Crescita personale
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“Sono o non sono capace?”: il significato di autoefficacia

“Sono o non sono capace?”: il significato di autoefficacia
“Sono o non sono capace?”: il significato di autoefficacialogo-unobravo
Claudio Contrada
Claudio Contrada
Redazione
Psicoterapeuta cognitivo-comportamentale
Unobravo
Articolo revisionato dalla nostra redazione clinica
Pubblicato il
24.2.2022

Ad ognuno di noi può capitare di pensare "non sono capace" di fronte ad alcune “sfide” che, quotidianamente, ci troviamo a dover affrontare. A volte ci sentiamo sopraffatti dagli eventi, convinti di non aver nessuna possibilità di farcela. In altri casi ci sentiamo in grado di affrontare specifici compiti e di superare eventuali problemi che potrebbero manifestarsi. 

Questi pensieri di capacità o incapacità di padroneggiare determinate situazioni, attività o aspetti del proprio funzionamento psicologico, sociale e prestazionale, possono essere la definizione di “autoefficacia”. In questo articolo vedremo che cos’è l’autoefficacia e come può migliorare la nostra vita.  

Il senso di autoefficacia per Albert Bandura

Il primo ad occuparsi del significato di autoefficacia in psicologia è stato Albert Bandura, psicologo americano noto soprattutto per le sue ricerche sull’apprendimento sociale, che hanno permesso di ampliare le conoscenze sul contributo delle esperienze sociali nel processo di strutturazione della personalità e nella regolazione del comportamento

Bandura, infatti, evidenziava come l'apprendimento non si verifichi solo per esperienza diretta, ma anche tramite l'osservazione di altre persone, per mezzo di uno specifico processo definito “modellamento”.  

All’interno della cosiddetta “Teoria sociale cognitiva” delineata da Bandura, un ruolo cruciale nel costrutto dell’autoefficacia è svolto dalla percezione di autoefficacia, ovvero la percezione delle capacità personali che permetterebbe agli individui di conoscere se stessi e l’ambiente e, di conseguenza, regolare il proprio comportamento. 

L’autoefficacia percepita

Nel suo libro “Autoefficacia. Teoria e Applicazioni”, Bandura definisce l’autoefficacia percepita (dal termine inglese perceived self-efficacy), come la convinzione di avere capacità di organizzare ed eseguire le sequenze di azioni necessarie per riprodurre determinati risultati. 

Tali convinzioni (o credenze) quindi, determinano cosa le persone provano e pensano, come tendono a motivarsi e quali comportamenti mettono in atto. Partendo da questa definizione, il termine autoefficacia può essere preso in considerazione in due diverse accezioni: 

  • La prima fa riferimento alla capacità percepita di mettere in atto un determinato comportamento (percezione di autoefficacia); 
  • La seconda accezione, invece, riguarda la percezione di essere in grado di controllare, prevedere e gestire le potenziali difficoltà che possono presentarsi in una particolare situazione. 

La caratteristica distintiva dell’autoefficacia per Bandura, dunque, è quella di essere dipendente dal contesto, e ciò vuol dire che non si manifesta sempre con le stesse caratteristiche. Ad esempio: uno studente può ritenersi molto bravo nelle materie umanistiche, ma allo stesso tempo considerarsi assolutamente incapace di apprendere nozioni matematiche o scientifiche: si parlerà allora di autoefficacia e apprendimento.

Come si costruisce l’autoefficacia?

Bandura afferma che ognuno di noi costruisce il proprio senso di autoefficacia ricavando le informazioni da quattro fonti:

  1. La realizzazione di una performance, in una situazione in cui è stata sperimentata la buona padronanza di specifiche abilità in uno o più compiti. Pensiamo alla motivazione e alla conseguente autoefficacia nello sport. 
  2. Il confronto con gli altri, cioè l’osservazione di persone che, nella nostra stessa situazione, hanno avuto buone performance, in assenza di conseguenze negative (ciò ci può indurre a credere di poter svolgere lo stesso compito). 
  3. I feedback positivi da parte di altre persone, che motivandoci e sostenendoci nell’intento di affrontare un problema o gestire eventuali difficoltà correlate, ci rassicurano sul fatto che abbiamo le capacità necessarie aumentando autostima e autoefficacia. È il caso dell’autoefficacia lavorativa: i feedback positivi dei colleghi e superiori possono accrescere la percezione delle nostre abilità e quindi della nostra autoefficacia al lavoro. Lo stesso succede a scuola: l’insegnante influisce moltissimo nel potenziare il senso di autoefficacia dei propri alunni, effetto che è noto come effetto Pigmalione.
  4. Le emozioni e gli stati fisiologici, che possono farci sentire più o meno efficaci sulla base della loro intensità. Un esempio può essere avere l’ansia prima di un esame, che se si presenta con un’intensità adeguata può aiutare a concentrarsi: si tratterà quindi di autoefficacia “emotiva”. Al contrario, se si manifesta con intensità molto elevate, ad esempio con un attacco d'ansia, può portare ad avere pensieri catastrofici come “se mi sento così in ansia, significa che non sono abbastanza preparato e non riuscirò mai a passare l’esame”.
Mikhail Nilov - Pexels

Cosa succede quando abbiamo una percezione di bassa autoefficacia?

L'autoefficacia percepita ha un impatto importante sul proprio self empowerment. Le persone con bassa autoefficacia percepita infatti:

  • Tendono maggiormente ad evitare le attività considerate complesse;
  • Sono scarsamente ambiziose e si impegnano poco nel raggiungimento degli obiettivi;
  • Quando si apprestano ad affrontare compiti complessi, tendono a focalizzare l’attenzione sulle proprie mancanze, sugli eventuali ostacoli e sulle conseguenze negative, piuttosto che concentrarsi su cosa fare;
  • Di fronte alle difficoltà, tendono molto facilmente a rinunciare al compito;
  • Dopo un insuccesso, riacquisiscono molto lentamente fiducia nelle proprie capacità;
  • Attribuiscono le prestazioni scadenti alla propria mancanza di abilità;
  • Sono più sensibili allo stress e soggette a sintomi depressivi.

C’è differenza tra autostima e autoefficacia?

Autoefficacia e autostima sono strettamente correlate e i due costrutti possono variare ed influenzarsi reciprocamente, determinando il modo in cui ci rappresentiamo le situazioni interpersonali e prestazionali e, di conseguenza, il modo in cui decidiamo di affrontarle. 

Va da sé quindi che, se non abbiamo fiducia nelle nostre potenzialità (scarsa autoefficacia percepita), potremmo sentire la necessità di evitare determinati compiti e di non affrontarli, il che a sua volta può rafforzare la nostra sensazione di non poter fare nulla per cambiare la situazione (impotenza appresa) e il pensiero di avere scarso valore personale (bassa autostima). Ciò accade, ad esempio, anche nelle relazioni: l’autostima in amore  ha un peso importante nel rapporto di coppia e, a seconda dell’intensità, può provocare problemi tra i partner. 

Allo stesso modo, la valutazione dell’autoefficacia che deriva dal ritenere di avere le capacità per affrontare una determinata sfida, alimenta il desiderio di raggiungere i propri obiettivi, induce a cercare le risorse interne per metterle in campo e permette di esporsi maggiormente in direzione dei propri scopi. 

In questo modo, autoefficacia e motivazione creano uno stretto legame che potenzia la nostra “self-efficacy”, così da poterci far sentire maggiormente capaci di affrontare i problemi, le difficoltà, le performance e di conseguenza avere una migliore valutazione di noi stessi come persone di valore.  

Autostima e autoefficacia vengono spesso usati come sinonimi. In realtà secondo Bandura l’autoefficacia è una credenza che riguarda una capacità personale, mentre l’autostima è un giudizio di valore globale su se stessi. Posso sentirmi molto efficace nello svolgimento di un determinato compito, ad esempio guidare la macchina, senza che questo aumenti in maniera significativa la mia autostima. 

La scala dell’autoefficacia percepita

Come abbiamo detto, Bandura sviluppa il concetto di autoefficacia attraverso teoria e applicazioni nella vita di tutti i giorni. Ci sono diversi test per misurare l’autoefficacia: strumenti validati che permettono di calcolare il livello di efficacia percepita. 

Bisogna però precisare che non è possibile stabilire una percezione individuale di autoefficacia che sia valida una volta per tutte, perché stiamo parlando di una variabile contesto-dipendente. I principali test sono:

  1. La Scala dell’Autoefficacia Fisica (SAF) valuta la fiducia in se stessi in relazione a determinate peculiarità fisiche, come il tono muscolare o capacità atletiche. Per un approfondimento sulla motivazione e autoefficacia nello sport si rimanda a questo interessante articolo
  2. La Scala di Autoefficacia Percepita nella Gestione dei Problemi Complessi rileva la percezione di essere capaci nel fronteggiare situazioni di vita problematiche. Tra i vari aspetti, valuta la capacità di adattamento al contesto, di porsi obiettivi raggiungibili e le reazioni in momenti di stress. 
  3. Infine, la Scala di Autoefficacia Scolastica Percepita di Caprara è utilizzata per valutare le convinzioni dei ragazzi circa le proprie capacità nelle materie di studio e nell’autoregolazione dell’apprendimento. Si tratta di un test utile in ambito accademico per indagare la percezione di essere “studenti efficaci” e il loro metodo di studio a scuola. 
Allan Mas - Pexels

Esercizi sull’autoefficacia

Ci sono diversi esercizi che possiamo fare per aumentare la nostra autoefficacia. Un primo esercizio che possiamo eseguire è descrivere una situazione difficile che abbiamo dovuto affrontare nell’ultimo periodo della nostra vita. Dopodiché analizziamo qual era l’obiettivo che ci eravamo posti di raggiungere. A questo punto concentriamoci sulle azioni che ci hanno portato alla soluzione del problema. Seguire questi semplici punti ci permette di focalizzare l’attenzione sulla nostra capacità di emergere da una situazione spiacevole, mettendo in atto una sequenza di azioni che ci hanno portato ad avere controllo e gestione degli eventi.

Un altro importante esercizio per migliorare la propria autoefficacia è di annotare su un diario una sfida al giorno, segnando come ci sentiamo quando l’abbiamo superata. Non dimentichiamo di valorizzare i nostri punti di forza e cerchiamo, dall’altro lato, di colmare le nostre lacune. Ma soprattutto impariamo ad essere meno critici con noi stessi e concediamoci dei complimenti quando siamo soddisfatti di ciò che facciamo. 

Il supporto psicologico

Come abbiamo visto, il senso di autoefficacia può essere una spinta potente per raggiungere i propri obiettivi. Se non sentiamo di avere la giusta motivazione, tendiamo a fuggire da attività che ci sembrano troppo difficili e sentiamo di non avere autoefficacia nelle scelte di tutti i giorni, possiamo scegliere di rivolgerci a un terapeuta.

Compilando un semplice questionario potremo svolgere un primo colloquio conoscitivo gratuito con uno psicologo online di Unobravo, conoscere il terapeuta e iniziare un percorso verso il benessere mentale. Ancora qualche dubbio? Puoi leggere le opinioni su Unobravo e le recensioni sul nostro sito web o sulla nostra pagina Trustpilot per conoscere le opinioni dei nostri pazienti!


Questo è un contenuto divulgativo e non sostituisce la diagnosi di un professionista.
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