Alimentazione
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Bulimia nervosa: cos’è e come riconoscerla

Bulimia nervosa: cos’è e come riconoscerla
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Giovanna Galasso
Redazione
Psicoterapeuta Sistemico-Relazionale
Unobravo
Articolo revisionato dalla nostra redazione clinica
Pubblicato il
16.7.2024

La bulimia nervosa, insieme all’anoressia nervosa, fa parte dei Disturbi Alimentari Psicogeni (DAP). Si stima che nel 2013 la bulimia, a livello globale, abbia interessato quasi 6,5 milioni di persone. Circa l'1% delle giovani donne soffre di bulimia per un certo periodo di tempo e circa il 2-3% ha sperimentato questa condizione in un momento della propria vita. 

Alcuni dati statistici sulla bulimia in Italia, rilevati nel 2022 dall’Istituto Superiore di Sanità, mostrano come questo disturbo sia presente nel 17,9% dei pazienti in cura in strutture accreditate. Sempre sulla base di questa ricerca, si stima che la prevalenza della bulimia sia di circa il 3% e che ci sia un’incidenza di 9-12 casi ogni centomila individui. 

L’età media dell’insorgenza è 17 anni, con preponderanza del genere femminile. Infatti, secondo uno studio dell’APA (American Psychiatric Association) condiviso dall’ISS, la bulimia maschile è molto meno frequente di quella femminile, in un rapporto di circa 1 a 10.

Per sensibilizzare su disturbi come la bulimia, la cui incidenza è in aumento, ogni anno in Italia, il 15 marzo, ricorre la Giornata del Fiocchetto Lilla, nata per promuovere la prevenzione e l'informazione sui disturbi del comportamento alimentare.

In questo articolo scopriremo di più su che cos’è la bulimia nervosa, i sintomi con i quali solitamente si manifesta, le possibili cause e alcune soluzioni per affrontarla.

disturbo alimentare bulimia
I Yunmai - Unsplash

Che cos’è la bulimia?

La bulimia è stata scoperta nel 1979 dallo psichiatra britannico Gerald Russell, che ne ha descritto per la prima volta i sintomi. Troviamo però racconti di bulimia già nella storia antica, anche se con accezioni differenti rispetto a quella attuale.

Etimologicamente il termine bulimia deriva dal greco e significa “gran fame”, più letteralmente “fame da bue”. Nell’ambito medico, la bulimia nervosa è definita come la tendenza a ingerire importanti quantità di cibo e, successivamente, a mettere in atto comportamenti compensatori per eliminare ciò che si è assunto. 

Per quanto riguarda il significato psicologico della bulimia, spesso i comportamenti messi in atto sono la manifestazione di una serie di disturbi psichici. La persona che soffre di bulimia è eccessivamente attenta al proprio peso e alle proprie forme, arrivando a esercitare un controllo disregolato su questi aspetti e innescando dei veri e propri circoli viziosi.

Bulimia nervosa e DSM-5

Nel Manuale Diagnostico e Statistico dei disturbi mentali, la bulimia è inserita tra i Disturbi della nutrizione e dell’alimentazione. Il Manuale non solo descrive il disturbo, ma individua una serie di sintomi e comportamenti che devono essere presenti affinché le persone che ne soffrono possano ricevere una diagnosi psicologica accurata. 

I criteri diagnostici della bulimia nervosa definiti nel DSM-5 sono: 

  • abbuffate ricorrenti: durante le cosiddette abbuffate bulimiche, il cibo viene rapidamente ingerito in maniera incoerente ed eccessiva e si ha la sensazione di perdere il controllo durante il pasto. Solitamente, durante una crisi bulimica, la persona consuma grandi quantità di cibo in solitudine, senza trarre piacere dal gusto degli alimenti che sta ingerendo. L’immediata conseguenza dell’attacco bulimico può essere il senso di colpa per aver perso il controllo e la svalutazione di se stessi
  • condotte compensatorie ricorrenti, come il vomito autoindotto, l’assunzione di lassativi e diuretici, la pratica eccessiva di esercizio fisico
  • continua ed estrema preoccupazione per il peso e le forme corporee
  • senso di vergogna e disagio che accompagna soprattutto i momenti di abbuffata, spesso associati a solitudine, stress, sensazioni di vuoto o di noia
  • misurare i livelli di autostima in relazione alla forma fisica e al peso.

Quando l'eccessiva ingestione di cibo non viene seguita da condotte di compensazione si parla invece di binge eating disorder (BED) o dipendenza da cibo. Per quanto le concause che possono portare a sviluppare i diversi DCA abbiano una matrice comune, la principale differenza tra bulimia e binge eating disorder è appunto la mancanza, in quest’ultimo, di comportamenti volti a eliminare il cibo ingerito. Esiste una differenza specifica anche tra dipendenza da cibo e bulimia: nel primo caso, infatti, la persona tende a consumare in eccesso un alimento specifico, che è quello per il quale ha sviluppato la dipendenza. La persona che ha condotte bulimiche, invece, tende a consumare una serie di alimenti molto grassi e calorici, sia dolci che salati.

Un test sui DCA come l'EAT-26 può essere utile per acquisire maggiore consapevolezza del proprio stato di benessere e supportare il processo diagnostico. È consigliato inoltre effettuare dei test per avere una diagnosi di bulimia nervosa sotto la guida di un professionista psicologo.

Dalla bulimia si può uscire.

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Tipi di bulimia

Si può parlare di bulimia senza condotte di eliminazione? In base alla definizione del DSM-5, i comportamenti di compensazione sono tra i principali criteri diagnostici. Tuttavia, a seconda della tipologia di comportamento messo in atto, si possono distinguere due diverse tipologie di bulimia:

  • bulimia purgativa, caratterizzata da un’eliminazione rapida delle calorie ingerite attraverso vomito autoindotto, assunzione di lassativi o diuretici
  • bulimia non purgativa, quando l’eliminazione delle calorie ingerite avviene in maniera indiretta, per esempio attraverso l’eccessivo esercizio fisico o periodi di digiuno. La bulimia senza vomito può essere considerata come non purgativa.

Si parla, più in generale, di bulimia atipica, quando uno o più comportamenti bulimici non sono presenti, ma il quadro clinico generale è riconducibile al disturbo: un esempio può essere la bulimia senza abbuffate.

I sintomi della bulimia

Capire dall’esterno se una persona soffre di bulimia può essere difficile, perché chi ha condotte bulimiche riesce a nascondere molto bene i sintomi allo sguardo altrui. Per esempio, i sintomi fisici della bulimia sono complessi da individuare perché la persona è solitamente normopeso o sovrappeso a causa delle condotte compensatorie.

Sono però presenti una serie di sintomi che attengono alla sfera emotiva e comportamentale che possono aiutare a capire se si soffre di bulimia:

  • isolamento ed evitamento di situazioni nelle quali mangiare con altre persone
  • sentimenti negativi verso se stessi, come vergogna e disgusto
  • acquisto regolare di alimenti dallo scarso valore nutritivo da consumare durante le abbuffate
  • eccessiva attenzione al peso e paura di ingrassare
  • comportamenti restrittivi, per esempio seguire regimi alimentari molto rigidi, saltare i pasti o ridurne la frequenza
  • attacchi di fame bulimica come conseguenza delle restrizioni autoimposte, che possono manifestarsi in lassi di tempo brevi (da pochi minuti a qualche ora)
  • durante le abbuffate, sensazione di aver perso il controllo e di non riuscire a fermarsi 
  • messa in atto di metodi di compensazione, dal digiuno all’assunzione di farmaci per dimagrire, fino all’eccesso di attività fisica
bulimia cause e conseguenze
Alexei Maridashvili - Unsplash

Le cause della bulimia

Perché si diventa bulimici?” Questa domanda può riecheggiare tra i dubbi di chi soffre di bulimia e delle persone che gli sono vicine. Non è un solo fattore a determinare l'affiorare di questa psicopatologia. La bulimia ha cause psicologiche diverse, che possono essere legate al vissuto e alle relazioni della persona. Anche la presenza di altre condizioni di disagio psicologico può contribuire alla sua insorgenza.

Tra i fattori di rischio della bulimia nervosa e le comorbidità rilevate più spesso nei pazienti, troviamo:

È possibile collegare la bulimia anche a cause familiari, ci sono correlazioni con difficoltà nel rapporto madre-figlia o la relazione con il padre. Le cause dei DCA non sono state ancora del tutto comprese, ma la relazione con i genitori può influire sulle dinamiche emotive e relazionali sottese al disturbo, in quanto ha un impatto sull’autostima dei figli e sul modo in cui questi ultimi percepiscono se stessi. Inoltre, la presenza in famiglia di persone che soffrono o hanno sofferto di anoressia e bulimia, o altri disturbi alimentari, può creare un clima in cui si respira ricerca di perfezionismo e livelli bassi di autostima.

Possono esserci fattori di rischio anche nei periodi della gravidanza, del post parto e dell’allattamento. Si tratta di momenti della vita in cui una donna deve affrontare grandi cambiamenti fisici sia in termini di peso che di forme e, nei soggetti femminili che hanno già sofferto di DCA o sono predisposti al disturbo, queste alterazioni fisiche potrebbero tradursi in ulteriore elemento scatenante.

Conseguenze della bulimia

La bulimia, se non trattata, può avere conseguenze a lungo termine e comportare diversi rischi per la salute.

Tra gli effetti della bulimia sul corpo causati dal vomito autoindotto, troviamo:

  • dolore alla gola e lesioni nel cavo orofaringeo
  • problemi alle corde vocali
  • viso gonfio e ghiandole ingrossate
  • danni ai denti e alle gengive, infatti il dentista può accorgersi della bulimia del paziente
  • segni sulle mani (segni di Russell), come lesioni o calli.

La bulimia, oltre a provocare conseguenze fisiche visibili, può portare a danni più gravi come:

  • amenorrea, cioè assenza di ciclo mestruale
  • problemi cardiaci a causa di scompensi elettrolitici
  • dolori allo stomaco e problemi gastrici, come l’esofagite da reflusso 
  • problemi digestivi, come gonfiore addominale, stitichezza, diarrea dovuta all’abuso di lassativi
  • insufficienza renale.

Bulimia e peso

Contrariamente alla persona con anoressia, quella che soffre di bulimia ha spesso un peso normale o è sovrappeso

L’idea che le persone che hanno condotte bulimiche siano magre può denotare una scarsa conoscenza del disturbo: infatti, è più probabile che nell’arco della vita la persona che soffre di bulimia vada incontro a variazioni di peso a seconda della fase del disturbo in cui si trova. Per esempio, nelle fasi di digiuno, la bulimia può provocare una perdita di peso anche repentina.

psicologia online bulimia
Surface - Unsplash

Bulimia: come uscirne

Nei casi più gravi, quando le conseguenze della bulimia rischiano di mettere a repentaglio la salute della persona, può essere necessario il ricovero in ospedale o in strutture specializzate. 

Guarire dalla bulimia è possibile, ma è necessario ricevere una diagnosi e intervenire in maniera tempestiva: uno studio dell’APA ha rilevato che circa il 50% dei pazienti trattati, nel lungo periodo, non ha più avuto ricadute.  

La terapia per la bulimia prevede solitamente un approccio multidisciplinare e l’intervento di vari professionisti: psicologi del comportamento alimentare, nutrizionisti e, se necessario, psichiatri e medici.

La psicoterapia cognitivo-comportamentale potenziata (CBT-E) è la più consigliata per provare a uscire dalla bulimia: sulla base di uno studio che ha analizzato l’efficacia di vari approcci (Poulsen et al., 2014), il 42% pazienti che hanno seguito la CBT-E non ha più avuto crisi bulimiche dopo cinque mesi dall’inizio del trattamento. 

La CBT prevede anche di compilare giornalmente un diario alimentare per tenere traccia di ciò che si è mangiato ed entrare in contatto con le proprie emozioni.

Oltre alla terapia cognitivo-comportamentale, si sono rivelate utili per trattare la bulimia anche la terapia di gruppo e quella familiare.

Alla psicoterapia è consigliato affiancare, sotto stretto controllo medico, anche una terapia farmacologica con farmaci particolarmente indicati per la bulimia, in grado di intervenire sui livelli di serotonina nell’organismo.

Ultimo, ma non meno importante, è il supporto di un nutrizionista esperto in DCA che possa aiutare la persona a modificare le proprie abitudini alimentari, assumere un sano atteggiamento nei confronti del cibo e capire, per esempio, cosa fare dopo un’abbuffata bulimica.

I disturbi del comportamento alimentare e la terapia familiare

I disturbi alimentari hanno un impatto profondo anche sulle persone che vivono con chi ne soffre, come per esempio i familiari, nei quali sono inevitabili sentimenti contrastanti, di tensione e frustrazione.

Lo psichiatra Gerald Russel mise a confronto due tipi di terapia: quella individuale e quella familiare. Russel ha visto che la terapia familiare riduceva il tasso di ricaduta nei pazienti che soffrivano di bulimia nervosa da meno di tre anni e che avevano un’età inferiore a 18 anni.

Oggi sappiamo che la famiglia, da sola, non può causare il disturbo alimentare. Alcune modalità delle interazioni familiari, però, possono influenzarne l’andamento e quindi avere un ruolo nel mantenere o aggravare il disturbo o, al contrario, favorirne il miglioramento. In particolare, sembrano avere un impatto negativo sul trattamento:

  • i commenti critici
  • l’ostilità
  • le famiglie con confini labili che non promuovono l’autonomia al loro interno.

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Come aiutare una persona bulimica

Se pensi che una persona a te vicina soffra di bulimia, che si tratti di un familiare o di un amico, puoi provare a offrirle il tuo supporto. 

Visto che la persona bulimica prova spesso vergogna, è consigliabile innanzitutto parlare con lei in privato e provare a indirizzarla verso personale esperto. Non sempre guarire dalla bulimia da soli è possibile: rivolgersi a degli specialisti, anche chiedendo un aiuto psicologico online, può contribuire a migliorare il suo benessere.

Nel caso di un figlio che soffre di bulimia è importante per il genitore non colpevolizzarsi e non sentirsi responsabile delle crisi bulimiche dei propri figli, per evitare di alimentare il circolo vizioso.

Consigli utili per rapportarsi a chi soffre di bulimia nervosa

Come comportarsi con una persona che sta lottando con la bulimia? Possiamo seguire qualche consiglio:

  • incoraggiare a chiedere un aiuto professionale. La persona che ha condotte bulimiche, nella maggior parte dei casi, può presentare difficoltà nel voler iniziare un percorso di cura, perché alcuni pazienti non identificano il DCA come un vero e proprio problema e sono restii a un possibile cambiamento
  • evitare commenti critici negativi: bisogna tenere bene in mente che alcuni comportamenti, come le abbuffate o l’intenso esercizio fisico, sono forma del disturbo stesso e non dipendono da scelte meramente personali o da “capricci”
  • condividere testimonianze di persone che soffrono o hanno sofferto di bulimia, può aiutare la persona a sentirsi meno sola e a provare meno vergogna
  • focalizzarsi sugli aspetti positivi della persona come per esempio le relazioni sociali e le sue risorse, senza fare commenti sul peso e sulla forma del corpo
  • evitare giudizi, minacce, reazioni ostili e aggressività.

Alcuni comportamenti della famiglia sono spesso dovuti ad un’interpretazione sbagliata dei sintomi di bulimia, incorrendo nei rischi di intensificare le emozioni di colpa e vergogna nel familiare che sta vivendo questo disagio e di  intensificare i comportamenti disfunzionali. 

In questo senso emozioni e cibo sono strettamente legate nella bulimia nervosa, come in tutti i disturbi alimentari. Può essere importante quindi, capire prima di tutto come essere presente emotivamente per la persona che si trova in un momento così delicato della sua vita.


Questo è un contenuto divulgativo e non sostituisce la diagnosi di un professionista.

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