La comunicazione è uno dei modi principali con cui entriamo in relazione con gli altri. Comunicazione e relazione sono, infatti, strettamente connesse, tanto che lo psicologo Paul Watzlawick e gli altri studiosi della Scuola di Palo Alto hanno individuato cinque assiomi della comunicazione, primo fra tutti “non possiamo non comunicare”.
Anche quando scegliamo di restare in silenzio, stiamo già comunicando qualcosa di noi nella relazione che stiamo vivendo. Per questo diventa fondamentale sviluppare una maggiore consapevolezza di come e cosa comunichiamo nel legame con l’altro, soprattutto quando la comunicazione diventa conflittuale e difficile, creando distanza, incomprensione e sofferenza.
Come trasformare il conflitto e l’incomprensione in un momento di incontro e non di scontro?
Trasformare il conflitto in un’occasione di incontro è possibile attraverso la comunicazione non violenta, che si fonda sull’ascolto empatico utile a riconoscere e accogliere i propri bisogni, così come quelli dell’altro. La comunicazione non violenta rappresenta un modo diverso di relazionarsi con chi abbiamo di fronte, andando oltre preconcetti e comportamenti appresi, in un’ottica di rispetto, empatia e comprensione reciproca.
Questo tipo di comunicazione offre una vera occasione di conoscenza di sé, di sviluppo di nuove competenze relazionali e può sostenere anche i genitori nella loro funzione educativa attraverso l’uso del “linguaggio giraffa”, ideato e sviluppato dallo psicologo Marshall Rosenberg.
Il linguaggio sciacallo e il linguaggio giraffa
Carl Rogers ha descritto l’impatto dell’empatia con queste parole:
“Quando qualcuno ti ascolta davvero senza giudicarti, senza cercare di prendersi la responsabilità per te, senza cercare di plasmarti, ti senti tremendamente bene.”
Essere genitori può essere impegnativo e richiede una particolare capacità di ascolto e osservazione di ciò che i figli cercano di esprimere, anche attraverso la disobbedienza e la ribellione, come accade nei bambini con disturbo oppositivo provocatorio. Il compito del genitore diventa quindi quello di porsi in una posizione empatica, dove l’amore incondizionato guida il proprio agire.
Amare incondizionatamente non significa rinunciare alla propria funzione educativa e normativa, ma mostrare amore e rispetto sia quando i bambini rispondono a ciò che chiediamo, sia quando non lo fanno. Marshall Rosenberg distingue due modalità principali di linguaggio che il genitore può adottare nella comunicazione con i figli:
- il linguaggio sciacallo
- il linguaggio giraffa
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Il linguaggio sciacallo
Il linguaggio sciacallo si basa sul pretendere qualcosa dall’altro, attraverso punizioni o ricompense, perché il comportamento del bambino viene classificato secondo i concetti di giusto o sbagliato, appropriato o inappropriato, bravo o cattivo.
In questo caso, si esercita una forma di potere di tipo coercitivo che impedisce al bambino di sperimentare e comunicare i propri sentimenti e bisogni. La comunicazione appare caratterizzata da uno scambio in cui si obbliga l’altro a sottomettersi all’autorità esercitata, senza riconoscere l’autorevolezza.
Il linguaggio giraffa
Il linguaggio giraffa è invece caratterizzato da un linguaggio basato sui bisogni: i bambini non sono valutati in maniera moralistica, ma secondo le caratteristiche della comunicazione non violenta. In particolare, la comunicazione non violenta si basa sull’esercitare la propria influenza (potere) in una relazione fondata sulla fiducia reciproca.
Questo è possibile attraverso l’esempio concreto che il genitore può offrire al figlio: esprimere apertamente i propri bisogni e sentimenti per permettere al bambino di fare esperienza di questa modalità comunicativa. Inoltre, adottare un linguaggio giraffa significa prendersi un tempo per diventare consapevoli di come gestire ciò che emerge nel rapporto con il bambino.
Anche in questo caso, è importante sospendere il giudizio personale, spesso influenzato da condizionamenti culturali e sociali, con lo scopo di sostenere l’autonomia e il processo di responsabilizzazione del bambino, sollecitandolo a trovare attivamente soluzioni partendo dai propri sentimenti e bisogni.
Un linguaggio che determina l’approccio genitoriale
Marshall Rosenberg ha scelto la giraffa per via del suo collo molto lungo, che le permette di avere una visione più ampia del mondo che la circonda, oltre ad avere un cuore molto grande. Allo stesso modo, il linguaggio giraffa può rappresentare la capacità di osservare la relazione con l’altro, e gli eventuali problemi connessi, in maniera più aperta, andando oltre ciò che appare.
Una differenza importante tra il linguaggio giraffa e il linguaggio sciacallo sta nel fatto che il genitore che usa le “orecchie da giraffa” coglie e riconosce i sentimenti e i bisogni del figlio indipendentemente da come sono espressi, mentre chi ha “orecchie da sciacallo” tende ad addossare la colpa e la responsabilità sull’altro e interpreta ogni parola come critica o giudizio.
Il linguaggio giraffa ha proprio lo scopo di liberare la comunicazione dalla pretesa e dalla critica, per evitare che il figlio sviluppi la convinzione che, per essere amato e rispettato, debba necessariamente fare quanto il genitore vuole, non in termini di regole e valori da rispettare, ma in termini di bisogni e aspettative da soddisfare.
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Le quattro componenti della comunicazione non violenta secondo Marshall Rosenberg
La comunicazione non violenta (CNV), sviluppata dallo psicologo Marshall Rosenberg, si fonda su quattro componenti fondamentali che possono aiutare a trasformare i conflitti e a favorire una relazione empatica e rispettosa, soprattutto nel rapporto genitori-figli. Comprendere e applicare queste componenti può fare la differenza nella qualità della comunicazione familiare.
- Osservazione senza giudizio: significa descrivere ciò che accade in modo oggettivo, senza aggiungere interpretazioni o valutazioni. Ad esempio, invece di dire "Sei sempre disordinato", si può affermare "Ho notato che i tuoi giochi sono sparsi sul pavimento". Questo riduce la probabilità che l'altro si senta attaccato o giudicato.
- Esprimere i propri sentimenti: consiste nel riconoscere e comunicare ciò che si prova, senza attribuire la responsabilità all'altro. Ad esempio, "Mi sento frustrato quando vedo i giochi per terra". Dare voce ai propri sentimenti aiuta a creare un clima di autenticità e apertura.
- Riconoscere i bisogni: ogni sentimento nasce da un bisogno soddisfatto o insoddisfatto, anche se spesso non vengono espressi o non sono riconosciuti. . Esplicitare i propri bisogni permette di andare oltre la superficie del conflitto. Ad esempio, dire “Ho bisogno di ordine in casa per sentirmi tranquillo” rappresenta un passo importante che favorisce la comprensione reciproca.
- Formulare richieste chiare e realizzabili: la richiesta è un invito all'altro a compiere un'azione concreta, senza pretese o imposizioni. Ad esempio, "Potresti aiutarmi a raccogliere i giochi prima di cena?". Una richiesta chiara lascia spazio alla collaborazione e al dialogo.
Marshall Rosenberg sottolineava che "la CNV non è solo un modo di parlare, ma un modo di essere". Applicare queste quattro componenti nella quotidianità familiare può aiutare a prevenire incomprensioni e a costruire un clima di fiducia e rispetto reciproco.
Esempi pratici di comunicazione non violenta nella relazione genitori-figli
Mettere in pratica la comunicazione non violenta può richiedere esercizio e consapevolezza. Di seguito alcuni esempi che illustrano come può essere possibile applicare le quattro componenti della CNV in situazioni quotidiane tra genitori e figli:
Esempio 1: Il momento dei compiti
- Osservazione: "Vedo che il quaderno dei compiti è ancora chiuso sulla scrivania."
- Sentimento: "Mi sento preoccupato perché vorrei che tu abbia il tempo di riposarti dopo aver finito."
- Bisogno: "Ho bisogno di sapere che riesci a organizzare il tuo tempo."
- Richiesta: "Ti andrebbe di iniziare i compiti adesso così poi possiamo giocare insieme?"
Esempio 2: Il disordine in camera
- Osservazione: "Ci sono vestiti e libri sparsi sul pavimento della tua stanza."
- Sentimento: "Mi sento sopraffatto quando vedo tanto disordine."
- Bisogno: "Ho bisogno di ordine per sentirmi a mio agio in casa."
- Richiesta: "Potresti aiutarmi a sistemare la tua stanza oggi pomeriggio?"
Questi esempi mostrano come la CNV possa aiutare a esprimere i propri bisogni senza accusare o giudicare, favorendo una risposta collaborativa da parte dei figli. Con il tempo, questa modalità può diventare un'abitudine che rafforza la relazione e la fiducia reciproca.
Esercizi pratici per allenare la comunicazione non violenta in famiglia
Allenare la comunicazione non violenta richiede pratica costante. Ecco alcuni esercizi che i genitori possono sperimentare nella vita quotidiana per sviluppare questa competenza:
- Diario delle osservazioni: ogni giorno, prova a scrivere una situazione conflittuale vissuta con tuo figlio, descrivendola solo attraverso fatti osservabili, senza giudizi o interpretazioni. Questo esercizio aiuta a distinguere tra ciò che accade realmente e le nostre valutazioni personali.
- Riconoscere e nominare i sentimenti: dopo una discussione, prenditi un momento per identificare e scrivere quali emozioni hai provato. Puoi anche condividere questi sentimenti con tuo figlio, usando frasi come "Mi sono sentito...".
- Individuare i bisogni: chiediti quali bisogni erano alla base dei tuoi sentimenti. Ad esempio, "Avevo bisogno di collaborazione" o "Avevo bisogno di rispetto". Questo passaggio favorisce l'autoconsapevolezza.
- Formulare richieste chiare: allenati a trasformare i tuoi desideri in richieste specifiche e realizzabili, evitando pretese o ordini. Ad esempio, invece di "Sii più ordinato!", prova con "Potresti mettere i tuoi giochi nella scatola dopo aver finito di usarli?".
Ripetere questi esercizi può aiutare a interiorizzare la CNV, rendendola uno strumento naturale di relazione e crescita reciproca. Inoltre, è stato dimostrato che un programma educativo basato sulla comunicazione non violenta ha portato a un aumento significativo dell'autostima negli studenti di infermieristica rispetto al gruppo di controllo (Sung & Kweon, 2022).
Errori comuni nella pratica della comunicazione non violenta
Anche con le migliori intenzioni, è facile incorrere in alcuni errori quando si cerca di applicare la comunicazione non violenta. Essere consapevoli di questi ostacoli può aiutare a superarli e a migliorare la qualità delle relazioni familiari.
- Confondere osservazioni con giudizi: spesso, senza rendercene conto, esprimiamo giudizi invece di osservazioni. Ad esempio, dire "Sei pigro" è un giudizio, mentre "Non hai ancora iniziato i compiti" è un'osservazione.
- Non riconoscere i propri sentimenti: a volte si tende a parlare solo dei comportamenti dell'altro, senza esprimere come ci si sente. Dare voce alle proprie emozioni è fondamentale per una comunicazione autentica.
- Trasformare i bisogni in pretese: se una richiesta viene percepita come un ordine, può generare resistenza. È importante formulare richieste che lascino all'altro la libertà di scelta.
- Dimenticare l'ascolto empatico: la CNV non riguarda solo l'espressione di sé, ma anche l'ascolto attento dei sentimenti e dei bisogni dell'altro. Prendersi il tempo per ascoltare senza interrompere o giudicare è un passo essenziale.
Marshall Rosenberg ricordava che "la qualità della nostra comunicazione dipende dalla qualità della nostra presenza". Imparare dagli errori e praticare la CNV con pazienza può portare a relazioni più serene e soddisfacenti.
Saper comunicare per poter amare e amarsi
Ogni relazione, anche quella tra genitori e figli, può essere sostenuta e rinforzata da una comunicazione non violenta intesa come incontro empatico, sincero e spontaneo. Più il genitore svilupperà la capacità di seguire e adottare una comunicazione non violenta, maggiore sarà la possibilità per il figlio di fare una positiva esperienza di relazione e contatto.
Tuttavia, può capitare di attraversare momenti di maggiore difficoltà comunicativa e relazionale, in cui lo scontro e i conflitti familiari sembrano prevalere rispetto alla volontà e alla possibilità di trovare soluzioni condivise. In questi casi, rivolgersi a una persona esterna come uno psicologo, che possa supportare le emozioni e i bisogni di ciascuno, può essere una strada utile verso una lettura diversa della realtà vissuta.
Tra i possibili interventi psicologici ci sono la terapia familiare e il parent training, un programma di stampo cognitivo comportamentale rivolto ai genitori e finalizzato a migliorare la gestione di comportamenti problematici in famiglia.
Unobravo può aiutarti
Se senti il bisogno di migliorare la comunicazione in famiglia o desideri un supporto per affrontare conflitti e difficoltà relazionali, Unobravo può aiutarti a trovare lo psicologo più adatto alle tue esigenze. Inizia il questionario e fai il primo passo verso una relazione più serena e consapevole.









