L’inizio del percorso universitario rappresenta una fase di grande trasformazione nella vita di uno studente. È un momento entusiasmante, ricco di opportunità per crescere, sperimentare e costruire un futuro personale e professionale. Tuttavia, per chi sceglie di studiare lontano da casa, questa transizione può portare con sé anche sfide emotive e psicologiche.
Trasferirsi in una nuova città significa lasciare il nucleo familiare e confrontarsi con un contesto sconosciuto, spesso fatto di ritmi e regole completamente nuovi. La condivisione di spazi con i coinquilini, l’adattamento a nuove abitudini e l’assunzione di responsabilità quotidiane sono solo alcune delle esperienze che possono mettere alla prova l’equilibrio emotivo degli studenti.
Separarsi dalla famiglia: un cambiamento significativo
L'inizio del percorso universitario rappresenta una fase di trasformazione significativa nella vita di molti giovani. In Italia, secondo i dati riportati dall’Osservatorio Talents Venture nel 2019, circa il 27,4% degli studenti universitari ha scelto di studiare in una regione diversa da quella di residenza, con una percentuale che sale al 36% tra gli iscritti ai corsi di laurea magistrale.
Se da un lato questa esperienza offre opportunità di crescita personale e indipendenza, dall'altro può presentare sfide che richiedono di riprogettare e ridiscutere approcci e convinzioni.
La letteratura scientifica evidenzia un dato tanto ovvio quanto cruciale: l’allontanamento da casa per motivi di studio è spesso associato all’insorgenza di sentimenti di tristezza e nostalgia (Nghiem et al. 2021). Questi stati emotivi, benché comuni, possono intensificarsi in presenza di difficoltà di adattamento al nuovo ambiente, andando a influenzare negativamente il benessere psicologico dello studente.
Tuttavia, le implicazioni di questo passaggio non si limitano agli studenti. Allargando lo sguardo, emerge chiaramente come anche i genitori siano chiamati ad affrontare cambiamenti importanti, che coinvolgono risorse emotive, psicologiche e finanziarie.
La separazione dei figli dai genitori, infatti, può essere vissuta con preoccupazione, senso di vuoto o ansia per il futuro, trasformando questa fase di vita in un momento di profondo cambiamento per l’intero nucleo familiare.
Osservare il fenomeno nella sua complessità ci permette di comprendere quanto questa transizione rappresenti un’esperienza condivisa, dove ognuno è coinvolto in un delicato processo di crescita e adattamento.
Studenti fuorisede: la pressione di un'esperienza irripetibile
Per molti studenti, il periodo universitario è più di una semplice fase formativa. È percepito come un’opportunità unica, quasi irripetibile, per costruire il proprio futuro. Questo carico di aspettative, tuttavia, può trasformarsi in una pressione psicologica significativa.
In parallelo, l’aspettativa di vivere una "vita universitaria perfetta", ricca di nuove amicizie, esperienze entusiasmanti e successi accademici, può diventare un fattore di stress. La narrazione comune attorno agli anni universitari, spesso idealizzata dai media o dai racconti di chi li ha già vissuti, crea una pressione implicita a essere sempre “all’altezza” di un’esperienza memorabile.
Questa percezione rischia di accentuare sentimenti di inadeguatezza e isolamento, soprattutto nei momenti di difficoltà.
La neo-indipendenza comporta, infatti, numerose sfide. Uno degli aspetti più impegnativi per i fuorisede è affrontare la distanza da casa e l’assenza del supporto familiare immediato. La mobilità degli studenti in Italia ha visto una crescita negli ultimi anni, soprattutto dai giovani provenienti dal sud verso le università del centro e del nord (De Angelis et al., 2017).
Ad amplificare la sensazione di vulnerabilità ci sono le sfide legate alla gestione della quotidianità. Preparare i pasti, fare la spesa e mantenere uno stile di vita equilibrato diventano responsabilità esclusive dello studente. Tuttavia, molti fuorisede adottano abitudini alimentari poco salutari, preferendo cibi pronti, surgelati e bevande alcoliche rispetto a una dieta equilibrata (Bagordo et al., 2013).
Questo cambiamento può influenzare negativamente la salute fisica e, di conseguenza, anche quella psicologica, alimentando un ciclo di stress e malessere.
Un ulteriore peso si aggiunge con la pressione sociale e accademica. Molti studenti si trovano a fronteggiare comportamenti a rischio, come l’abuso di alcol o il consumo di sostanze stupefacenti. Infatti, nonostante il livello di istruzione, una percentuale significativa di universitari italiani indulge in queste pratiche (Poscia et al., 2015). Per i fuorisede, la combinazione di nuove responsabilità e un ambiente sociale sconosciuto può rappresentare un terreno fertile per sviluppare abitudini nocive.
Oltre a queste difficoltà quotidiane, le sfide psicologiche rappresentano un aspetto cruciale dell’esperienza universitaria dei fuorisede. Molti studenti soffrono di ansia, depressione e stress generale (Caldarelli et al., 2024). Per chi vive lontano dalla propria rete di supporto, queste problematiche possono risultare ancora più difficili da affrontare, creando una sensazione di solitudine che si somma alla pressione accademica.
Nonostante queste difficoltà, è importante riconoscere che il percorso da fuorisede, sebbene complesso, può trasformarsi in un’esperienza di crescita e resilienza. Con il giusto supporto, sia da parte delle famiglie che delle università, gli studenti possono imparare a gestire le proprie emozioni e responsabilità, trasformando ogni sfida in un’opportunità di apprendimento. L’obiettivo, quindi, è creare un ambiente che li aiuti a sentirsi accolti e sostenuti, per far sì che possano affrontare con serenità il cammino verso il futuro.

Strategie di gestione: approcci pratici per lo sviluppo della resilienza
Affrontare le sfide legate alla vita universitaria, in particolare per i fuorisede, richiede non solo un adattamento pratico, ma anche un impegno psicologico significativo. Per molti studenti, lo sviluppo di strategie efficaci per gestire il cambiamento e le difficoltà rappresenta la chiave per mantenere un equilibrio e migliorare il proprio benessere generale.
Uno studio longitudinale condotto nel Regno Unito (Alharbi & Smith, 2019) ha analizzato il benessere degli studenti internazionali durante il loro primo anno di università. La ricerca ha evidenziato che i momenti più difficili sono spesso legati alla fase di pre-arrivo e ai primi mesi in una nuova realtà, periodi caratterizzati da alti livelli di stress e difficoltà di adattamento.
Tra le strategie più efficaci emerse dallo studio vi sono il supporto sociale da parte di amici e familiari, l’attività fisica regolare e l'implementazione di tecniche di gestione del tempo. Questi approcci non solo aiutano a ridurre lo stress, ma favoriscono anche una maggiore sensazione di controllo e stabilità emotiva.
Anche in Italia, le difficoltà legate alla vita universitaria si intrecciano con aspetti finanziari e culturali. Una ricerca (Aina, 2013) sottolinea come le condizioni economiche e il background culturale della famiglia influenzano significativamente il successo o l'abbandono degli studi universitari. Le famiglie con risorse limitate spesso faticano a sostenere i costi della vita da fuorisede, e ciò può pesare emotivamente sia sugli studenti che sui loro genitori.
Per gli studenti, sapere di gravare finanziariamente sulla propria famiglia può aumentare il senso di pressione e la necessità di eccellere, portando talvolta a situazioni di ansia o burnout.
In risposta a queste difficoltà, le università possono giocare un ruolo fondamentale nel promuovere strategie di resilienza. Alcune misure efficaci per aiutare gli studenti a sentirsi supportati e a sviluppare strumenti utili per affrontare le sfide quotidiane potrebbero essere:
- creare ambienti accoglienti
- offrire programmi di orientamento ben strutturati
- fornire accesso a consulenze psicologiche.
Anche i genitori possono contribuire al successo dei propri figli adottando un atteggiamento di sostegno e comprensione, piuttosto che di controllo. Aiutare gli studenti a sviluppare un’autonomia responsabile, per esempio insegnando loro come gestire un budget o pianificare i pasti, può fare una grande differenza nel loro processo di adattamento.
Infine, è essenziale ricordare che la resilienza non è un tratto innato, ma una competenza che si costruisce nel tempo. Affrontare sfide complesse può diventare un’opportunità per crescere e sviluppare una maggiore consapevolezza di sé.
Gli studenti fuorisede, attraverso il confronto con nuove esperienze e responsabilità, possono trasformare le difficoltà in preziose lezioni di vita, acquisendo strumenti che li accompagneranno ben oltre gli anni universitari.

L'impatto psicologico sui genitori: la sindrome del nido vuoto
Il trasferimento degli studenti per motivi universitari segna un cambiamento significativo non solo per i giovani, ma anche per i loro genitori. Questo evento, spesso considerato una tappa naturale nel percorso verso l’indipendenza, può però rappresentare una sfida psicologica per le famiglie, dando origine alla cosiddetta sindrome del nido vuoto. Questa condizione, caratterizzata da sentimenti di vuoto, ansia e depressione, colpisce soprattutto i genitori che vedono ridursi il loro ruolo attivo nella vita quotidiana dei figli.
Le ricerche hanno evidenziato che il legame emotivo e il senso di responsabilità verso i figli possono intensificare queste emozioni. I genitori cercano spesso un equilibrio tra il desiderio di supportare i figli e la necessità di incoraggiarne l’autonomia. Tuttavia, l’ansia per la loro assenza e le preoccupazioni per la loro capacità di affrontare le sfide lontano da casa possono amplificare il senso di perdita.
Questa dinamica, inoltre, può avere un impatto maggiore su quei genitori che hanno investito gran parte della loro identità personale nel ruolo genitoriale (Lewis et al., 2015).
La sindrome del nido vuoto non è un fenomeno universale, ma varia in base a fattori culturali e personali. Per esempio, in famiglie italiane tradizionali, dove i legami familiari sono particolarmente stretti, il trasferimento di un figlio può avere un impatto più profondo rispetto a contesti dove l'indipendenza viene promossa fin dall'infanzia.
Adattamento e nuovi ruoli per i genitori
Affrontare la sindrome del nido vuoto richiede ai genitori di riconfigurare il proprio ruolo e di investire in nuove attività che diano significato alla loro quotidianità. Uno dei passi fondamentali è separare l’identità personale dal ruolo genitoriale, sviluppando interessi e obiettivi individuali (Sorcinelli & Near, 1989). Questo processo non solo aiuta a colmare il vuoto lasciato dai figli, ma promuove anche una maggiore resilienza emotiva.
Un primo passo pratico per i genitori è costruire una routine che includa attività gratificanti, come il volontariato, lo sviluppo di hobby o l’apprendimento di nuove competenze. Anche stabilire nuove connessioni sociali e investire in relazioni personali può alleviare la solitudine e ridurre lo stress (Alharbi & Smith, 2019).
Inoltre, i genitori possono utilizzare questo periodo per ridefinire la relazione con i figli. Il mantenimento di un legame di supporto, senza interferenze eccessive, contribuisce a favorire la transizione all'indipendenza sia per i genitori che per i figli (Lewis et al., 2015). Comunicazioni regolari, ma rispettose dei confini, possono rafforzare la relazione e ridurre l'ansia reciproca.
Infine, affrontare il nido vuoto può essere un’opportunità per le coppie genitoriali di riscoprire il proprio rapporto. Investire tempo nella relazione, pianificando attività comuni o viaggi, può trasformare questa fase in un momento di crescita e consolidamento della loro unione. Il processo di adattamento richiede tempo, ma può rappresentare una fase di rinascita personale e relazionale, preparando i genitori a vivere con pienezza questa nuova fase della vita.
L’inizio di un viaggio
L’ingresso nell’università segna l’inizio di un viaggio intenso e trasformativo, fatto di scoperte e adattamenti per studenti e genitori. Non si tratta solo di spostarsi in una nuova città o affrontare nuove responsabilità, ma di rinegoziare equilibri emotivi e relazionali, in cui ciascuno trova un nuovo spazio e un nuovo ruolo.
Per i giovani, il distacco dalla famiglia rappresenta una sfida di autonomia e resilienza, con la necessità di gestire solitudine, pressione accademica e nuove dinamiche sociali. Dall’altra parte, i genitori vivono la delicatezza di un cambiamento che può evocare sentimenti di vuoto e disorientamento, ma che offre anche l’occasione di riscoprire sè stessi e ridefinire le proprie priorità.
In questo contesto, il sostegno reciproco e il dialogo aperto diventano strumenti fondamentali. Un rapporto familiare che sappia bilanciare autonomia e presenza favorisce il benessere emotivo di entrambe le parti.
Diventa quindi fondamentale la consapevolezza che chiedere supporto non è un segno di debolezza, ma di forza.
Ciò che conta davvero è affrontare questo viaggio con apertura e fiducia, abbracciando ogni sfida come un’opportunità di crescita, per costruire una relazione più forte tra genitori e figli e prepararsi insieme a un futuro ricco di possibilità.