La violenza psicologica nella coppia

La violenza psicologica nella coppia
Giada Foradini
Redazione
Psicoterapeuta ad orientamento Psicoanalitico
Unobravo
Articolo revisionato dalla nostra redazione clinica
Pubblicato il
23.9.2025
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Parlare di violenza psicologica significa entrare in un territorio delicato e spesso sommerso. A differenza di quella fisica, non lascia lividi visibili, ma ferite emotive altrettanto profonde. Si tratta di una forma di violenza domestica che può insinuarsi in qualsiasi relazione, manifestandosi attraverso un insieme di comportamenti e atteggiamenti che mirano a controllare, sminuire e isolare l'altro. Sebbene questo articolo si concentri in particolare sull'esperienza femminile all'interno della coppia, è importante ricordare che la violenza psicologica non ha genere. In queste righe, cercheremo di capire insieme cos'è la violenza psicologica, come riconoscerne i segnali e quali passi si possono compiere per chiedere aiuto e ritrovare il proprio benessere.

Cos'è la violenza psicologica?

Quando si parla di violenza domestica, l'attenzione spesso si concentra sugli abusi fisici, quelli evidenti e innegabili. Tuttavia, esiste un iceberg sommerso, molto più vasto e insidioso: quello degli attacchi psicologici. A livello sociale e talvolta anche giuridico, a questa forma di abuso non viene ancora data la giusta importanza, lasciando le vittime in un limbo di sofferenza non riconosciuta.

La violenza psicologica si manifesta come una forma di violenza emotiva e verbale che non lascia segni sul corpo, ma cicatrici nell'anima. È fatta di parole, silenzi, sguardi e comportamenti che, giorno dopo giorno, erodono l'autostima. Proprio perché è così sottile, può essere difficile da identificare. Un esempio noto di questa dinamica è il gaslighting, una manipolazione mentale talmente grave da essere riconosciuta in Italia come reato, che rientra a pieno titolo tra le forme di violenza psicologica.

Le conseguenze della violenza psicologica possono essere devastanti. Chi la subisce può manifestare un profondo malessere che si esprime attraverso sintomi diversi: dai disturbi psicosomatici, in cui il corpo esprime un dolore che la mente fatica a elaborare, fino a stati d'ansia e attacchi di panico. Nei casi più severi, l'esposizione prolungata all'abuso può portare allo sviluppo di un vero e proprio disturbo da stress post-traumatico.

In quali relazioni si sviluppa la violenza psicologica?

Secondo la psichiatra e psicoanalista Sandra Filippini, che ha una vasta esperienza di lavoro nei Centri Anti Violenza, i maltrattamenti psicologici possono svilupparsi soprattutto in relazioni tossiche, connotate da un forte aspetto di distorsione della realtà da parte dell’aggressore.

All'inizio di una relazione, può essere molto difficile riconoscere questi segnali. L'abuso psicologico si insinua lentamente, in modo subdolo, spesso mascherato da gesti di affetto o di preoccupazione. Per questo, per lungo tempo, la persona che lo subisce potrebbe non avere una chiara percezione di ciò che sta accadendo, sentendosi paconfusa, disorientata e, in alcuni casi, anche in colpa.

Questa sensazione di smarrimento diventa più chiara se si osserva da vicino il meccanismo del gaslighting, una delle più note forme di violenza psicologica. Si tratta di un comportamento manipolatorio che porta la vittima a dubitare costantemente di sé stessa, delle sue percezioni e dei suoi ricordi. L'obiettivo è farle mettere in discussione:

  • sé stessa
  • i propri
  • le proprie idee e percezioni

generando confusione e, nei casi più estremi, la sensazione di stare impazzendo.

Anete Lusina - Pexels

Quali sono le caratteristiche di chi agisce violenza psicologica?

Sebbene non esista un profilo unico, i comportamenti di chi agisce un abuso psicologico sul partner possono talvolta essere ricondotti a specifici tratti di personalità. In alcuni casi, questi tratti possono associarsi a un disturbo di personalità, come quello narcisistico. Come descritto dallo psichiatra e psicoanalista Vittorio Lingiardi nel suo libro Arcipelago N. Variazioni sul narcisismo, esistono molteplici sfumature di questo funzionamento.

Secondo il Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM-5), il disturbo narcisistico di personalità è caratterizzato da:

  • grandiosità
  • bisogno di ammirazione
  • ridotta capacità empatica

Per una persona con queste caratteristiche, gli altri possono essere percepiti non come individui con bisogni e sentimenti propri, ma come oggetti da usare per confermare la propria grandiosità e sostenere un'autostima fragile. In amore, chi ha un funzionamento di questo tipo può apparire incapace di amare e di costruire una relazione basata sulla reciprocità, finendo per adottare modalità relazionali manipolatorie.

In quest’ottica, diventa più facile comprendere come chiunque possa rimanere affascinato da partner apparentemente brillanti e carismatici, finendo per trovarsi in quelle che vengono definite relazioni tossiche, in cui la violenza psicologica può diventare la norma.

Come riconoscere i segnali della violenza psicologica?

Spesso si tende a pensare che, se non ci sono lividi o aggressioni fisiche, non si tratti di vera violenza di coppia. Questa convinzione è pericolosa, perché può impedire di vedere la realtà. Imparare a riconoscere i segnali della violenza psicologica è il primo, fondamentale passo per prendere consapevolezza e trovare la forza di chiedere aiuto.

Marie-France Hirigoyen, psichiatra e psicoanalista esperta in vittimologia, nel suo libro Sottomesse. La violenza sulle donne nella coppia, ha descritto molto chiaramente i diversi atteggiamenti violenti o svalutanti messi in atto dall’aggressore nei confronti della propria compagna: vediamoli meglio.

Il controllo

Il controllo è una delle forme di violenza psicologica più pervasive. Non si tratta di semplice premura, ma del tentativo di dominare ogni aspetto della vita del partner: cosa indossa, chi frequenta, come spende i soldi. In alcuni casi, si può arrivare a controllare le ore di sonno, l'orario dei pasti e persino i pensieri. Spesso, questo controllo si estende anche alle ambizioni personali, impedendo alla persona di fare carriera o di proseguire gli studi, limitandone così l'autonomia.

Liza Summer - Pexels

L’isolamento

L'isolamento è una strategia subdola che mira a rendere il partner l'unico punto di riferimento. Con scuse apparentemente innocue, chi abusa può allontanare progressivamente la vittima dalla sua rete di supporto: la famiglia, gli amici, i colleghi. L'obiettivo è negarle il diritto di avere una vita sociale autonoma, rendendola sempre più dipendente e vulnerabile. A poco a poco, il mondo si restringe fino a coincidere unicamente con la relazione di coppia.

La gelosia patologica

La gelosia, quando diventa patologica, si trasforma in un potente strumento di abuso. Non ha nulla a che vedere con l'amore, ma è una manifestazione di possessività e profonda insicurezza. Chi la agisce, spesso a causa di una bassa autostima, non si basa su elementi reali ma su sospetti infondati. Questo si traduce in una serie di comportamenti oppressivi, come:

  • pretendere dal partner una presenza continua ed esclusiva
  • nutrire sospetti costanti nei suoi confronti
  • rimproverarlo o attribuirgli false intenzioni
  • cercare prove per giustificare la propria gelosia ed estorcere confessioni

La gelosia patologica può riguardare anche eventi del passato sentimentale del partner vittima di questi comportamenti, su cui non si può avere nessun controllo. In ambito clinico, questa condizione è stata talvolta definita “paranoia coniugale”.

Umiliazioni e critiche avvilenti

L'umiliazione e la critica costante sono forme di violenza verbale che mirano a distruggere l'identità della persona. Chi subisce questi attacchi viene trattato come una valvola di sfogo, un bersaglio su cui riversare rabbia e frustrazione. Attraverso insulti, svilimenti e una denigrazione sistematica, si nega il suo valore come individuo, portando la persona a convincersi

di non essere degna di amore e rispetto.

A volte, queste umiliazioni possono avere un contenuto sessuale, amplificando il senso di vergogna e rendendo ancora più difficile per chi le subisce parlarne e chiedere aiuto. A questi attacchi diretti si aggiungono spesso comportamenti più sottili ma altrettanto dannosi, come:

  • atteggiamenti sarcastici
  • parole offensive
  • discorsi sprezzanti
  • osservazioni sgradevoli

sempre con lo scopo di annientare l’autostima e la dignità della persona.

Anete Lusina - Pexels

Intimidazioni e minacce

L'intimidazione non sempre passa attraverso le parole. Gesti come sbattere una porta, rompere un oggetto, guidare in modo spericolato o molestare un animale domestico sono atti volti a dimostrare forza e a incutere terrore. Sono messaggi non verbali che comunicano pericolo. A queste intimidazioni, chi agisce l'abuso può aggiungere minacce esplicite per mantenere il controllo, come ad esempio minacciare di:

  • togliere l’accesso ai figli (che spesso sono vittime secondarie di violenza assistita)
  • usare violenza fisica
  • impedire l’accesso alle risorse economiche
  • fare del male alle persone care
  • mettere in atto gesti autolesivi o suicidari

Quest’ultimo ricatto è estremamente grave, poiché può far sorgere in chi subisce la violenza profondi sentimenti di colpa, difficili da arginare.

L’indifferenza alle richieste affettive

Quando una persona viene trattata come un oggetto, i suoi bisogni e sentimenti vengono sistematicamente ignorati. Questa forma di violenza emotiva si manifesta con una profonda indifferenza verso lo stato fisico e psicologico del partner. Chi agisce l'abuso può mostrarsi incurante e pretendere, ad esempio:

  • di avere un rapporto intimo dopo una discussione violenta
  • che l’altro si occupi delle faccende domestiche anche quando non sta bene
  • di non accompagnarlo in ospedale, pur in presenza di una necessità.

Travisare il linguaggio

Una tattica manipolatoria comune consiste nel travisare la comunicazione. Ad esempio, durante una discussione, chi abusa può mantenere un tono di voce calmo e neutrale per provocare una reazione esasperata nel partner, accusandolo poi di essere “isterico/a” o “esagerato/a”. I messaggi possono essere volutamente vaghi e ambigui, lasciando l'altro in uno stato di perenne confusione, portandolo a chiedersi di continuo se abbia sbagliato qualcosa e a provare un senso di colpa verso il partner.

Anete Lusina - Pexels

A chi chiedere aiuto?

Se ti riconosci in alcune delle situazioni descritte, ricorda che non sei sola/solo e che chiedere aiuto è un atto di coraggio. In tutta Italia esistono i Centri Antiviolenza, luoghi sicuri nati per offrire ascolto, supporto e aiuto concreto. Inoltre, il Dipartimento per le Pari Opportunità ha istituito il numero gratuito antiviolenza e stalking 1522, attivo 24 ore su 24.

Accanto a queste risorse, un percorso psicologico può essere fondamentale per elaborare il vissuto, ricostruire l'autostima e riscoprire le proprie risorse. Se senti il bisogno di uno spazio solo per te, puoi rivolgerti a una psicologa o a uno psicologo online che tratta tematiche legate alla violenza. In Unobravo, potrai trovare un professionista pronto ad ascoltarti in un ambiente sicuro, empatico e non giudicante.

Bibliografia
Questo è un contenuto divulgativo e non sostituisce la diagnosi di un professionista. Articolo revisionato dalla nostra redazione clinica

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