queste informazioni sottolineano quanto sia importante riconoscere e affrontare tempestivamente la tendenza a ricercare compulsivamente informazioni sulla salute online, in quanto può contribuire a prevenire l’insorgenza di disturbi più gravi e a migliorare la qualità della vita.
Quando rivolgersi a uno specialista: ascoltare i segnali
Riconoscere i segnali della cybercondria può essere il primo passo per prendersi cura di sé. Se ti accorgi che la ricerca di sintomi online occupa una parte significativa delle tue giornate, genera ansia persistente o interferisce con le tue attività quotidiane, è importante non sottovalutare questi segnali.
Rivolgersi a uno psicologo o a uno psicoterapeuta potrebbe aiutarti a comprendere quanto la paura o la preoccupazione per la salute stiano influenzando la tua vita quotidiana e a sviluppare strategie personalizzate per gestirla. Un percorso di supporto professionale non solo offre strumenti pratici, ma rappresenta anche uno spazio sicuro in cui esplorare le proprie emozioni senza giudizio.
Se ti riconosci nei sintomi descritti o senti che la tua serenità è compromessa, non esitare a chiedere aiuto: Un percorso di supporto professionale offre strumenti concreti per ridurre l’ansia legata alla salute e rappresenta uno spazio sicuro in cui esplorare le proprie emozioni e ritrovare serenità.
Prenditi cura di te: inizia oggi il tuo percorso di psicologia online con Unobravo
Se senti che la ricerca continua di sintomi online sta diventando una fonte di ansia e fatica nella tua vita, ricorda che non sei solo e che chiedere aiuto può essere il primo passo verso il benessere. Con Unobravo puoi trovare uno psicologo esperto che ti accompagnerà, con empatia e professionalità, a lavorare sul tuo rapporto con la salute. La cybercondria può condizionare le tue giornate: inizia il questionario per trovare il tuo psicologo online e scopri come possiamo aiutarti a vivere con maggiore equilibrio e tranquillità. Prendersi cura della propria salute mentale è un atto di coraggio: fallo oggi, per te.








