Cardiofobia: la paura di avere un infarto

Cardiofobia: la paura di avere un infarto
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Redazione
Unobravo
Articolo revisionato dalla nostra redazione clinica
Pubblicato il
1.12.2022
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Palpitazioni, monitoraggio costante del proprio battito cardiaco, ricerca di rassicurazioni: si tratta della cardiofobia, la paura persistente e irrazionale di poter avere un infarto.

La cardiofobia può essere inserita tra le patofobie, ovvero la paura di una specifica malattia improvvisa e mortale (la paura di avere un infarto o un ictus è circoscritta solo ai problemi che riguardano il cuore). 

La paura di avere un infarto, come la paura di avere un tumore, è dunque una manifestazione di ipocondria, quella paura che fa leggere qualsiasi sintomo o cambiamento nelle proprie sensazioni corporee come possibile manifestazione di un problema di salute. Quando la paura di avere un infarto si traduce in comportamenti compulsivi di ricerca di informazioni e sintomi su internet parliamo invece di cybercondria.

“Ho paura di avere un infarto”: cos’è la cardiofobia

Nel caso del cardiofobico, la paura di morire di infarto è irrazionale e incontrollata, ed è presente indipendentemente dagli esiti negativi di accertamenti medici.

La paura costante di avere un infarto scatena, nella persona che soffre di cardiofobia, un’attenzione quasi ossessiva del proprio stato di salute in relazione a eventuali patologie del cuore.

Il pensiero cardiofobico, infatti, porta la persona a comportamenti disfunzionali che possono compromettere la quotidianità:

  • ascolta il battito cardiaco per intercettare eventuali segnali “anomali”
  • si preoccupa sia che il battito si accelerato (tachicardia) che rallentato (bradicardia) o che ci sia un’aritmia cardiaca
  • svolge spesso visite cardiologiche, elettrocardiogrammi o misurazione della pressione
  • evita le situazioni che potrebbero provocare alterazioni al battito cardiaco (per esempio fare sport o, semplicemente, salire le scale)
  • controlla il cibo evitando ingredienti che possono favorire l’ipertensione
  • dice spesso “ho sempre paura dell’infarto” e, più in generale, parla della propria paura cercando rassicurazioni.

Questi comportamenti, però, non sortiscono l’effetto desiderato, anzi, provocano ulteriore agitazione che sfocia spesso in stati d’ansia.

cardiofobia
Pixabay - Pexels

I sintomi della cardiofobia

Come abbiamo visto descrivendo in breve cos’è la cardiofobia, la paura di un infarto è ascrivibile a un disturbo d’ansia. Come altri disturbi di questo genere, la cardiofobia ha sintomi fisici e psicologici. 

Tra i sintomi fisici della cardiofobia troviamo:

  • nausea
  • sudorazione eccessiva
  • mal di testa
  • tremori 
  • mancanza o difficoltà di concentrazione
  • respirazione affannosa
  • insonnia (ad esempio per la paura di avere un infarto nel sonno)
  • tachicardia o extrasistole.

Tra i sintomi psicologici della paura di avere un infarto:

  • attacchi d’ansia
  • attacchi di panico
  • evitamento (per esempio dell’attività fisica)
  • richiesta di rassicurazioni
  • ricerca di informazioni sulle patologie cardiache
  • attenzione focalizzata sul corpo
  • credenze superstiziose come “se smetto di preoccuparmi, succederà”
  • continuo ricorso a visite mediche
  • rimuginio.

Le cause della cardiofobia 

“Perché ho paura di avere un infarto?”. La paura di avere un infarto può manifestarsi in età adulta, ad esempio a 30 o 20 anni, ma può essere anche “giovanile” ed emergere a 14, 15, 16 o 17 anni. 

Le cause della cardiofobia si possono rintracciare in:

  • esperienze di malattia o di morte (un familiare o un amico ha subito un infarto, un ictus o problemi cardiaci o ancora è deceduto)
  • eredità genetiche, come sostiene il professor William R. Clark dell’Università della California
  • esempi e insegnamenti (i genitori possono aver trasmesso al figlio il timore di problemi al cuore derivanti da anomalie cardiache).

Come curare la cardiofobia

Superare la cardiofobia è possibile mettendo in atto una serie di comportamenti utili a gestire i sintomi ansiosi della paura di avere un infarto. Un rimedio utile può essere quello di praticare esercizi di mindfulness per l’ansia e la respirazione diaframmatica.

Queste pratiche intervengono sulla gestione della respirazione e degli stati d’ansia. Già nel 1628, il medico inglese William Harvey (che aveva descritto per primo il sistema circolatorio) affermava:

“Ogni affezione della mente che si manifesti con dolore o con piacere, con speranza o con paura, è la causa di un'agitazione la cui influenza si estende al cuore.”

Oggi, alcuni ricercatori hanno studiato la correlazione tra cardiopatie e problematiche legate a stress e ansia:

“Nonostante le prove che collegano stress psicologico e malattie cardiovascolari, la gestione del rischio cardiovascolare è rimasta focalizzata su altri fattori di rischio, forse in parte a causa della scarsa comprensione dei meccanismi alla base delle malattie cardiovascolari associate allo stress.”

Da questi studi si evince che lo stress emotivo è associato a un maggiore rischio di malattie cardiovascolari. È quindi plausibile che la cardiofobia possa essere associata a ipertensione o altre patologie cardiache come somatizzazione di un forte stress. Come far passare la cardiofobia allora?

cardiofobia la paura di avere un infarto
Atc Comm Photo - Pexels

Come superare la paura di avere un infarto: la terapia psicologica

La terapia psicologica si è rivelata efficace per il trattamento di disturbi d’ansia e delle fobie (come l’agorafobia). 

Le testimonianze di chi soffre di cardiofobia che si possono leggere in forum dedicati, rivelano una diffusione della cardiofobia, per esempio, in persone che hanno paura di prendere l’aereo e avere un infarto (“ho paura di volare, posso avere un infarto”), ma può presentarsi anche in gravidanza, periodo in cui lo stress fisico e psicologico può essere molto alto (“vivo con la paura di avere un infarto”).

L’ipercontrollo del proprio stato di salute, come abbiamo visto, è uno dei segnali che collegano la cardiofobia a una problematica ansiosa. Il lavoro terapeutico quindi, andrà a intervenire su una serie di fattori comportamentali con lo scopo di modificare i comportamenti disfunzionali in favore di una maggiore capacità di gestire l’ansia, i possibili attacchi di panico e la paura di avere un infarto.

Il “pensiero fisso” di avere un infarto verrà compreso, accolto e gestito dal paziente con il supporto del terapeuta affinchè egli possa pian piano ritornare a vivere serenamente la propria quotidianità.

È possibile, infatti, che la persona stia esprimendo, attraverso la cardiofobia, l’ansia e la paura di morire (tanatofobia).

Come comportarsi con chi soffre di cardiofobia

Abbiamo visto che, tra le caratteristiche comportamentali dei cardiofobici, c’è anche il parlare della propria ansia continua e della paura di infarto nella ricerca di rassicurazioni. La cardiofobia e quelle frasi come “ho sempre paura di avere un infarto” vanno accolte e non giudicate

L’ascolto è certamente utile, ma un amico o un familiare non sempre sono in grado di supportare in modo efficace una persona con una problematica psicologica.

Ecco perchè consigliare di rivolgersi a un professionista del benessere psicologico può essere davvero utile per imparare a capire la cardiofobia, a conoscerne i sintomi e aprirsi con fiducia alla terapia psicologica per trovare i rimedi più adatti.

Per fare solo un esempio, prendiamo il tema “cardiofobia e sport”: sebbene la persona che soffre di cardiofobia spesso eviti di praticare attività sportive, sono proprio queste che potrebbero contribuire ad alleviare ansia e stress. 

Con l’aiuto di un esperto, la persona che soffre di cardiofobia potrebbe ricominciare a praticare sport o fare del movimento, ribaltando la sua visione delle cose e facendo sì che da fonte di preoccupazione, lo sport diventi risorsa per un maggiore benessere.

Un primo passo può essere quello di regalare una seduta dallo psicologo con Unobravo. Uno degli psicologi e psicoterapeuti online Unobravo potrà seguire il paziente da qualsiasi luogo egli si trovi, e svolgere le sedute comodamente online.

Bibliografia
Questo è un contenuto divulgativo e non sostituisce la diagnosi di un professionista. Articolo revisionato dalla nostra redazione clinica

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