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Perdonare: cosa significa davvero concedere il perdono

Perdonare: cosa significa davvero concedere il perdono
Perdonare: cosa significa davvero concedere il perdonologo-unobravo
Stefania Mingolla
Stefania Mingolla
Redazione
Psicologa ad orientamento Cognitivo-Comportamentale
Unobravo
Articolo revisionato dalla nostra redazione clinica
Pubblicato il
20.1.2022

Nella quotidianità della pratica clinica psicoterapeutica e non solo, capita spesso di incontrare persone che hanno vissuto dei traumi di varia natura, da quelli di carattere fisico, sessuale a quelli emotivi; questo comporta il confrontarsi con la capacità o meno di riuscire a perdonare o a perdonarsi per ciò che si è vissuto. 

Quando qualcuno a cui teniamo ci ferisce, possiamo provare rabbia, risentimento e pensieri di vendetta, oppure perdonare e andare avanti. In questo articolo cercheremo di sviscerare il significato del perdono e perché è importante saper perdonare. 

Cos’è il perdono? 

Un’esperienza dalla quale nessun essere umano è purtroppo in  grado di esimersi nel corso della propria vita è quella dell’essere feriti, offesi o amareggiati. Anche coloro che soffrono di mania di controllo prima o poi incappano in qualcuno che li delude e li ferisce. 

Quando subiamo un torto la rabbia, il rancore e il risentimento possono consumarci. I pensieri associati a tali emozioni sono quelli di voler rivendicare l’offesa subita, o voler dimenticare l’accaduto o ancora, evitare di stringere relazioni per il timore di essere feriti nuovamente. 

Così facendo, però, si innescano ulteriori meccanismi di  mantenimento del problema, in quanto sappiamo che non ci è concesso dimenticare a comando, sappiamo che la vendetta può darci, forse, sollievo temporaneamente ma non a lungo termine, sappiamo che non è possibile limitare o evitare di relazionarsi con l’altro, “l’uomo è un animale sociale (Aristotele, 1855) e come tale tende ad aggregarsi con altri individui e a costituirsi in società”. 

Ma perché è così difficile perdonare? Perché nonostante siamo a conoscenza che il perdono è la via migliore per raggiungere un benessere mentale, abbiamo così difficoltà ad intraprendere un tale processo di liberazione dalla sofferenza? La risposta forse possiamo trovarla nell’interpretazione che diamo all’evento e di conseguenza quale significato attribuiamo alla parola perdono

Perdono: significato della parola

L’etimologia di “perdono” deriva dal latino medievale di perdonare composto da “per” che sta a significare completamente, e da “donare” (donare), originatosi cambiando il prefisso di condonare. Storicamente, il primo ad usare il termine “perdono” lasciandone traccia fu Francesco D’Assisi, al ritorno dalla Crociata d’Egitto, quando scrive: «Beati quelli che perdonano per lo Tuo Amore».

Il verbo “perdonare” è stato oggetto di diverse interpretazioni nel tempo, e nel linguaggio comune odierno sta per “tacere dopo aver subìto un torto”. Il significato autentico di perdono è però un altro, ovvero secondo la definizione che ne dà lo psicologo Davide Algeri: «Imparare a dividere il giudizio sulla persona  dalle azioni che ha fatto». 

Se consideriamo il “tacere” come segno di debolezza, sottomissione, inferiorità, incapacità di rispondere all’offesa subita o come segno del non sapersi vendicare, allora sarà difficile intraprendere la via del perdono come processo di superamento del torto subito. 

Se invece impariamo a non essere giudicanti verso la persona, né verso noi stessi, ma considerare l’azione subita per quello che è realmente, con tutto il carico di sofferenza, allora sarà più semplice concedere e concederci il perdono. Allo stesso modo, bisogna accettare i pensieri per quello che sono e non come fatti reali, ma solo dei pensieri che attraversano la nostra mente, osservandoli e cercando di lasciarli scorrere via.

Il significato psicologico del perdono non è, dunque, dimenticare, sminuire, giustificare o chiedere scusa per l’accaduto, né abdicare al diritto di ottenere giustizia, né riconciliarsi.

Ketut Subiyanto - Pexels

Saper perdonare

Ma cosa significa perdonare e cosa implica? Innanzitutto, il perdono comporta il ricordo dell’accaduto e della sua gravità. Perdonare, infatti, non vuol dire dimenticare, né sarebbe adattivo farlo. 

In secondo luogo il perdono è tale se chi subisce il torto, pur arrivando col tempo ad attribuire significati diversi nei confronti di chi l’ha ferita, ne riconosce comunque le responsabilità e le colpe, così come la natura biasimevole delle azioni compiute, senza sminuirle o giustificarle.

Inoltre, anziché rinunciare alle proprie legittime pretese di ottenere giustizia, la vittima che perdona, al contrario di quella che si vendica, è in genere convinta che le norme vigenti nell’ambiente sociale e culturale in cui vive tutelino adeguatamente tali pretese. In altri termini, rifiuta di farsi giustizia da sé, ma non necessariamente al diritto di avere giustizia. (Aquino, et al., 2006). 

Infine, il perdono non prevede necessariamente una riconciliazione. Esistono circostanze in cui non è favorevole riconciliarsi con chi si è perdonato, qualora, così facendo si alimenterebbe un legame fonte di sofferenze. 

Perdonare ma allontanarsi

Gli studi clinici, ci dicono, a tal proposito, che il perdono è salutare anche nel caso di abusi familiari, di una relazione tossica o traumi particolarmente gravi, purché la vittima non lo confonda con la riconciliazione, con la necessità di ristabilire un legame che potrebbe esporla a nuovi rischi, compromettendone ulteriormente la salute psicofisica. 

Anche laddove una riconciliazione sia opportuna (pensiamo ad un esempio ad un rapporto conflittuale tra madre e figlia), non è detto che debba di fatto aver luogo. Si può perdonare senza per forza dover fare pace

Mentre il perdono può essere un atto unilaterale e incondizionato, la riconciliazione presuppone l’impegno e gli sforzi congiunti di entrambe le persone coinvolte, non solo della vittima che perdona ma anche dell’offensore, che deve assumersi le proprie responsabilità e offrire rassicurazioni circa la propria moralità e le proprie intenzioni future. Se non ci sono i presupposti per far sì che ciò avvenga, la vittima può, sì perdonare ma non perseverare in una riconciliazione. 

“Molte riconciliazioni promettenti falliscono perché entrambe le parti arrivano preparate a perdonare, ma non ad essere perdonate”, asseriva con finezza lo scrittore inglese Charles Williams.  

Come perdonare qualcuno: tendenza innata o appresa? 

Partiamo dal presupposto che si può imparare a perdonare un’offesa specifica, ed è anche possibile apprendere ad essere tendenzialmente inclini al perdono. Ma è possibile che ci sia una certa predisposizione già delineata alla nostra nascita? 

Se pensiamo a persone, divenute grandi guide, come Martin Luther King, Madre Teresa, Ghandi e Nelson Mandela, possiamo sostenere che siano nati con un’indole sostanzialmente incline al perdono o l’hanno sviluppata ed appresa a partire dalle circostanze e dagli incontri che hanno caratterizzato la loro vita? 

Sia le loro vicende  personali, sia gli studi accademici sembrano indicare che l’ambiente familiare, sociale e culturale di cui facciamo parte condiziona la nostra propensione al perdono, influendo sia sulla modalità di vivere che di intendere tale processo. 

Una ricerca longitudinale condotta sulla gestione di conflitti familiari che coinvolgevano triadi composte da padre, madre e figlio/a ha, ad esempio, provato che più i genitori sono inclini a perdonare il proprio figlio/a più questi diventa a distanza di un anno maggiormente propenso/a a perdonarli a propria volta (Maio, 2008). Non solo, da adulte le persone assomigliano più ai loro genitori nella propensione a perdonare il coniuge che non al coniuge stesso e hanno un’idea del perdono molto simile a quella dei genitori

Anderson Guerra - Pexels

Perdono: una questione culturale?

Studi cross-culturali evidenziano inoltre che gli individui sono più inclini a concedere il perdono, tanto ai loro cari che alle persone sconosciute, soprattutto se sono cresciuti in paesi collettivisti asiatici, africani e latino-americani; meno se vengono educati in paesi individualisti nordamericani ed europei. 

A differenza delle culture individualiste, quelle collettiviste valorizzano maggiormente l’armonia, gli obblighi e le reazioni sociali e incentivano quindi il perdono, anche nei confronti di estranei, quale strumento utile per favorire il benessere e la coesione sociale. 

Nonostante queste differenze familiari e culturali, il perdono pare comunque universalmente diffuso quale mezzo utile alla salvaguardia dei rapporti più stretti. Gli studi etnografici indicano che il perdono è un fenomeno sociale riscontrabile in ben il 93% delle culture, ove viene considerato uno strumento appropriato per risolvere offese e conflitti verificatisi tra coniugi: pensiamo ad esempio alle crisi di coppia, tra genitori e figli, tra vicini e comunità in lotta. 

Questi dati non solo avvalorano l’ipotesi di una componente innata, oltre che appresa, del perdono, ma ancora una volta testimoniano la valenza  adattiva del processo. Il bisogno di affiliazione ci spinge ad aprirci e affidarci agli altri, esponendoci però a ferite anche profonde. Per far fronte a tali ferite è possibile intraprendere il viaggio del perdono che, come ci ricorda David Lynch, è lento, faticoso e, diversamente dalla vendetta, non può essere delegato ad altri.  

I benefici del perdono e i suoi ingredienti 

Perdonare chi ti ha ferito, chi ti ha tradito o deluso è una delle cose più difficili da fare. Il dolore del tradimento può essere devastante, e per molti ci sono cose che non si possono perdonare. Eppure imparare a perdonare è un passaggio necessario se vogliamo liberarci dal passato e iniziare a guardare avanti.

Il perdono, coinvolge diversi aspetti della nostra psiche:

  • I pensieri sull’offesa e su chi l’ha commessa, che devono farsi meno insistenti e più positivi
  • I sentimenti, che anziché dominati dal rancore e dalla paura devono lasciare spazio all’empatia
  • Le motivazioni sottostanti il nostro agire, che devono divenire più benevole e generose.

Tutti questi possono essere considerati come ingredienti salienti implicati  nel processo del perdonare. Uno degli ingredienti per eccellenza è sicuramente quello di lasciare andare la rabbia: coloro che sono riusciti ad affrontare meglio la vita sono anche quelli che hanno trovato il modo per perdonare se stessi e gli altri. Hanno lavorato duramente per lasciare andare la rabbia e il risentimento. 

Non hanno dimenticato ma sono riusciti ad affrancarsi dalla condizione di vittima, scegliendo (meritatamente o meno) di perdonare. Riporto una frase di una mia paziente, vittima di una esperienza traumatica di abuso, la quale si è detta: 

«Se non avessi vissuto tutto quello che mi è accaduto, oggi non sarei arrivata a comprendere cosa vuol dire davvero perdonare e perdonarsi senza doversi sentire sbagliati forse anche per aver meritato un tale malessere, e la rabbia mi avrebbe solo soffocata senza consentirmi di intraprendere delle relazioni amicali/affettive sane e libere dal giudizio».

Perché e quando perdonare fa bene? 

Perdonare o non perdonare? Quante volte di fronte a un grande dolore abbiamo pensato: “Non riesco a perdonare”. Per molti, infatti, non si può sempre perdonare tutto e tutti. 

Tuttavia ci sono numerose evidenze sperimentali e longitudinali, raccolte nella popolazione comune così come in campioni clinici esposti alle offese più disparate (donne vittime di incesto, ex coniugi traditi, figli di alcolizzati, veterani di guerra, donne abusate da estranei o da persone vicine), che attestano che, come conseguenza del superamento dello stress generato dall’offesa, la concessione del perdono determina nella vittima condizioni psico-fisiche solitamente migliori di quelle ricorrenti in chi non perdona.

È stato dimostrato che perdonare comporta:

  • una pressione cardiaca più bassa
  • un sistema immunitario ed endocrino più forte
  • una sintomatologia fisica più contenuta
  • stili di vita più salutari (un minor ricorso a farmaci, alcool e fumo)
  • minori livelli di stanchezza, rabbia, odio, ansia, tristezza, solitudine e depressione 
  • un umore più positivo e maggiore ottimismo
  • una più intensa soddisfazione di sé e della vita in generale

Attraverso alcuni studi sperimentali Karremans, Van Lange e Holland (2005) dimostrano ad esempio che, quando le persone vengono indotte a soffermarsi sulle offese che hanno perdonato, anziché su quelle che non hanno perdonato, sono significativamente più inclini a pensare in termini di “noi” invece che di “io” o di “tu”, a fare del volontariato e a donare del denaro a favore di un’associazione umanitaria. 

Il perdono tende poi ad avere effetti positivi anche sul rapporto con l’offensore. Diversi studi longitudinali dimostrano che, quando la vittima è legata all’offensore da un rapporto stretto (di coppia, familiare o amicale), il perdono contribuisce a far sì che tale rapporto torni ad essere altrettanto intimo, soddisfacente e coinvolgente di quanto lo fosse prima del verificarsi dell’offesa.

Helena Lopes - Pexels

Favorendo la continuità di relazioni che sono fondamentali per il benessere psico-fisico dell’individuo, non sorprende che il perdono risulti per la vittima ancor più salutare proprio quando concesso all’interno di tali relazioni. Ad una condizione però: analogamente alla vittima, anche colui che ha ferito deve dar prova di tenere al rapporto, mostrandosi pentito, accondiscendente, e desistendo dal reiterare le proprie offese.

Nel complesso, alla luce di quanto esposto, il perdono sembra avere risvolti prevalentemente positivi. A partire da questa premessa, la ricerca si è prodigata al fine di individuare le variabili che più influiscono sulla sua concessione cosicché, quando opportuno, sia possibile incentivarlo facendo leva su di esse. 

Conclusioni: l’importanza del perdono

Una delle riflessioni sul perdono più belle è di Nelson Mandela: “Il perdono libera l’anima, rimuove la paura ed è per questo che è un’arma potente.” Un’arma che non giustifica uno sbaglio, come molti pensano. Un’arma che però va oltre ciò che è accaduto, oltre la sofferenza

Perdonare qualcuno è cercare di trovare la pace che ognuno di noi merita, portandoci anche verso l’accettazione di se stessi. E la pace interiore può essere raggiunta solo quando pratichiamo il perdono. Ti ricordiamo che puoi chiedere, in qualunque momento, il supporto di uno psicologo online Unobravo, che saprà guidarti ed accompagnarti nel tuo percorso verso il perdono. 



Questo è un contenuto divulgativo e non sostituisce la diagnosi di un professionista.
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